Luca Giunti

Un anno fa mi è stato chiesto un commento sulla tragedia che in Trentino vide l’orsa JJ4 uccidere il giovane Adrea Papi. Lo scrissi con il titolo “L’orsa JJ4 e noi umani” (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2023/05/03/lorsa-jj4-e-noi-umani/). Ora mi si chiede un nuovo contributo e mi sembra adatto riproporre lo stesso titolo, cambiando soltanto il nome – la sigla – dell’orsa protagonista. Come noto, KJ1 è stata riconosciuta autrice di una mezza dozzina di aggressioni verso vari esseri umani negli ultimi anni e dunque, in base a una recente legge della Provincia e a un’ordinanza urgente del suo presidente, è stata uccisa qualche giorno fa. Aveva 22 anni e lascia 3 cuccioli. Gran parte delle mie riflessioni del maggio 2023 sono adatte al caso odierno e provo a non ripetermi: volendo, c’è il link.

Il dibattito è acceso, e si ripete uguale a ogni occasione di contrasto. Nel 2013 e nel 2017 erano già state abbattute due orse per azioni analoghe, e i toni e gli argomenti ricalcano quelli dell’anno scorso e di oggi. Asciugandoli all’estremo, si riassumono in uno slogan: o noi o loro. Sembra che, come nella logica classica, tertium non datur. Invece, tutti gli sforzi dei progetti di ripopolamento e di gestione, il Life Ursus prima e il PacoBace ancora in atto, provano a realizzare una difficilissima coesistenza. Coesistenza, si badi bene, non convivenza. La seconda prevede libere scelte individuali: prendo un cane o un gatto o un canarino, me li porto a casa, li accudisco e ci convivo. Infatti il massimo esempio di convivenza nella nostra società è il matrimonio (e ogni sua declinazione moderna, ovviamente). Ognuna di queste scelte prevede una reversibilità: canile o altri centri di assistenza, separazione, divorzio. La coesistenza, invece, è obbligata, non è una scelta. Con animali selvatici, come nel caso di cui ci stiamo occupando, ma non solo orsi: lupi, cinghiali, zecche, gabbiani e molti altri ci impongono la loro presenza e i loro danni senza possibilità di evitarli. Propongo un parallelo scomodo: il mio vicino di casa ha tradizioni religiose, gusti musicali e odori culinari insopportabili per la mia famiglia. Ha il sacrosanto diritto di praticarli liberamente (di contro, i miei comportamenti probabilmente saranno altrettanto disgustosi per lui). Dobbiamo co-esistere, cioè trovare qualche compromesso, qualche terra di nessuno dove stemperare le differenze, fare ognuno un passo indietro, sopportarci a vicenda, perché l’alternativa non sarebbe accettabile: liti continue, dispetti, denunce, aggressioni fisiche.

Non vedo tante differenze nel caso della fauna selvatica. A causa della maggiore disponibilità di aree che per secoli noi abbiamo utilizzato capillarmente, di reintroduzioni varie, di migliori opportunità di alimentazione, di legislazioni che li difendono – fattori concomitanti sviluppati nell’ultimo mezzo secolo – gli animali si espandono e arrivano vicino a noi. L’elenco è lungo. Oltre a quelli già citati, possiamo ricordare gli avvoltoi, gli istrici, lo sciacallo dorato, il gatto selvatico, in alcune aree più vocate anche la lontra e il castoro europeo. A questi si possono aggiungere le nutrie, lo scoiattolo grigio, la tartaruga dalle guance rosse, il gambero della Lousiana, perfino il granchio blu, cioè gli alieni che, favoriti dal riscaldamento climatico e dai commerci globali, ci invadono provocando estinzioni di biodiversità locale e perdite economiche. Dunque, dobbiamo affrontare continue prove di coesistenza e sempre più vi saremo costretti in futuro.

