Recep Tayyip Erdoğan deve aver tirato un sospiro di sollievo, dopo essere stato costretto al ballottaggio per la prima volta. Il presidente turco potrà dunque continuare a governare, ma di fronte avrà un’opposizione più solida.
Con il 52,16% delle preferenze, Recep Tayyip Erdoğan ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali, in Turchia, battendo il candidato dell’opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu. Per Erdoğan si tratta di un successo importante, visto che per la prima volta in tre elezioni presidenziali è stato costretto a fare ricorso al ballottaggio, ma allo stesso tempo il capo di Stato turco dovrà ora fare i conti con un’opposizione che ha acquisito maggiore consapevolezza della propria forza.
Se si analizzano i dati numerici, Erdoğan ha guadagnato meno di 600.000 consensi rispetto al primo turno, probabilmente meno di quelli che si aspettava. Kılıçdaroğlu, dal canto suo, ha leggermente accorciato le distanze, ottenendo circa 840.000 suffragi in più. Allo stesso tempo, il secondo turno ha fatto segnare una partecipazione leggermente inferiore rispetto al primo, con circa 600.000 turchi che hanno rinunciato alle urne. Questo significa che probabilmente gli elettori del terzo incomodo, Sinan Oğan, si sono suddivisi tra i due candidati e l’astensionismo, smentendo le previsioni secondo le quali gli elettori di Oğan avrebbero votato in massa per il presidente in carica.
Considerando l’analisi geografica del voto, si nota che Kılıçdaroğlu ha vinto in quasi tutti i principali centri abitati del Paese, oltre che nelle aree abitate dai curdi, mentre Erdoğan si è imposto nelle regioni rurali dell’entroterra. A İstanbul, la città più popolosa del Paese, Kılıçdaroğlu ha ottenuto il 51,73% delle preferenze, cifra simile a quella ottenuta nella capitale, Ankara (51,23%). Ancora più netto il successo del candidato dell’opposizione a İzmir (Smirne) principale centro della costa mediterranea, dove Kılıçdaroğlu ha raggiunto il 67,13%. Avendo ottenuto la vittoria anche ad Adana, Kılıçdaroğlu ha ceduto ad Erdoğan la sola Bursa tra le cinque città più popolose del Paese.
Nel corso del suo nuovo mandato presidenziale, Erdoğan potrà contare anche su una solida maggioranza parlamentare. I dati definitivi, infatti, hanno assegnato alla coalizione che sostiene il presidente in carica ben 323 seggi sui 600 che compongono l’emiciclo di Ankara. In particolare, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi, AKP), guidato dallo stesso Erdoğan, ha eletto 268 deputati, ai quali vanno aggiunti i 50 del Partito del Movimento Nazionalista (Milliyetçi Hareket Partisi, MHP), legato al movimento estremista dei Lupi Grigi, e i cinque del Nuovo Partito del Benessere (Yeniden Refah Partisi, YRP), formazione islamista.
Nei ranghi dell’opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi, CHP) di Kılıçdaroğlu ha eletto 169 deputati, per un totale di 212 all’interno della sua coalizione, che comprende anche i 43 eletti del Buon Partito (İYİ Parti). Guardando alle formazioni della sinistra radicale, invece, il Partito della Sinistra Verde (Yeşil Sol Parti, YSP) ha ottenuto 61 seggi, mentre sono quattro gli eletti del Partito dei Lavoratori di Turchia (Türkiye İşçi Partisi, TİP), unica formazione marxista-leninista presente nel parlamento di Ankara.
“Abbiamo completato il secondo turno delle elezioni presidenziali con il favore del nostro popolo“, ha detto Erdoğan dopo la pubblicazione dei risultati. “Se Dio vuole, saremo degni della vostra fiducia come lo siamo stati negli ultimi 21 anni“. Nel suo nuovo mandato, Erdoğan dovrà affrontare soprattutto il problema dell’inflazione, che ha raggiunto un picco dell’85,6% nello scorso ottobre, ma che comunque continua ad essere superiore al 30% secondo i dati più recenti disponibili.
“Tutti i mezzi dello Stato sono stati mobilitati per un partito politico e messi ai piedi di un uomo“, ha criticato invece Kılıçdaroğlu. “Vorrei ringraziare i leader della nostra alleanza, le loro organizzazioni, i nostri elettori e i cittadini che hanno protetto le urne e lottato contro queste pressioni immorali e ingiuste“. L’opposizione punta ora ad affermarsi alle elezioni amministrative locali che avranno luogo nel marzo del 2024, quando sarà chiamata a difendere le città di İstanbul ed Ankara, conquistate nel 2019.
L’altra questione che resta aperta è quella del ruolo della Turchia nell’arena internazionale. Come noto, Ankara fa parte della NATO, nella quale venne cooptata sin dal 1952, ma allo stesso tempo Erdoğan sta cercando di costruire una politica estera indipendente per il suo Paese, facendo della Turchia una potenza regionale che opera in base ai propri interessi, e non in ossequio degli ordini statunitensi. Per questo motivo, gli Stati Uniti sembravano, almeno inizialmente, preferire l’elezione di Kılıçdaroğlu, percepito come filo occidentale, anche se tra i partiti che lo sostenevano erano presenti anche forze dichiaratamente anti-NATO, come il Partito dei Lavoratori di Turchia.
Alla fine, però, la rielezione di Erdoğan fa contenti un po’ tutti, visto che rappresenta certamente un fattore di stabilità e continuità nella regione. “Non vedo l’ora di continuare a lavorare insieme come alleati della NATO su questioni bilaterali e sfide globali condivise“, ha commentato il presidente statunitense Joe Biden, mentre il segretario di Stato Antony Blinken ha definito la Turchia “un prezioso alleato e partner della NATO“. Dal canto suo, il presidente russo Vladimir Putin può dirsi a sua volta soddisfatto del risultato, visto che, sotto la leadership di Erdoğan, Mosca ha potuto costruire relazioni positive con Ankara. “La vittoria elettorale è stata un risultato naturale del tuo lavoro disinteressato come capo della Repubblica di Turchia, una chiara prova del sostegno del popolo turco ai tuoi sforzi per rafforzare la sovranità statale e condurre una politica estera indipendente“, ha affermato Putin in un messaggio rivolto a Erdoğan.
Ricordiamo che il governo di Erdoğan ha acquistato sistemi di difesa missilistica russi, il che ha spinto gli Stati Uniti a escludere la Turchia da un progetto di jet da combattimento guidato da Washington. Allo stesso tempo, Ankara ha anche svolto un importante ruolo di mediazione per garantire l’importante accordo che ha consentito le spedizioni di grano ucraino e ha evitato una crisi alimentare globale.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog