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L’aggiornamento al Codice della Strada fortemente voluto dal ministro Salvini sta sollevando roventi polemiche. Le modifiche introdotte, da un lato, promettono di aumentare la sicurezza stradale ma all’atto pratico sono destinate a costituire un ulteriore peso economico per la popolazione, con sanzioni spropositate per effrazioni minori.
Riflettendo sulle nuove norme e sulle sanzioni associate, è impossibile ignorare il legame tra queste e il principio sancito dall’art. 53 della Costituzione Italiana, che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”
Questo principio dovrebbe garantire che i cittadini contribuiscano alle spese pubbliche in proporzione alle loro reali possibilità economiche, proteggendo il diritto a una vita dignitosa e alla sicurezza economica.
Tuttavia, il nuovo Codice della Strada ve nella direzione diametralmente opposta con una serie di aumenti spropositati delle sanzioni senza una ragionevole valutazione del grado di gravità dell’infrazione stessa.
Un provvedimento ideologico nel nome di “punire e fare cassa a chi tocca tocca”.
Nuovo codice della strada: dov’è l’equità?
Le nuove sanzioni, che arrivano a importi superiori agli 800 euro per infrazioni come il superamento di pochi chilometri del limite di velocità, colpiscono duramente il cittadino medio. Per molti, una multa del genere rappresenta una parte significativa dello stipendio mensile.
Questo solleva una domanda cruciale: queste sanzioni rispettano il criterio di proporzionalità economica indicato dall’art. 53 della Costituzione?
Mentre è comprensibile e giustificato un aumento delle pene per comportamenti gravemente pericolosi, come la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe, appare sproporzionato applicare multe esorbitanti per infrazioni minori.
Questo approccio penalizza soprattutto chi non può permettersi alternative al trasporto privato, aggravando le disuguaglianze sociali ed economiche.
Il caso di Roma
Un esempio lampante dei limiti strutturali del sistema è fornito dal recente “Nuovo sistema tecnologico” adottato dalla Polizia Municipale di Roma. Questo sistema, progettato per monitorare in tempo reale le violazioni del Codice della Strada, ha però delle falle evidenti:
Mancanza di infrastrutture adeguate: Roma non dispone di un numero sufficiente di parcheggi regolari, specialmente nelle aree centrali. Questo costringe molti automobilisti a soste irregolari, trasformandoli automaticamente in trasgressori.
Condizioni del manto stradale: Nonostante l’aumento delle multe, le strade della capitale continuano a essere costellate di buche, con tombini mal posizionati e una manutenzione inadeguata, che mette a rischio la sicurezza di automobilisti e motociclisti.
Trasporto pubblico inadeguato: L’inefficienza del sistema di trasporto pubblico romano costringe molti cittadini a dipendere dall’auto privata, amplificando il rischio di violazioni.
Questi problemi evidenziano una gestione poco coerente delle risorse derivanti dalle multe, che dovrebbero essere reinvestite per migliorare le infrastrutture e la sicurezza stradale, ma che spesso sembrano sparire in un buco nero amministrativo.
Fare cassa o garantire sicurezza?
Un aspetto cruciale del nuovo Codice della Strada è il destino dei fondi derivanti dalle sanzioni. Secondo i legislatori, tali somme dovrebbero essere reinvestite per aumentare la sicurezza stradale. Tuttavia, le condizioni delle strade italiane, la precarietà del trasporto pubblico e l’assenza di interventi strutturali suggeriscono che questi proventi vengano spesso utilizzati per colmare altre falle di bilancio.
Questa discrepanza mina la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. L’introduzione di sanzioni così severe, senza un corrispondente miglioramento dei servizi pubblici, fa sorgere il sospetto che il vero obiettivo sia “fare cassa” piuttosto che proteggere i cittadini.
Dunque il nuovo Codice della Strada non solo grava economicamente sui cittadini, ma sembra anche esonerare le istituzioni dalla responsabilità di una gestione efficace del denaro pubblico.
L’applicazione sproporzionata di sanzioni rappresenta una strategia miope che rischia di alimentare un clima di sfiducia e frustrazione. Non è accettabile che cittadini già oberati da un carico fiscale tra i più alti d’Europa debbano sopportare ulteriori vessazioni economiche senza nemmeno un evidente ritorno in termini di servizi o sicurezza