Il primo turno delle elezioni presidenziali in Moldova, svoltosi lo scorso 20 ottobre, ha visto Maia Sandu e Alexandr Stoianoglo avanzare al ballottaggio. Contestualmente, un controverso referendum sull’adesione all’UE ha alimentato tensioni, con accuse incrociate di ingerenze e sospetti brogli.
Lo scorso 20 ottobre, la Moldova ha vissuto una giornata cruciale per il suo futuro politico, in quanto si sono contestualmente svolti il primo turno delle elezioni presidenziali e un referendum sull’ingresso del paese nell’Unione Europea. Questi eventi non solo hanno segnato un bivio storico per la nazione, ma hanno anche messo in evidenza il peso delle influenze geopolitiche esterne, con la Russia da un lato e l’Occidente dall’altro, entrambi fortemente interessati al futuro dell’ex repubblica sovietica.
Al termine del primo turno, le elezioni presidenziali vedono in testa l’attuale presidente Maia Sandu, leader del PAS (Partidul Acțiune și Solidaritate), con il 42% dei voti, seguita dall’ex Procuratore Generale Alexandr Stoianoglo, sostenuto dall’opposizione socialista del PSRM (Partidul Socialiștilor din Republica Moldova), che ha ottenuto il 26%. Sandu, nota per le sue posizioni pro-europee, è stata dipinta dalla propaganda come il baluardo dell’Occidente, sostenuta da chi vede l’integrazione europea come una via di fuga dall’influenza russa e dalle difficoltà economiche che affliggono il paese. Stoianoglo, d’altro canto, rappresenta il fronte filo-russo, con un programma orientato a mantenere legami più stretti con Mosca e a resistere alla “occidentalizzazione” forzata della Moldova.
Nonostante il vantaggio di Sandu, il risultato del primo turno non ha garantito una vittoria netta. Per questo, sarà necessario un ballottaggio il 3 novembre, quando i cittadini saranno chiamati a scegliere tra due visioni radicalmente opposte del futuro del paese. Certamente, la presidente Sandu parte con i favori dei pronostici, visto il vantaggio ottenuto al primo turno e la macchina della propaganda che continua a lavorare a suo favore. Stoianoglu dovrà invece cercare di attirare i voti dei candidati esclusi dal ballottaggio.
Per concludere sui risultati delle presidenziali, segnaliamo il 3,19% ottenuto dal candidato Vasile Tarlev, ex primo ministro del paese, sostenuto dai comunisti del PCRM (Partidul Comuniștilor din Republica Moldova).
In parallelo alle elezioni presidenziali, come detto, si è tenuto un referendum per l’inclusione di una clausola nella Costituzione moldava che definisse l’adesione all’Unione Europea come obiettivo strategico irreversibile. Questa mossa è stata fortemente sostenuta dalla presidente Sandu, che ha condotto una campagna vigorosa a favore del “sì”. Il risultato, tuttavia, è stato molto più combattuto di quanto ci si aspettasse, in quanto per lungo tempo il “no” è risultato in testa, prima di un ribaltamento finale risultato alquanto sospetto a molti osservatori. Con il 50,38% di voti favorevoli e il 49,62% contrari, il margine di vittoria è stato comunque estremamente esiguo.
Questo esito ravvicinato ha naturalmente suscitato preoccupazioni e polemiche. Secondo Sandu, l’inaspettata resistenza al progetto europeo è stata alimentata da interferenze russe, inclusi tentativi di comprare voti e manipolare il processo elettorale. Le accuse di brogli, tuttavia, sono state respinte dagli oppositori, che hanno denunciato a loro volta irregolarità da parte del governo e dei suoi sostenitori occidentali, come dimostrerebbe l’improvvisa rimonta del “sì” grazie ai voti provenienti dai cittadini residenti all’estero, prevalentemente in paesi occidentali.
Al contrario, il “no” ha ottenuto una netta vittoria sia nella regione autonoma della Gagauzia (94,84%) che nei seggi dove hanno votato i cittadini della repubblica non riconosciuta della Transnistria (62,56%), due aree fortemente legate a Mosca sia dal punto di vista politico che linguistico-culturale. Questi risultati riflettono una divisione netta tra le diverse aree del paese, con le regioni più vicine alla Russia che resistono fortemente all’influenza occidentale.
