Tra tempi di attesa infiniti e difficoltà di accesso alle strutture sanitarie, nel 2023, circa 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a visite mediche e cure specialistiche. Ad attestarlo è l’ultimo rapporto della Fondazione GIMBE, che rileva, inoltre, come il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) soffra un deficit di oltre 52 miliardi rispetto agli standard europei. Chi può permetterselo copre le spese di tasca propria, tanto che la spesa sanitaria privata risulta cresciuta del 10,3%. Tuttavia, le persone più vulnerabili, circa 2,5 milioni, hanno dovuto rinunciare alle cure per motivi economici. La situazione è particolarmente grave nel Sud Italia, dove solo Puglia e Basilicata rispettano i Livelli essenziali di assistenza (LEA). A complicare ulteriormente il quadro, tra mancate assunzioni e fughe dall’Italia, la grave carenza di personale sanitario: il SSN ha perso tra il 2019 e il 2022 oltre 11 mila medici e il numero degli infermieri, attualmente 6,5 per mille abitanti, resta drammaticamente basso.

Il settimo rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale è stato presentato ieri, martedì 8 ottobre, presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica. Secondo Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione, «la grave crisi di sostenibilità del SSN» deriverebbe dal poderoso «definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi, che hanno sempre visto nella spesa sanitaria un costo da tagliare ripetutamente e non una priorità su cui investire in maniera costante». Questo processo, secondo Cartabellotta portato avanti per un tornaconto politico, ha portato a «un divario della spesa sanitaria pubblica pro capite di 889 euro rispetto alla media dei paesi OCSE membri dell’Unione Europea», pari a un deficit complessivo di quasi 52,4 miliardi di euro. Il Fabbisogno Sanitario Nazionale, nel frattempo, è aumentato complessivamente di 28,4 miliardi nel periodo 2010-2024, con una media di 2 miliardi per anno. L’aumento della spesa sanitaria totale (+4.286 milioni), invece, a fronte di una diminuzione della spesa pubblica (-73 milioni), è gravato esclusivamente sulle spalle delle famiglie, sotto forma di spesa diretta (+3.806 milioni) o tramite fondi sanitari e assicurazioni (+553 milioni). Come la spesa pubblica, è calata anche la spesa per i servizi per la prevenzione delle malattie (-1.933 milioni, per una percentuale del -18,6%).

A complicare la situazione arriva anche la drastica carenza di personale sanitario che ormai investe il SSN da anni. «Inizialmente dovuta al definanziamento del SSN e ad errori di programmazione», sostiene Cartabellotta, «oggi, dopo la pandemia, è aggravata da una crescente frustrazione e disaffezione per il SSN». Medici e infermieri italiani affrontano «turni massacranti, burnout, basse retribuzioni, prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza», che insieme «stanno demolendo la motivazione e la passione dei professionisti, portando la situazione verso il punto del non ritorno». Malgrado il Paese disponga di 4,2 medici ogni 1.000 abitanti, un dato superiore alla media OCSE (3,7), non si può dire lo stesso degli infermieri (6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti in Italia contro 9,8 OCSE), e, più in generale, del rapporto infermieri/medici (1,5 a fronte di una media europea di 2,4). Diminuiscono, inoltre, i laureati in Scienze Infermieristiche, che lasciano l’Italia al terzultimo posto nella classifica dei Paesi OCSE.

Tra spese alte, mancanza di strutture e carenza di personale, aumenta anche il divario tra Nord e Sud. Secondo il rapporto, nel 2022 erano 13 le Regioni che rispettavano gli standard essenziali di cura; di esse «Puglia e Basilicata sono le uniche Regioni promosse al Sud, ma comunque in posizioni di coda». Aumentando il divario tra Nord e Sud, aumenta anche la mobilità sanitaria (ossia il numero di persone in cerca di cure che si affidano a ospedali diversi da quelli della propria Regione), e dunque anche la perdita per il sistema sanitario del Mezzogiorno: «in particolare», spiega il rapporto, nel decennio 2012-2021 le Regioni del Mezzogiorno hanno accumulato un saldo negativo pari a 10,96 miliardi».

La Fondazione GIMBE redige ogni anno un rapporto sul Sistema Sanitario Nazionale, e ogni anno la situazione appare in netto peggioramento, con gli italiani sempre più costretti a spendere di tasca propria per l’accesso alle cure. Contro un sistema sanitario alla deriva, si sono mossi i cittadini lombardi, che lo scorso giugno hanno depositato circa 90.000 sottoscrizioni alla petizione sulla salute in regione. L’iniziativa, lanciata il 1° marzo e conclusa il 10 giugno, ha promosso con successo la battaglia in favore di un Referendum per la Sanità Pubblica, concretizzatasi in 5 punti: miglioramento delle prenotazioni, snellimento delle liste di attesa attraverso interventi mirati, introduzione di medici a gettone, miglioramento dell’insieme dei servizi di cura e assistenza per le persone anziane, e diffusione e potenziamento dei servizi territoriali con maggiori risorse.

[di Dario Lucisano]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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