(Foto di X)

Lorenzo Poli

Il Giappone è un Paese di tradizioni secolari che non smette mai di sorprendere e ispirare nella ricerca della perfezione. Una delle sue tradizioni è il daisugi, una tecnica forestale di silvicoltura iniziata nel periodo Muromachi, che consiste nel far crescere sugli alberi di crittomeria – più comunemente conosciuti come cedri rossi del Giappone (Cedro di Kitayama) – degli alberi leggeri, alti e diritti (sugi). Si usavano metodi comuni nella trasformazione di giovani piante in bonsai. L’effetto ottico è surreale, mentre quello pratico potrebbe essere di fermare la deforestazione.

Nato tra il XV e XVI secolo in Giappone per sopperire alla carenza di legname e di terreno, il daisugi ebbe il suo massimo sviluppo a Kyoto, dove c’erano molte sale da tè.  A quel tempo era in voga una forma di architettura detta sukiya-zukuri, che utilizzava un legno molto dritto e stilizzato, ma non ce n’era abbastanza per costruire queste case per tutti.

In quella regione c’erano poche pianure, quindi piantare e far crescere alberi sui pendii ripidi era estremamente difficile. La tecnica daisugi proponeva di ridurre il numero di piante, accelerare il ciclo di raccolta e produrre legname più denso. Come sempre accade, le mode passano e nel corso degli anni la domanda di legname prodotto con questa tecnica è diminuita notevolmente.

In seguito il daisugi diventò soprattutto una tecnica decorativa per giardini e bonsai in vaso, ma oggi si sta riscoprendo sia per la qualità del legno che per i benefici in termini ecologici.

Daisugi (  ) letteralmente significa “cedro piattaforma”: la tecnica produce un albero che somiglia a una palma aperta con più alberi che crescono, perfettamente verticali. Non si tagliano alberi veri e propri, ma piuttosto alcune propaggini lasciando il fusto e le radici liberi di prosperare.

Se eseguita correttamente, la tecnica può prevenire la deforestazione e produrre legname perfettamente tondo e diritto noto come taruki, che viene utilizzato nei tetti delle case da tè giapponesi.

Questa silvicoltura sostenibile è utilizzata soprattutto su cedri piantati appositamente per questo scopo. La tecnica ha grandi somiglianze con quella utilizzata per i bonsai, ma viene eseguita su alberi giganti ed è un modo eccellente per prevenire la deforestazione e produrre legno di alta qualità.

I cedri vengono potati a mano con molta delicatezza e attenzione ogni due anni, lasciando solo i rami superiori, da cui spunteranno nuovi rami molto dritti verso l’alto. A occhio nudo, quando si utilizza questa tecnica sembra che i cedri siano cresciuti sopra altri cedri. Questi nuovi germogli crescono in un legno perfettamente uniforme, dritto e completamente privo di nodi, cioè un legno ideale. Da un singolo albero possono nascere fino a un centinaio di germogli alla volta, che producono legno per 200-300 anni prima di esaurirsi. Inoltre, il legno degli alberelli che crescono sulla cima è il 40% più flessibile, due volte più resistente e il 200% più denso e forte del cedro normale. La sua forma diritta lo rende un materiale perfetto per travi e soffitti che devono essere estetici e resistenti. Il suo consumo è aumentato nelle zone spesso colpite dai tifoni. Anche l’estetica è stata fondamentale per la sopravvivenza del daisugi. Gli alberi potati con questa tecnica acquisiscono una forma molto particolare e attraente e diventano alleati per la decorazione della casa, il che ne aumenta la richiesta nei giardini ornamentali.

Fonti:

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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