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Alexandro Sabetti

Al di là delle convinzioni morali sul pacifismo assoluto, una mobilitazione politica e di sostegno militare avviene contro qualcuno che ti ha fatto qualcosa. L’Italia che problemi ha con la Russia? Nessuno.

Ancora non abbiamo capito perchè l’Italia dovrebbe avercela con la Russia

Da quel 20 Febbraio 2022, data nella quale le forze armate russe attraversarono il confine ucraino, in quella che Mosca chiama operazione speciale, e che in Occidente si è trasformata in un carrozzone mediatico propagandistico riassumibile con le formule ormai tristemente note dell’aggredito e l’aggressore, dei putiniani e dei fautori della guerra purificatrice, una domanda resta ancora inevasa alle nostre latitudini: perché l’Italia ha dovuto assumere una posizione bellicosa nei confronti della Russia, un Paese che non ci ha mai direttamente danneggiati e che, fino a poco tempo fa, rappresentava un partner economico cruciale.

Muhammad Alì a chi gli chiedeva perchè si rifiutasse di combattere contro i vietcong, rispondeva: “Nessun vietnamita mi ha mai chiamato negro”. Ecco, Nessun russo ci ha mai chiamato “sporco italiano”, anzi.  D’altronde la maggior parte dei commentatori ufficiali che girano per i salotti tv, esperti di tutto e dunque di niente, giornalisti che chiedono lumi ad altri giornalisti, non si erano mai occupati di Ucraina se non forse nel pagare i contributi a qualcuna delle tantissime e preziose domestiche o badanti presenti in gran numero nel nostro paese e che qualcuno di loro avrà a servizio.

E invece sono tutti concordi con l’idea che la Russia debba essere combattuta e vinta sui campi di battaglia. Anche ora, davanti alla provocazione dell’amministrazione USA a guida dell’uscente (e senescente) Biden, che aumenta esponenzialmente i rischi di escalation consentendo all’Ucraina di colpire il territorio della federazione russa con armi americane, il nostro governo senza tentennamenti si dice concorde. Giorgia Meloni dichiara che non è tempo ancora di dialogo. Come direbbe il CrozzaBersani: “Ma siamo matti?”

La Russia e l’Italia: un rapporto storico e strategico

Fino a tempi recenti, la Russia ha avuto un ruolo determinante per l’approvvigionamento energetico italiano, con il 43,3% del gas importato proveniente da Mosca nel 2020. L’Italia, dipendente da questa risorsa strategica, ha continuato a stringere contratti vantaggiosi con un governo russo che non era certo diverso da quello attuale.

La cooperazione economica si estendeva anche ad altri settori, come dimostra il contratto miliardario firmato dalla Maire Tecnimont con il colosso petrolifero Rosneft poco prima dello scoppio del conflitto.

Questa relazione economica rende difficile comprendere perché il nostro Paese debba oggi considerare la Russia un nemico, ignorando non solo i legami commerciali, ma anche le conseguenze devastanti che la contrapposizione politica e militare ha causato sull’approvvigionamento energetico e sull’economia italiana.

Il ruolo ambiguo della NATO e l’assenza di una politica estera autonoma

L’Italia, membro della NATO e dell’Unione Europea, si è allineata alle posizioni atlantiste, con il sostegno a sanzioni e misure di deterrenza contro Mosca. Tuttavia, queste decisioni sono state dettate più dalla subordinazione agli interessi statunitensi che da una valutazione autonoma degli interessi nazionali.

La NATO, dopo la disastrosa ritirata dall’Afghanistan, voleva riaffermare il proprio ruolo internazionale, spesso in contrasto con approcci diplomatici che potevano offrire una via d’uscita al conflitto. L’Italia cosa ha fatto di concreto? Ha contribuito al rafforzamento dei confini orientali dell’Europa, inviando truppe in Ungheria e Bulgaria, senza una chiara strategia a lungo termine.

Il paradosso del pacifismo scomparso

Un altro elemento sorprendente è l’assenza di una mobilitazione popolare significativa contro la guerra. In passato, i movimenti pacifisti italiani hanno saputo creare una massa critica contro conflitti come quello in Iraq. Oggi, invece, il dibattito pubblico appare sopito. Questa apatia collettiva lascia campo libero a decisioni governative poco ponderate e a una narrativa che giustifica il conflitto come inevitabile.

In passato, tentativi di dialogo, come l’accordo di Pratica di Mare del 2002, promosso da Berlusconi (guarda te se ci tocca ricordare Silvio per trovare una mossa ragionevole…) hanno dimostrato che un dialogo con Mosca è possibile e produttivo. Recuperare questa prospettiva richiede però una politica estera autonoma e il coraggio di perseguire la diplomazia al posto della militarizzazione.

La subordinazione agli interessi atlantici non può giustificare scelte che danneggiano direttamente il nostro Paese, mettendo a rischio la stabilità energetica ed economica. La pace non è solo un valore morale, ma una necessità pragmatica per evitare conseguenze devastanti.

La guerra, qualunque essa sia, è sempre disgustosa. E se la politica vuole farsi sentire, lo faccia, batta un colpo. Ma che non sia di cannone, quelli basta

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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