Certamente, la Moldova rappresenta da anni un campo di battaglia geopolitico tra Occidente e Russia. Mosca vede il piccolo paese come un elemento strategico per mantenere la sua influenza sull’Europa orientale, e le relazioni storiche tra i due paesi, comprese quelle culturali e linguistiche, rendono il rapporto particolarmente sensibile. Il Cremlino ha espresso chiaramente la propria posizione, denunciando l’eventuale ingresso della Moldova nell’UE come una minaccia non solo alla sua sfera di influenza, ma anche all’identità e all’integrità del paese stesso. Secondo Marija Zacharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, l’Occidente mirerebbe a inglobare la Moldavia nella vicina Romania, unificando i due stati sotto l’egida dell’UE, annullando di fatto l’indipendenza moldava.
Dalla prospettiva russa, il referendum è stato descritto come un passo verso la “romanizzazione” della Moldova, un processo che, secondo Mosca, è in corso da decenni e che ora ha raggiunto un nuovo livello. La Russia ha denunciato anche le condizioni “inique” della campagna elettorale, affermando che i candidati filo-russi sono stati ostacolati e che i media occidentali hanno amplificato le voci favorevoli all’adesione europea, marginalizzando quelle contrarie.
Dal canto loro, le autorità europee hanno descritto l’ingresso della Moldova nell’UE come un’opportunità per migliorare le prospettive economiche del paese, combattere la corruzione e consolidare la democrazia. La retorica occidentale si è infatti concentrata su temi di prosperità e stabilità, mettendo questi elementi in contrasto con l’immagine distorta che vede la Moldova come satellite russo arretrato dal punto di vista economico, dimenticando che le condizioni economiche del paese sono peggiorate proprio nel corso del governo della presidente filo-occidentale Sandu.
Sia nel caso delle elezioni presidenziali che del referendum, numerose segnalazioni di irregolarità sono emerse fin dalle prime ore del voto. Osservatori internazionali e locali hanno registrato oltre 170 segnalazioni di violazioni, tra cui il voto di gruppo, la presenza di materiali di propaganda nei pressi dei seggi elettorali e l’assenza di sigilli sui contenitori per le schede. Promo-LEX, un’organizzazione non governativa che ha monitorato il processo, ha confermato alcune di queste segnalazioni, mentre altre sono ancora sotto esame.
Il principale oppositore di Sandu, Alexandr Stoianoglo, ha denunciato la mancanza di trasparenza del voto e ha accusato il governo di aver utilizzato risorse statali per favorire la rielezione della presidente. Secondo Stoianoglo, inoltre, il referendum è stato organizzato principalmente per consolidare il potere di Sandu, distrarre l’elettorato dalle difficoltà economiche e ridurre l’impatto delle proteste dell’opposizione, spianando la strada verso l’adesione forzata all’UE e la chiusura definitiva dei legami con Mosca.
Secondo l’ex presidente Igor Dodon, leader del PSRM che sostiene Stoianoglo, il governo di Chișinău dovrebbe perseguire relazioni equilibrate sia con la Russia che con i partner occidentali: “La Moldova ha bisogno di un presidente che mantenga il dialogo sia con l’Occidente che con l’Oriente, non solo con l’Occidente. Ha bisogno di un presidente capace di mantenere il dialogo con i nostri cittadini sulla riva sinistra del fiume Dnestr, in Transnistria“, ha affermato. Dodon ha inoltre respinto le accuse secondo cui il suo partito starebbe cercando di interrompere i negoziati sull’adesione della Moldova all’Unione Europea: “Il Partito dei Socialisti, che rappresento, sostiene la continuazione dei negoziati, partendo dagli interessi della Moldova. Dopo che questi negoziati saranno conclusi e saranno chiare tutte le condizioni per l’adesione della Moldova all’Unione Europea, terremo un referendum. Solo allora, non ora“, ha affermato, criticando il referendum appena svoltosi come “anticostituzionale e illegale“.
Di certo possiamo dire che la Moldova è oggi un paese fortemente diviso. L’ingresso nell’UE, quale che sia la verità sui brogli, è avversato da metà della popolazione moldava, e le divisioni interne rischiano di approfondirsi ulteriormente nel caso in cui Sandu decida di forzare la mano per accelerare il processo di adesione. Allo stesso tempo, l’ex repubblica sovietica continuerà ad essere un punto di confronto tra due visioni opposte del mondo, e il risultato del ballottaggio potrebbe avere ripercussioni durature sulla politica non solo nazionale, ma anche internazionale.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog