Il 5 novembre, il Qatar ha tenuto un referendum per l’abolizione delle elezioni per il Consiglio Consultivo. Con il 90,6% dei voti favorevoli, gli elettori hanno scelto di rafforzare l’autorità dell’emiro, evidenziando un curioso paradosso democratico in uno degli stati più ricchi del mondo.

Lo scorso 5 novembre, il Qatar ha tenuto un referendum di importanza storica, i cui risultati hanno segnato un ritorno al passato politico del paese. L’esito della consultazione ha confermato, con il 90,6% dei voti favorevoli e una partecipazione dell’84%, l’abolizione delle elezioni dirette per il Consiglio Consultivo, noto come Shura. Questa decisione, formalizzata attraverso modifiche costituzionali, restituisce all’emiro il potere esclusivo di nomina dei membri di questo organo. Secondo molti osservatori internazionali, tale sviluppo rappresenta un significativo passo indietro rispetto all’esperimento di democrazia limitata intrapreso nel 2021, quando per la prima volta furono eletti due terzi dei membri della Shura, organo che comunque aveva e continuerà ad avere solo un potere consultivo e non legislativo.

Tornando indietro di qualche anno, le elezioni del 2021 furono un evento storico per il Qatar, visto che per la prima volta il piccolo emirato arabo ha organizzato elezioni su scala nazionale (le elezioni municipali si svolgono regolarmente ogni quattro anni dal 1999). In un contesto regionale dominato da monarchie assolute, il paese sembrava voler fare un piccolo passo verso una maggiore partecipazione politica. Tuttavia, fin dall’inizio, il processo elettorale fu segnato da polemiche. La legge elettorale del 2021 stabiliva che solo i discendenti di famiglie qatariote residenti nel paese prima del 1930 avrebbero potuto votare e candidarsi. Questa restrizione escluse un numero significativo di cittadini, in particolare membri della tribù al-Murrah, una delle più grandi del paese, rompendo gli storici e delicati equilibri tribali esistenti in Qatar.

Le proteste e il malcontento che seguirono misero per l’appunto in evidenza tensioni latenti tra le tribù e portarono l’esperimento elettorale a essere percepito non come un simbolo di progresso, ma come un fattore di divisione. Questo ha spinto l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani a riconsiderare l’intero processo, definendolo un “esperimento” che aveva mostrato più rischi che benefici.

Nell’annunciare il referendum, l’emiro Tamim ha sottolineato la necessità di preservare l’unità e la coesione sociale del paese che, a suo modo di vedere, era stata messa a repentaglio proprio dalle elezioni. Nel suo discorso del 15 ottobre 2024, l’emiro ha dichiarato che il Qatar “non è attrezzato per gestire le complicazioni identitarie” emerse durante il processo elettorale. Ha inoltre aggiunto che la Shura non è un parlamento rappresentativo in un sistema democratico, ma piuttosto un organo consultivo il cui ruolo rimane inalterato indipendentemente dalla modalità di selezione dei suoi membri.

Nello stesso intervento, l’emiro ha inoltre enfatizzato che le modifiche costituzionali mirano a rafforzare i valori di “unità e giustizia” e a evitare ulteriori divisioni. Ha anche evidenziato che il Qatar possiede canali consolidati di comunicazione diretta tra i cittadini e il governo, rendendo superfluo il ricorso a elezioni per garantire la partecipazione pubblica.

Di seguito la traduzione integrale del passaggio chiave del discorso dell’emiro al-Thani:

Fratelli e sorelle, riguardo l’elezione del Consiglio della Shura, o per essere più precisi, l’elezione di due terzi dei suoi membri, essa è stata prevista nella Costituzione permanente dello Stato fin dal 2004, ma non era mai stata attuata.

Non ho voluto lasciare disposizioni costituzionali inapplicate. Pertanto, ho preso l’iniziativa di indire le elezioni. Vi dico francamente che ho chiamato il popolo al voto nonostante le riserve espresse da molti cittadini leali, i quali ritenevano vi fossero valide ragioni per non dare esecuzione a queste disposizioni.

A quel tempo, da questo podio e altrove, ho affermato che si trattava di un esperimento, e che lo avremmo esaminato, valutato e tratto le dovute conclusioni. Così abbiamo fatto, e le conclusioni ci hanno portato a proporre emendamenti costituzionali.

Il nostro sistema è un emirato fondato sulla giustizia e sulla Shura, che tutela i diritti e le libertà nel rispetto dello stato di diritto.

Il Consiglio della Shura non è un parlamento rappresentativo in un sistema democratico, e il suo status e i suoi poteri non saranno influenzati dal fatto che i suoi membri siano scelti tramite elezione o nomina.

In Qatar, il popolo e il governo intrattengono un rapporto civico diretto, con norme e meccanismi riconosciuti per garantire una comunicazione immediata tra cittadini e governanti. Gli onorevoli membri del Consiglio della Shura, siano essi nominati o eletti, hanno il compito di discutere leggi e azioni dell’autorità esecutiva con imparzialità, saggezza e razionalità, senza interessi personali o di parte, presentando le proprie raccomandazioni all’emiro. Questo è il loro compito, e il metodo di selezione dei membri del Consiglio non lo altera.

La Shura è una delle forme più importanti di partecipazione agli affari pubblici, e continuerà ad esserlo.

Esistono numerosi canali per la partecipazione dei cittadini, e dobbiamo aumentarli, intensificarli e approfondirli. Allah l’Onnipotente ha detto: «E consultali in merito; poi, una volta che ti sarai deciso, fai affidamento su Allah. In verità, Allah ama coloro che si affidano a Lui». Noi siamo una sola famiglia in Qatar. La competizione tra i candidati per l’elezione al Consiglio della Shura si è svolta all’interno delle famiglie e delle tribù, generando diverse opinioni riguardo le conseguenze di tale competizione sulle nostre norme, tradizioni e istituzioni sociali convenzionali, nonché sulla loro coesione. Questa competizione assume un carattere identitario che non siamo preparati a gestire, con potenziali complicazioni nel tempo che preferiremmo evitare. L’esperienza del Qatar ha dimostrato che gli aspetti positivi delle nostre istituzioni sociali non hanno ostacolato il progresso, ma piuttosto vi hanno contribuito, fornendo una solida base che ci ha permesso di combinare autenticità e modernità.

Dopo che avrete discusso questi emendamenti e dopo che avrò ricevuto le proposte del vostro stimato Consiglio, spinti dal nostro desiderio che tutti i cittadini partecipino alla costruzione della solida struttura dell’unità nazionale, riconoscendo la cittadinanza eguale e migliorando la partecipazione popolare agli affari pubblici, gli emendamenti costituzionali saranno sottoposti a un referendum popolare. Invito quindi tutti i cittadini a parteciparvi“.

Alla luce di quest’analisi, il risultato del referendum, sebbene possa essere percepito come un paradosso da parte degli osservatori esterni, non è stato una sorpresa. Con un’ampia maggioranza di voti favorevoli, i cittadini hanno approvato le modifiche costituzionali proposte, rinunciando al diritto di voto che gli era stato concesso solo tre anni fa. Questo esito riflette, da un lato, la fiducia nella leadership dell’emiro e, dall’altro, una cultura politica che privilegia la stabilità e l’armonia sociale rispetto all’introduzione di modelli democratici occidentali.

Allo stesso tempo, il referendum ha anche presentato alcune misure di progresso nella partecipazione democratica, in particolare sancito l’apertura di posizioni ministeriali a tutti i cittadini qatarioti, inclusi quelli naturalizzati, una mossa che punta a promuovere un concetto più inclusivo di cittadinanza. Tuttavia, l’abolizione delle elezioni dirette per la Shura resta il punto focale del cambiamento, segnando la fine di un breve esperimento elettorale che ha lasciato il posto ad un modello di governance completamente nominativo, quello che aveva già caratterizzato la politica qatariota nei decenni precedenti.

L’esito del referendum, come detto, è stato in gra parte percepito come un paradosso: gli elettori qatarioti hanno scelto, con un voto democratico, di rinunciare a uno di quelli che vengono generalmente considerati gli strumenti fondamentali della democrazia stessa, le elezioni. Questo apparente controsenso può essere compreso solo nel contesto sociopolitico del Qatar, dove la tradizione, la coesione tribale e la fiducia nella leadership autocratica sono considerate pilastri fondamentali della stabilità.

Evidentemente, la partecipazione elettorale è stata percepita, sia da parte del governo che della maggioranza della popolazione, come una fonte di divisione, piuttosto che un mezzo per rafforzare il contratto sociale tra il governo e il popolo. L’enfasi sul mantenimento dell’unità nazionale e sulla prevenzione delle tensioni tribali ha dunque prevalso nettamente sull’idea di una partecipazione politica più ampia e inclusiva.

Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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