Nel caso degli orsi lo sforzo è enorme e il risultato quasi impossibile. Come nel caso del vicino di casa, la soluzione più adatta sarebbe la terra di nessuno: i valloni frequentati dagli orsi sono off-limits per gli umani, se gli orsi se ne allontanano e diventano confidenti vanno dissuasi con forza e in casi estremi abbattuti. KJ1 e i suoi cuccioli, peraltro, utilizzavano un’area di oltre 110 kmq con molti chilometri di strade forestali e sentieri escursionistici. Un territorio frequentato e utilizzato come il Trentino può permettersi di vietare tassativamente agli umani una sua grande porzione? E KJ1 non era l’unica orsa, ovviamente. Tra cuccioli, giovani e adulti di entrambi i sessi, oggi se ne stimano, in tutta la regione, un centinaio.

Va sottolineato che l’abbattimento dell’orsa – per quanto spiacevole – ha seguito le procedure previste dalla legge. Prima di tutto, l’animale deve essere identificato con certezza: non si agisce contro un orso qualsiasi. Poi deve essere riconosciuto come quello specifico individuo che ha messo in atto comportamenti bellicosi in più di un’occasione. In base ai parametri del progetto PacoBace, KJ1 è stata classificata “ad alto rischio” perché responsabile di almeno sette episodi di aggressione. Inoltre il radiocollare di cui era munita mostrava troppo spesso la sua frequentazione di abitati e quindi la possibilità di reiterazione è stata giudicata molto probabile. Ancora, deve essere garantita la salvaguardia della specie. Visti i numeri sopra riportati, questa condizione è rispettata. La stessa legge provinciale, peraltro, consente la rimozione di un massimo di otto esemplari. Come scritto in passato, questo è un elemento chiaro a biologi e naturalisti come me, e a chi deve occuparsi di gestione della fauna. Talvolta, sempre a malincuore, sacrificare un individuo permette di gestire meglio la conservazione della sua popolazione. Le discussioni, tutte legittime, che si scatenano sempre in questi casi, non dovrebbero prescindere da questa – amara – valutazione.

L’ultima prescrizione da rispettare è la più complicata. Ci sono alternative all’abbattimento? Si può catturare il soggetto pericoloso e rinchiuderlo perché non possa più nuocere? Oppure liberarlo molto lontano dalle presenze umane? Quest’ultima possibilità in pratica non esiste. I costi delle operazioni di cattura, sedazione, trasporto e rilascio sono ingenti ma, soprattutto, se in futuro quell’animale dovesse per pura sfortuna incontrare un uomo anche nella tundra più sperduta, chi può garantire che non lo uccida? Resta soltanto la galera a vita. L’unica struttura trentina che potrebbe ospitare orsi pericolosi è Casteller, piccolo centro faunistico dove già sono rinchiusi M49 e JJ4. Secondo molti ambientalisti, non è abbastanza grande per garantire una vita dignitosa ai carcerati. Inoltre ne ospita già due, non ce ne starebbe un altro. I costi del mantenimento per molti anni, infine, sono notevoli: chi se ne dovrebbe far carico?

Il rispetto di queste procedure è stato certificato dal massimo ente scientifico nazionale, Ispra, che infatti ha rilasciato un parere favorevole all’abbattimento. Tra le tante dichiarazioni di ogni parte si è distinta, a mio avviso, quello del ministro dell’ambiente, che ha ricordato come «la soppressione dei singoli orsi non è la soluzione del problema» e ha chiesto proprio a Ispra di approfondire gli studi su altri sistemi, come la sterilizzazione e l’uso di spray urticanti (questi ultimi non solo in caso di incontri ravvicinati, ma come dissuasione attiva e ripetuta verso esemplari che cominciassero ad avvicinarsi troppo a case o campeggi), in affiancamento a proiettili di gomma.

Come lo scorso anno, io di risposte non ne ho. Sono sicuro soltanto che i colleghi del Corpo Forestale trentino hanno abbattuto l’orsa KJ1 perché era loro dovere, perché sono professionisti preparati, perché conoscevano l’animale, i suoi cuccioli e i suoi movimenti. Ma lo hanno fatto con grande dispiacere.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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