La lezione del covid? Tagliare i fondi alla sanità.

 di Federico Giusti  

Nel 2020 la spesa sanitaria pubblica italiana pro capite è stata pari a 2.630 euro. Lo scrive la Corte dei Conti in un’ampia documentazione reperibile anche in rete.

Ora, se guardiamo alle statistiche, si capisce come l’Italia non abbia tratto alcun insegnamento dalla pandemia e continui invece a tagliare i fondi destinati alla sanità. Lo farà nel prossimo triennio annullando ogni investimento negli anni tra il 2020 e il 2021.

Se raffrontiamo le risorse destinate dal nostro governo alla sanità con quelle di altri paesi europei, emerge che esse sono veramente esigue. È corretto attribuire le responsabilità di questa scelta non solo all’attuale esecutivo, ma anche a quelli precedenti.

In Germania, per ogni cittadino, si spende quasi il doppio di quanto spenda l’Italia, ma anche Francia, Gran Bretagna e i paesi del Nord Europa ci superano abbondantemente.

Negli ultimi vent’anni le risorse destinate alla Pubblica Amministrazione (PA) in Italia sono state assai inferiori a quelle investite da altri paesi europei, i quali evidentemente tengono di conto che i servizi pubblici rappresentano non un fattore di costo, ma un vero e proprio investimento. Invece, è soprattutto la sanità la vittima sacrificale delle politiche di austerità e del contenimento della spesa pubblica.

La PA ha subito nove anni di blocco delle assunzioni con la perdita di circa 500mila posti di lavoro. I salari pubblici sono stati falcidiati dall’erosione del potere di acquisto il che ci ha trasformato nella Cenerentola dei paesi UE con la forza-lavoro pubblica meno pagata e più anziana.

Solo tra il 2008 e il 2019 la spesa sanitaria nei paesi UE è cresciuta del 34,5% in Francia, del 40,1% nel Regno Unito, dell’81,4% in Germania, mentre in Italia si attesa a un misero più 15,4%. Si è risparmiato sulle spese correnti, sugli appalti, sulle assunzioni, sulla ricerca, non c’è capitolo del bilancio sanitario che non sia stato investito da riduzioni di spesa e disinvestinenti veri e propri.

Hanno giocato un ruolo negativo anche i numeri chiusi nelle facoltà per l’accesso alle discipline sanitarie tanto che oggi siamo costretti a importare dall’estero personale mentre si continua ad assumere negli ospedali gli interinali o si affidano interi servizi a cooperative.

Quando poi si parla di aumento delle spese si omettono i rinnovi dei contratti nazionali che comportano un aggravio dei costi, peraltro prevedibile. Basterebbe ricordare che i contratti vengono siglati con anni di ritardo e a tempo già scaduto e, per quanto accrescano la spesa pubblica, aggiungono ben poco potere di acquisto a salari da anni in caduta libera.

A pagare i costi di questi poderosi tagli sono le classi sociali meno abbienti che non possono permettersi di ricorrere alla sanità privata, tanto che sono proprio le spese per la cura e la prevenzione quelle soggette a maggiori tagli nei bilanci familiari.

Per saperne di più:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/02/05/sanita-il-covid-non-e-bastato-nessun-altro-big-ue-spende-cosi-poco/6951150/

https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=110367

https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/spesa-sanitaria-italiana-a-picco

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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