Foto Kulturjam
Stiamo attraversando una crisi di portata paragonabile, se non superiore, a quella dei missili di Cuba, eppure tutto sembra scorrere in secondo piano, accompagnato da una copertura mediatica superficiale e inadeguata. Si evita di allarmare l’opinione pubblica, ma la tensione ai vertici politico-militari è estremamente alta e preoccupante. La NATO, pur di non ammettere la sconfitta strategica in Ucraina, sta facendo terra bruciata con una scommessa pericolosissima.
Alla guerra con nonchalance
La presidenza Biden si avvia verso un finale segnato da paranoia e tensioni crescenti: invece di cercare una soluzione diplomatica, si punta sull’escalation. Putin risponde duramente, dichiarando: “Potremmo colpire chi consente a Kiev di lanciare missili contro la Russia“. A ciò si aggiunge un avvertimento ancora più inquietante: “Con gli attacchi missilistici occidentali sul territorio russo, il conflitto in Ucraina ha ormai assunto una dimensione globale”.
Ci stanno conducendo verso una guerra mondiale con una leggerezza sconcertante, nell’apparente indifferenza delle opinioni pubbliche occidentali. Eppure, dalla crisi dei missili di Cuba del 1962, mai come ora ci siamo trovati a vivere ore così drammatiche.
La situazione si è aggravata dalla decisione, presa dall’amministrazione Biden di autorizzare l’Ucraina a utilizzare missili occidentali per colpire in profondità il territorio russo. Una mossa che è stata prontamente seguita dagli inglesi e tradotta in azione con i lanci di missili Storm Shadow.
Azioni militari dall’impatto limitato ma politicamente incendiari. E infatti la risposta russa è stata immediata: la firma di un nuovo cambio nella dottrina nucleare, seguita dal lancio di un missile balistico a medio raggio con testate multiple, contro obiettivi nella città di Dnipro.
Il tutto accompagnato dal discorso di Putin, che ha suggellato un’escalation sempre più preoccupante. Stiamo assistendo, attoniti, a una sequenza di eventi che ci avvicina al punto di non ritorno.
In Italia, sorprendentemente, non si alza quasi alcuna voce contraria. A parte il Papa, qualche sparuta minoranza politica e pochi altri bollati come ‘putiniani’, nessuno sembra denunciare con fermezza questa deriva suicida.
La strategia ucraina, supportata dall’Occidente, di lanciare missili in territorio russo è priva di un reale senso militare: nel 2023 e nel 2024, l’Ucraina ha già dimostrato di non essere in grado di riconquistare i territori perduti. La tanto proclamata controffensiva ucraina si è rivelata un fallimento.
Invece di riconoscere che la guerra in Ucraina ha raggiunto un impasse, l’Occidente preferisce alimentare il conflitto, spingendosi fino al punto di provocare deliberatamente la Russia. Da Mosca è arrivata una risposta inequivocabile: ci sarà una reazione, e sarà dura e simmetrica.
Qual è il senso di questa strategia, dal punto di vista militare e politico? Che logica può avere rischiare una conflagrazione globale con la Russia, sapendo che le conseguenze sarebbero catastrofiche e incontrollabili?
Tutte queste certezze sembrano incapaci di contemplare l’inaspettato o l’inconcepibile. Non riescono a includere nel proprio immaginario e nei propri schemi l’eventualità di una scintilla capace di scatenare caos, violenze improvvise e di rivelare, in un istante, obiettivi strategici finora nascosti e insospettabili.
È lecito chiedersi se i cittadini occidentali – ormai spettatori in un sistema che sembra sempre più post-democratico – abbiano voce in capitolo su queste decisioni. Siamo ormai nelle mani di élite distaccate da qualsiasi controllo democratico e dalle esigenze reali delle popolazioni: sono morti inconsapevoli che continuano ad aggirarsi per il mondo seminando morte