A tre anni e mezzo di distanza dall’avvio delle campagne vaccinali contro il Covid-19, arriva anche l’ammissione dell’Agenzia italiana del farmaco italiana (AIFA): nessuno dei vaccini anti-Covid approvati e distribuiti in Italia è in grado di prevenire il contagio e quindi la diffusione del virus. L’AIFA lo ha messo nero su bianco in una risposta inviata all’associazione Arbitrium PSG, che a giugno aveva interpellato l’Agenzia avanzando una richiesta di accesso agli atti amministrativi. Quella di AIFA non è altro che la conferma di un dato di fatto che, già da tempo, aveva consentito di mettere in discussione il concetto che i vaccini prevenissero i contagi, nonché la razionalità delle politiche italiane su Green Pass e Super Green Pass messe in campo proprio sulla base di quell’idea. Una questione che, su L’Indipendente, mettiamo in luce già da anni.
L’ammissione di AIFA, arrivata per mano della dirigente Carla Contelmo, è contenuta nella risposta a uno dei nove quesiti che l’associazione Arbitrium PSG le ha sottoposto. In prima battuta, le domande erano state rivolte all’Istituto Superiore di Sanità e al Ministero della Salute, ma il primo aveva affermato di non possedere la documentazione per rispondere, mentre il secondo aveva appunto chiamato in caso AIFA. Che, in due righe, ha messo in crisi l’impianto base di una propaganda che si è dunque dimostrata scevra di una legittimazione dal punto di vista scientifico. La comunicazione di AIFA solleva così numerosi interrogativi in merito alle decisioni politiche adottate durante la pandemia, che hanno limitato diritti costituzionali in nome della prevenzione del contagio. Alla luce di tali conferme, sono in molti a ritenere che dovrebbero essere rivalutate le misure restrittive imposte e i loro effetti, nonché emergere implicazioni in relazione alle cause legali in corso contro lo Stato sull’obbligo vaccinale e i danni subiti da chi, a causa delle misure di prevenzione, è stato escluso dal lavoro o da altre attività sociali.
Dall’aprile 2021, il governo italiano ha introdotto l’obbligo vaccinale per il personale sanitario, con l’esplicita finalità della «prevenzione del contagio», come si legge nell’apposito decreto. Nel gennaio del 2022, poi, l’obbligo vaccinale era stato esteso per decreto ai soggetti ultra cinquantenni e a settori particolarmente esposti, quali quello universitario e dell’istruzione superiore, «ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di rafforzare il quadro delle vigenti misure di contenimento della diffusione del virus». Il Green Pass – certificazione sanitaria rilasciata a coloro che avevano completato il ciclo vaccinale, ricevuto una dose di vaccino da almeno 15 giorni, erano guariti dal COVID-19 negli ultimi sei mesi o avevano effettuato un test molecolare o antigenico rapido con esito negativo nelle precedenti 48 ore – è stato invece introdotto in Italia il 6 agosto 2021 e rapidamente esteso a una vasta gamma di attività e servizi, fino a diventare obbligatorio in tutti i luoghi di lavoro. Nel dicembre dello stesso anno si arrivò addirittura al Green Pass “rafforzato”, riservato esclusivamente ai vaccinati o ai guariti dal COVID-19, non ottenibile tramite test negativo. Nel luglio 2022, in conferenza stampa, Mario Draghi arrivò a dichiarare: «L’appello a non vaccinarsi, è un appello a morire. Non ti vaccini, ti ammali, muori o fai morire». Lo strumento del Green Pass, secondo l’ex premier, avrebbe invece consentito alle persone di prendere parte ad eventi «con la garanzia, però, di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose».
Già nell’ottobre del 2022, al Parlamento europeo, Janine Small, presidente della sezione di Pfizer dedicata allo sviluppo dei mercati internazionali, aveva candidamente ammesso che il vaccino non è stato testato per fermare la trasmissione del virus prima che entrasse sul mercato. Poi, nella primavera del 2023, in una lettera pubblicata in risposta ad una petizione con cui era stato chiesto di far modificare l’etichettatura dei vaccini Pfizer e Moderna, FDA – l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici – aveva scritto che «un vaccino può soddisfare lo standard per la licenza se i benefici in termini di protezione contro le malattie superano i rischi legati all’uso autorizzato», aggiungendo che non sia necessario «che esso prevenga anche l’infezione o la trasmissione».
[di Stefano Baudino]