Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, è intervenuto per la prima volta pubblicamente dopo la sua liberazione, avvenuta lo scorso giugno, davanti alla commissione affari giuridici e i diritti umani dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.
Il suo discorso ha toccato temi cruciali come la libertà di stampa, l’ingiustizia che ha dovuto subire e le implicazioni globali del suo caso per il futuro del giornalismo.
Assange ha usato parole forti e dirette, lanciando un appello affinché ciò che gli è accaduto non si ripeta.
Julian Assange, il peso del patteggiamento e l’accusa di giornalismo
Assange ha esordito con una frase carica di significato: “Ho scelto la libertà sull’impossibilità di ottenere giustizia. Voglio essere totalmente chiaro. Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi perché dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”.
Il fondatore di WikiLeaks, dopo aver trascorso quattordici anni fra l’ambasciata ecuadoriana a Londra e il carcere britannico di alta sicurezza di Belmarsh, ha patteggiato con le autorità statunitensi dichiarandosi colpevole di cospirazione per aver ottenuto e diffuso informazioni sensibili sulla difesa nazionale. Un’ammissione che per Assange è stata l’unica via d’uscita da un calvario giudiziario senza fine, ma che rappresenta un duro colpo per la libertà di espressione.
La libertà di stampa sotto minaccia
Assange ha lanciato un monito severo sulle conseguenze della sua vicenda: “Vedo più impunità, più segretezza, più rappresaglie per aver detto la verità, e più autocensura”.
La sua vicenda ha segnato un punto di non ritorno per il giornalismo investigativo, dimostrando come l’esposizione di verità scomode possa essere punita con estrema durezza, e come i governi siano pronti a reprimere chiunque sfidi il loro potere. “È difficile non tracciare una linea tra il governo degli Stati Uniti che attraversa il Rubicone criminalizzando a livello internazionale il giornalismo e il freddo clima attuale per la libertà di espressione”, ha aggiunto Assange, sottolineando come le istituzioni democratiche rischino di non riuscire a proteggere chi svolge il compito fondamentale di informare il pubblico.
L’appello all’Europa
Assange ha poi rivolto un appello alle istituzioni europee, invocando un intervento deciso per proteggere la libertà di stampa: “Se l’Europa vuole avere un futuro in cui la libertà di parola e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi riservati a pochi ma diritti garantiti a tutti, allora deve agire in modo che ciò che è accaduto nel mio caso non accada mai a nessun altro”.
La disillusione verso la legge e le istituzioni
Uno dei momenti più intensi del discorso è stato quando Assange ha espresso la sua disillusione verso la legge e le istituzioni, affermando: “La mia ingenuità è stata credere nella legge. Quando si arriva al dunque, le leggi sono solo pezzi di carta e possono essere reinterpretate per convenienza politica”.
Questa riflessione amara riflette la sua esperienza personale, durante la quale ha visto come le leggi possano essere piegate al volere dei poteri dominanti. Il suo caso, infatti, è emblematico di come l’apparato statale statunitense, in particolare l’intelligence, abbia esercitato un’influenza tale da reinterpretare la Costituzione per perseguire chi, come Assange, ha osato sfidare il sistema pubblicando informazioni riservate.
“La ricerca della verità deve continuare a vivere e le voci di molti non devono essere messe a tacere dagli interessi di pochi”, ha concluso, ricordando che la lotta per la libertà di espressione non è solo una questione personale, ma un dovere collettivo.