La situazione a Bahmut è ormai oltre ogni possibilità di recupero, e forse anche di limitazione dei danni. Stamattina alle 8 i genieri ucraini hanno fatto saltare l’ultimo ponte sulla Bahmutka, il fiume che taglia la città in direzione nord-sud: è quindi probabile che in tutta l’area a est del fiume, su cui ho disegnato delle linee rosse orizzontali, non ci siano più soldati ucraini. Resta da chiarire se anche il resto della città verrà abbandonato o se si continuerà a resistere, utilizzando magari come ultima ridotta lo stabilimento metallurgico AZOM (che ho segnato sulla carta) in una sorta di replica dell’Azovstal a Mariupol. Già da qualche giorno le migliori unità dell’esercito ucraino sono state fatte ritirare, lasciando alle unità della difesa territoriale il compito di mantenere la linea. Le perdite sono altissime: foto e i filmati diffusi negli ultimi giorni mostrano un numero di caduti ucraini molto superiore alla media già ragguardevole delle scorse settimane. Un numero così alto di caduti senza che l’avversario abbia montato grandi operazioni offensive è tipico delle situazioni in cui i reparti hanno perso coesione, non hanno più collegamenti con le unità vicine e difettano di leadership: anche questo è tipico delle unità di difesa territoriale, che hanno un addestramento approssimativo ed evidentemente non sono in grado di reggere sul campo. Del resto il loro compito, come abbiamo già visto altre volte in questo conflitto, è dare il tempo alle unità professionali di lasciare il terreno per rimettersi in sesto e organizzare una difesa in profondità, cosa ormai drammaticamente necessaria. La cosa è stata notata anche da Prigožin, che stamattina è tornato in video con un appello rivolto direttamente a Zelensky, chiamato per nome e patronimico, nel quale gli contesta che fino a qualche giorno fa i suoi soldati combattevano contro l’esercito professionale ucraino ma adesso ci sono solo vecchi e ragazzini: nel video compaiono infatti tre prigionieri, uno parecchio anziano e due giovanissimi, tutti e tre molto lontani dall’idea classica del soldato (soprattutto se paragonati ai marcantoni della Wagner che stanno alle sue spalle). Combattono anche loro, ha detto Prigožin, ma la loro prospettiva di vita è un giorno o due al massimo. In considerazione di ciò gli chiede di farli ritirare, appello condiviso dai tre prigionieri.
Che ci sia bisogno di mettere in piedi un’altra linea di difesa (da cui lo sganciamento delle unità ucraine più professionali) è piuttosto evidente.

Come si vede dalla cartina ormai il fronte si è spostato in direzione di Orihovo-Vasylivka, Bohdanivka e Khromove, mentre a sud si combatte ancora per Ivanivske e Stupočki. Khromove significa tagliare fisicamente l’unica strada che ancora consente ai reparti ucraini di ricevere qualche rifornimento e rinforzi, e di ritirarsi con un certo ordine, perché l’autostrada T0504 non è più praticabile da tempo, sebbene le truppe russe non l’abbiano ancora fisicamente oltrepassata, e i campi attorno alla città si stanno sgelando con tutte le difficoltà pratiche che questo comporta. Quando questa cosa succederà sarà la volta di Časiv Jar a trovarsi in una tenaglia, da sud e da nord quando Bohdanivka finirà anch’essa in mano ai russi, e la stessa storia ricomincerà qualche chilometro più a ovest.
Chiudo con una nota tecnica. La prima riguarda la Wagner. Del suo impiego e della sua composizione si è parlato tante volte, quasi sempre a sproposito. Sì, è un corpo di mercenari (“soldati a contratto”) e hanno reclutato anche carcerati: e queste sono, più o meno, le uniche due cose vere che si sono scritte di loro. Per il resto solo balle. Le ondate umane, le avanzate come zombi, la gente mandata ad aprire varchi nei campi minati facendosi saltare in aria, le perdite altissime, l’equipaggiamento scadente eccetera. La verità è che l’avanzata su Bahmut-Soledar è stata gestita in maniera eccellente, sia da loro che dai reparti regolari che stanno sostenendo l’avanzata. Io non so da chi sia composto l’ufficio operazioni della Wagner (non lo sa nessuno, o meglio nessuno che non abbia accesso ai documenti riservati), ma hanno surclassato il comando locale ucraino in ogni momento dell’offensiva, mettendolo sempre davanti ad almeno due alternative entrambe ugualmente pericolose e credibili, obbligandolo a rincorrere sempre, senza mai poter organizzare una controffensiva seria. Come scrive Sun Tzu, che tutti dicono di aver letto ma mi sa piuttosto male, visti i risultati, “ogni strategia si basa sull’inganno. Così, quando siamo in grado di attaccare dobbiamo apparire come se non ne fossimo in grado; quando stiamo muovendo le nostre forze dobbiamo apparire fermi; quando siamo vicini, dobbiamo far credere al nemico che siamo lontani; quando siamo lontani, dobbiamo fargli credere che siamo vicini”. E infatti, sono andati prima contro il centro di Bahmut, dritto per dritto, da est a ovest, e quando le riserve ucraine sono affluite in città sono andati a nord, verso la parte meridionale di Soledar. Una volta presa hanno fintato di andare ancora a nord, verso i villaggi sopra Soledar per aggirarla, poi dopo avere attirato lì le riserve ucraine hanno deviato a ovest e preso il resto della città (la chiave di tutta l’operazione è stata questa). Poi movimento verso ovest per andare invece a nord, fino a Sakko i Vantsetti, facendo spostare la riserva a guardia di Sivers’k perché pareva che l’obiettivo potesse essere quello, visto che si era riattivato anche il fronte davanti Kreminna. Spostate le riserve ucraine e tamponata l’avanzata, stop alle operazioni a nord e di nuovo aperture a sud di Soledar, a Blahodatne e Paraskoviivka, e a sud di Bahmut verso l’autostrada. Poi pressione intorno Krasna Gora, che pareva la continuazione naturale dell’avanzata su Paraskoviivka, e quando il comando ucraino ha deciso di tenerla a tutti i costi sfondamento a sud-ovest minacciando la periferia nord di Bahmut (dopo che la prima direzione d’attacco, ricordo, era da est) dove ovviamente è stato necessario spostare i reparti di Krasna Gora che è quindi caduta, eccetera. Ogni volta così, con perdite altissime per i reparti ucraini. Edvard Moskalyov, comandante della task force del Donbas e uomo di fiducia di Zalužnyj nella regione, non ci ha mai capito niente. Forse ha studiato troppo i manuali della NATO e il blitzkrieg, invece che Sun Tzu e le dottrine “asiatiche”. Domenica scorsa, troppo tardi, è stato rimosso dal comando per decisione di Zelensky: notizia passata quasi del tutto sotto silenzio e che certifica il disastro tattico che la difesa di Bahmut e Soledar è stato fin dal principio delle operazioni. Ma per carità, continuiamo a dire che ci troviamo di fronte un’accozzaglia di alcolisti male armati e peggio addestrati e comportiamoci di conseguenza.

Francesco Dall’Aglio

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