Foto da primocanale.it

Giovanni Caprio

È stato presentato nei giorni scorsi il Rapporto Disuguaglianze, Crescere in Italia, oltre le disuguaglianze (https://disuguaglianze.fondazionecariplo.it/assets/Rapp_Disuguaglianze_23_DEF_LowRes.pdf), un lavoro di ricerca della Fondazione Cariplo finalizzato a creare conoscenza sulle diverse dimensioni della disuguaglianza, ma anche a portare il tema all’attenzione del dibattito pubblico, attraverso una prospettiva che possa essere utile per sviluppare nuove e più efficaci soluzioni per lo sviluppo di società più inclusive e fornire uno strumento di conoscenza per addetti e non addetti ai lavori. Il Rapporto fotografa una disuguaglianza dalle molte dimensioni, che rappresenta una ferita per la singola persona e per tutta la comunità e un ostacolo allo sviluppo, facendo emergere la necessità di un’azione condivisa e di un atteggiamento proattivo perché le opportunità di futuro siano sempre più accessibili a tutti i cittadini. Attraverso gli indicatori principali e le dimensioni che concorrono a generare la disuguaglianza economica e di reddito in Italia, il Rapporto si concentra in particolare sull’impatto della disuguaglianza nei percorsi di apprendimento, nella costruzione della persona e della visione del “proprio posto nel mondo”.

Tra i Paesi più importanti, l’Italia oggi è quello con la disuguaglianza maggiore, seguito da Germania, Francia e Svezia.Ma dove rappresentiamo davvero un’eccezione rispetto agli altri Paesi è nella dinamica del rapporto tra il valore del patrimonio rispetto al reddito. «In sostanza – si legge nel Rapporto – mentre le entrate annue delle famiglie ai diversi livelli di reddito hanno seguito tendenze non molto diverse dalle medie europee, l’anomalia del nostro Paese riguarda la ricchezza finanziaria e immobiliare dei privati. Essa è fortemente cresciuta, in proporzione ai redditi. Nel 1966, il primo anno in cui sono disponibili i dati WID, era il 225,7% dei redditi. Questo rapporto ha poi raggiunto il massimo (670,7%) nel biennio 2012-2013; poi è diminuito fino a quota 589,0% nel 2017, per poi risalire a quota 609,7% nel 2021. In sostanza i patrimoni sono passati in poco più di mezzo secolo da valere in media un po’ più del doppio delle entrate annue delle famiglie a valere fra cinque e sei volte le entrate annue delle famiglie. Naturalmente questo in sé può essere uno sviluppo positivo, ma lo è meno quando la ricchezza diventa sempre più concentrata nelle mani di una minoranza relativamente esigua della popolazione». Sono povere attualmente in Italia quasi 5,6 milioni di persone, mentre lo erano 1,9 milioni di individui nel 2005. Nel contempo la stragrande maggioranza della ricchezza posseduta dallo 0,01% più ricco delle famiglie è costituita da attività finanziarie e attività imprenditoriali.

Se questo è lo stato dei fatti, crescere in un determinato contesto sociale tende innanzitutto a condizionare il percorso di studi. In merito alla scelta compiuta, per esempio, al termine della scuola secondaria di primo grado, i più recenti dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito (relativi all’anno scolastico 2023/2024) indicano che oltre la metà degli studenti italiani preferisce i licei (57,1%); rispetto agli istituti tecnici (30,9%) e a quelli professionali (12,1%). L’influenza delle condizioni socioeconomiche e culturali su tale scelta è testimoniata dal fatto che gli studenti dei licei hanno genitori mediamente più istruiti e più agiati rispetto a quelli degli istituti professionali o tecnici, come emerge dai dati di AlmaDiploma (2022), una iniziativa che mette a disposizione strumenti per la valutazione della scuola secondaria e per l’orientamento scolastico.

«I dati portano a pensare – si sottolinea nel Rapporto – che l’origine familiare influenzi il percorso scolastico degli studenti ben prima del loro ingresso nella scuola secondaria di secondo grado. Un titolo di studio elevato dei genitori è associato, infatti, anche a una maggiore probabilità di concludere la scuola media con voti elevati e quest’ultima, a sua volta, alla scelta di quale percorso intraprendere al termine della stessa». E anche i tassi di abbandono si differenziano chiaramente a seconda del percorso scelto e dell’origine familiare, con una percentuale molto elevata di abbandoni tra i giovani i cui genitori hanno un livello d’istruzione più basso e una posizione professionale meno qualificata.

Ma la domanda alla quale si è cercato di rispondere con questo Rapporto è stata: in Italia, il percorso di istruzione obbligatoria e gratuita previsto dall’art. 34 della Costituzione contribuisce a ridurre le disuguaglianze tra studenti nei livelli di apprendimento, già molto marcate all’inizio della scuola? Le risposte sono state che: i ragazzi che hanno frequentato l’asilo nido e la scuola dell’infanzia tendono ad avere una posizione relativa migliore negli apprendimenti scolastici; se si osservano gli studenti sei anni più tardi, in terza media, notiamo come la gran parte di coloro che partono svantaggiati non riescano a recuperare i divari con cui si erano affacciati al sistema dell’istruzione; i soggetti di cui si perde traccia nel corso del tempo sono soprattutto gli studenti maschi, stranieri, residenti al sud, provenienti da famiglie con basso livello di istruzione e di reddito, con risultati scolastici bassi o che non hanno frequentato l’asilo nido. Arrivando a concludere che «il percorso di istruzione obbligatoria fatichi a svolgere il ruolo di ascensore sociale per i gruppi di studenti più svantaggiati, contribuendo anzi a sedimentare le disuguaglianze iniziali di apprendimento che derivano dai diversi retroterra socioeconomici». Più che servire da ascensore sociale, quindi, sembra che la scuola serva a cristallizzare le disuguaglianze di partenza.

Per fortuna, i «ragazzi che crescono in ambienti meno agiati, privi delle certezze economiche e di relazioni dei loro coetanei del liceo classico, non si sentono per questo meno intelligenti o più deboli». E questo significa che nulla è scontato e nulla è perso. A patto però di evitare retorica e qualunquismo, di pensare che le disuguaglianze non riguardano esclusivamente coloro che ne subiscono le conseguenze peggiori, ma l’intera comunità e di prendere coscienza che esse rappresentando un ostacolo allo sviluppo di tutto il Paese meritano di essere inserite al primo posto di qualsiasi agenda di governo.

Qui il Rapporto Disuguaglianze, “Crescere in Italia, oltre le disuguaglianze” della Fondazione Cariplo: https://disuguaglianze.fondazionecariplo.it/assets/Rapp_Disuguaglianze_23_DEF_LowRes.pdf

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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