Gli Stati Uniti possono essere ormai considerati un’oligarchia. Quest’affermazione, fatta da Jimmy Carter nel corso di un’intervista di alcuni anni fa, non ha nulla di paradossale. Anzi, esprime un fenomeno che lentamente, ma inesorabilmente, va corrodendo dall’interno le democrazie occidentali. L’ex presidente americano indicava nei centri di potere economico l’elemento che tende a monopolizzare la vita politica, alterando di fatto l’essenza della democrazia. I centri di potere economico possono poi contare sull’informazione, che oggi come mai in passato è in grado di manipolare l’opinione pubblica, la quale, dal canto suo, appare sempre più sprovvista della capacità di orientarsi e di resistere al propagarsi della demagogia.
Così, la democrazia viene via via svuotata di sostanza, cresce la disaffezione alla politica, mentre la sovranità popolare si va riducendo a una formula astratta. I continui riferimenti alla volontà del “popolo”, sbandierati a ogni discorso dai leader politici, somigliano a dei paraventi dietro cui nascondersi per giustificare decisioni che spesso contrastano con gli interessi della collettività e/o che non tengono in alcun conto della sua reale volontà.
Abolire il suffragio universale, allora, non è una provocazione, ma un’opzione che andrebbe valutata e della quale sarebbe opportuno discutere senza pregiudizi, anziché liquidarla come una boutade, come succede nel migliore dei casi, o come la negazione di un diritto fondamentale dell’uomo e del principio di uguaglianza di tutti i cittadini.
Non è così. Le cose stanno esattamente al contrario.
Innanzi tutto, abolire il suffragio universale, così come funziona oggi, non significa negare il valore della democrazia. Il principio della maggioranza vale se coloro che sono chiamati a decidere hanno cognizione su ciò che si deve decidere: se, per esempio, cento medici sono chiamati a votare sul protocollo più efficace per combattere una determinata malattia. Ma smette di valere se a votare lo stesso protocollo sono chiamate cento persone, tra le quali alcuni sono medici e altri non lo sono. Allo stesso modo, la democrazia è autentica se gli elettori hanno gli strumenti per valutare le proposte dei partiti e il loro operato, se sono in grado di distinguere la demagogia dagli obiettivi realmente realizzabili. In breve, se hanno una preparazione adeguata. Viceversa, in mancanza di tale preparazione, la democrazia è falsata, è un guscio vuoto, è una porta spalancata per furbi, opportunisti e furfanti.
In secondo luogo, abolire il suffragio universale non ha nulla a che vedere col principio di uguaglianza. Tale principio verrebbe violato se la regolamentazione del diritto di voto e del diritto di candidarsi avvenisse sulle basi del colore della pelle, del censo o del sesso. Violava il principio di uguaglianza, per esempio, escludere le donne dalla magistratura, com’era in Italia fino al 1963, o la segregazione razziale, com’era negli Usa fino al 1964. Ma se, come in questo caso, la regolamentazione avviene solo sulla base della preparazione, significa che tutti coloro che desiderano votare o candidarsi hanno la possibilità di dimostrare di avere le capacità per farlo. Secondo la stessa logica per cui tutti quanti hanno il diritto di guidare un’auto o di ottenere il porto d’armi, solo che per ottenerlo devono dimostrare di possedere dei requisiti affinché non siano pericolosi per la collettività. Il diritto di voto e di candidarsi è assimilabile a questo tipo di diritti, in quanto degli elettori sprovveduti possono mandare al potere chiunque, anche Hitler, rappresentando in questo modo un pericolo per la collettività ben più grande di quello che può essere rappresentato da persone che girano in auto o armati pur non avendo la patente o il porto d’armi.
Il suffragio universale dovrebbe essere l’obiettivo finale, non il punto di partenza. Lo Stato dovrebbe solo garantire a tutti la possibilità di accedere all’elettorato attivo e passivo, né più né meno di come garantisce a tutti la possibilità di prendere la patente di guida. Poi, così come ognuno è libero di fare domanda, sostenere i test e se reputato idoneo ottenere la patente di guida, allo stesso modo ognuno sarà libero di seguire un iter analogo per diventare elettore e/o candidato.
La democrazia non si realizza consentendo a tutti di mettere una scheda nell’urna; la democrazia si realizza se chi mette la scheda nell’urna è consapevole di ciò che sta facendo.

Di Giovanni

"Trascorsi nell'antico Pci, ho lavorato in diverse regioni italiane e all'estero (Francia, Cina, Corea), scrittore per hobby e per hobby, da qualche tempo, ho aperto anche un blog ( quartopensiero ) nel quale mi occupo, in maniera più o meno ironica, dei temi che mi stanno a cuore: laicità, istruzione, giustizia sociale e cose di questo tipo."

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