La lotta contro il governo meloni sta per entrare in una fase nuova, maggiormente attiva e meno sottotraccia. Bisogna sostenere lo sciopero generale del 29 e la manifestazione unitaria di solidarietà al popolo palestinese del 30
Mentre scriviamo assistiamo a due eventi cruciali nella scena internazionale: il mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale per BenYamin NetanyaHu e Yosef Galant (ex Ministro della Difesa d’Israele) e la decisione di Biden di fornire missili a lungo raggio all’Ucraina per colpire ad una distanza di 500 KM sul territorio russo. Nel primo caso si tratta di una notizia di portata storica che ha un valore simbolico e politico per tutto il Mondo: è la prima volta che un leader di un paese occidentale, strettissimo alleato dell’imperialismo, viene condannato per crimini di guerra; e, dato che le sentenze della Corte Internazionale, fanno capo allo Statuto di Roma a cui hanno aderito 124 Stati -tra cui i Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa – i leader europei sono stati costretti ad affermare che le sentenze ed i mandati d’arresto vanno rispettati. Ciò significa che il primo ministro israeliano non può spostarsi più liberamente come prima. Ciò non significa – come sarebbe giusto – che il governo italiano interromperà i rapporti diplomatici con Israele ma il danno d’immagine del governo israeliano e di tutta la propaganda sionista è immenso, sia in occidente che nel resto del mondo. Una buona notizia giunge anche dai percorsi di mobilitazione a sostegno del popolo palestinese. E’ un dato importantissimo che le fratture all’interno del movimento in sostegno della Palestina si stiano gradualmente appianando e che uno spirito unitario stia sospingendo le manifestazioni del 30 novembre a sostegno del popolo palestinese verso un’unica manifestazione che, date le circostanze attuali, dobbiamo tentare di allargarla il più possibile trasformandola in una manifestazione di massa, che faccia sentire al governo meloni e a tutte le forze politiche l’indignazione collettiva e popolare nei confronti della politica di sterminio portata avanti dal governo israeliano, ma soprattutto che denunci – oggi più che mai – la fine delle complicità del nostro governo con lo Stato d’Israele. La manifestazione unitaria del 30 novembre rappresenta un passaggio fondamentale nel percorso di solidarietà verso il popolo palestinese, ma anche un’importantissima azione di conflitto nei confronti della politica estera dell’Italia incarnata dal governo meloni.
Il giorno precedente, il 29 Novembre ci sarà uno sciopero generale indetto da CGIL e UIL e da una vasta area del sindacalismo di Base (CUB, Confederazione Cobas ed altre sigle) contro la Manovra del governo Meloni. Dalle pagine di questo giornale vogliamo essere chiari: non sarà di facile riuscita, la frammentazione sociale e lo scarso livello di fiducia nelle azioni di lotta dei sindacati, congiunto ad una ambiguità e debolezza dell’opposizione parlamentare rendono difficile quel processo costruttivo di lotta che favorisce l’ampia partecipazione agli scioperi. A ciò va aggiunta una relativa debolezza del sindacato nel incoraggiare attivamente gli scioperi. Tuttavia, il passaggio è cruciale, le politiche del governo Meloni peggiorano in maniera visibile le condizioni di vita di tutti i lavoratori che sono costretti a pagare con la perdita consistente dei loro salari i costi più dolorosi della crisi economica che il nostro paese sta vivendo. Non è un caso che i meccanismi di autoritarismo e di limitazione delle libertà di manifestazione (vedi il DDL 1660) non sono stati concepiti solo ed esclusivamente come limitazioni alla libertà ma anche come forme di costrizioni ed autoritarismo che crescono sempre di più nei posti di lavoro. Il ricatto è crescente, le forme di limitazione dello sciopero sono sempre più massicce e ciò è dovuto al fatto che in tutti i campi la classe dirigente scarica sistematicamente sui lavoratori le profonde inefficienze determinate dalle politiche padronali in questa fase.
Scioperare e manifestare, in questa fase, rappresenta un passaggio cruciale, non solo per difendere il proprio salario dall’attacco dovuto all’inflazione, non solo un passaggio centrale nella lotta contro il governo Meloni, ma anche un’azione organizzativa che rivendica il diritto di resistenza all’attacco fortissimo subito che tutti i lavoratori stanno subendo dall’autoritarismo e dalla prepotenza della reazione padronale nel suo complesso. La CGIL, nonostante tutti i suoi limiti, è costretta a ricorrere alla mobilitazione proprio in virtù della ferocia di quest’attacco e non è un caso che, a partire dalle funzioni centrali, il governo punta sistematicamente ad una contrattazione separata con la Cisl, escludendo la CGIL. Bisogna sostenere lo sciopero e considerarlo come un passaggio di mobilitazione che ci educhi ad un conflitto sempre più difficile e duro contro la controparte. Provare ad unire la lotta contro la guerra con la mobilitazione popolare dei lavoratori è essenziale, sarebbe da cominciare con le date del 29 e del 30, ma anche dove questo non fosse possibile, insistere sulla necessità di coniugare questi due temi, a partire dall’autoritarismo del DDL 1660 che rappresenta il vero punto di sintesi tra le logiche di guerra e le politiche padronali.