Foto Wikimedia

“Un voto contro di noi vi comprerà le primarie”. Questo è stato il messaggio inviato da alcuni membri del team di Donald Trump a un gruppo di senatori repubblicani, minacciandoli di potere perdere le prossime elezioni. Lo ha riportato la Abc News per chiarire le pressioni che i consiglieri del neo eletto presidente stavano mettendo a senatori repubblicani per imporgli il supporto di Matt Gaetz a procuratore generale, ossia il Ministro di Giustizia.

Le minacce delle primarie non hanno funzionato. Gaetz dopo 8 giorni di tentativi di “sedurre” i senatori, usando persino i legami del vice Presidente Eletto JD Vance, alla fine ha deciso di ritirarsi. Ha spiegato la sua azione asserendo che non voleva diventare una distrazione dagli sforzi del 47esimo presidente di formare la sua squadra di governo.

La realtà è che non aveva chance di essere confermato in parte per la sua limitatissima esperienza con la legge ma soprattutto per il polverone creato dai suoi rapporti con le donne. Gaetz era stato accusato di improprietà sessuali ed avrebbe persino avuto rapporti con una giovane di 17 anni. Era stato indagato da procuratori federali e statali ma non era stato incriminato. La Camera dei rappresentanti, però, mediante la sua commissione sull’Etica, aveva indagato ed era quasi pronta a rilasciare il suo rapporto. Il giorno prima, però, Gaetz si era dimesso, tentando di sventare il rilascio del rapporto e anche per concentrarsi sulla nomina a procuratore generale. Dopo il suo ritiro sarebbe potuto ritornare alla Camera come parlamentare poiché era stato rieletto nell’elezione del 2024 ma ha deciso di non avvalersi di questa scelta.

La nomina di Gaetz era controversa. Gaetz avrebbe agito da procuratore spaccatutto, facendo esattamente quello che Trump avrebbe voluto. Il Senato ha deciso che forse prenderà sul serio la sua responsabilità costituzionale di esaminare gli individui nominati da Trump, frenando anche se in maniera limitata, gli impulsi più esagerati che verrebbero messi in atto da individui come Gaetz.

Trump aveva già tentato di raggirare i freni che gli saranno imposti dal Senato, annunciando che i repubblicani alla Camera Alta dovrebbero permettergli le nomine durante periodi di “recess”, pause del Senato. Quando la Camera Alta è in pausa il presidente in carica può nominare membri del suo team senza conferme, dando all’incaricato due anni di servizio. Queste “recess appointments” devono essere l’eccezione da usarsi in casi di emergenza quando non ci sarebbe tempo per le conferme. Spazzare via il compito costituzionale del Senato non è dunque riuscito a Trump anche se uno dei tre candidati alla leadership della Camera Alta, Rick Scott (Florida), si era dichiarato favorevole alla richiesta del neo eletto presidente. Gli altri due candidati, John Cornyn (Texas), e John Thune (South Dakota), non avevano invece fatto chiara la loro posizione. Il voto segreto non avrà risentito dei desideri di Trump poiché Thune, l’eventuale vincitore, sembrerebbe propenso a seguire la tradizione, mantenendo il ruolo tradizionale del Senato di confermare o rifiutare le nomine del presidente. Inoltre, la senatrice indipendente dell’Alaska, Lisa Murkowski, ha annunciato che non voterà per confermare le nomine del presidente senza le consuete indagini dei candidati da parte dell’Fbi. Va ricordato che la Murkowski è stata una dei sette senatori repubblicani che nel febbraio del 2021 votarono per la condanna di Trump per avere incitato l’insurrezione al Campidoglio il 6 gennaio del 2021. Trump la fece franca perché mancarono 3 voti per raggiungere il 60% richiesto (57 per condanna, 43 contrari).

All’indomani dell’elezione presidenziale del 2024 la narrazione della vittoria di Trump è stata definita come “clamorosa”. Trump disse che aveva vinto a “valanga” e che gli americani gli avevano conferito un “mandato senza precedenti”. Forse ci ha creduto e questo potrebbe spiegare la nomina sgangherata di Gaetz. Adesso però le analisi più accurate ci dicono che la vittoria non è stata così schiacciante. Trump al momento ha vinto meno del 50% del voto popolare (49,9 percento), cifra che potrebbe scendere ancora un po’. Difatti la maggioranza degli americani non lo ha votato. Inoltre la maggioranza repubblicana al Senato di 3 seggi e quella alla Camera di 6 (altri 3 sono ancora da determinare) non gli darebbero ampi margini per la sua agenda legislativa. Da ricordare anche l’esistenza del filibuster al Senato, il requisito della maggioranza ad oltranza di 60 consensi per procedere ai voti. I democratici con 47 membri potrebbero facilmente bloccare proposte di leggi esagerate.

Alcuni analisti hanno suggerito che la nomina estremista di Gaetz mirasse solo a distrarre l’attenzione da altre nomine similmente polemiche. Quante di queste nomine verranno bloccate? Dipende dagli atteggiamenti dei senatori repubblicani. Il potere di Trump continuerà ma a lungo andare verrà ridotto dal fatto che non si potrà ricandidare a un terzo mandato. Da aggiungere anche che con le elezioni di midterm nel 2026 i democratici avrebbero buone chance di ottenere la maggioranza in una o persino ambedue le Camere. Quindi Trump avrà fretta per fare quello che può nei primi due anni. Quanta cooperazione otterrà dalla maggioranza repubblicana al Senato? La scomparsa di Gaetz ci dà almeno un segnale che la Camera Alta farà il suo dovere e Trump dovrà cominciare a controllare i suoi impulsi spropositati. Infatti, per rimpiazzare Gaetz, il neoeletto presidente ha nominato Pam Bondi, ex procuratrice della Florida, le cui chance di essere confermata sono aumentate anche se non completamente assicurate. La Commissione alla Giustizia del Senato sarà ovviamente interessata ai legami della Bondi con Trump e le sue dichiarazioni fatte alla Fox News nel 2023. La Bondi, indirizzandosi ai procuratori nominati da Joe Biden, disse che “gli investigatori verranno investigati” in una nuova amministrazione Trump. In effetti, reiterando le minacce dell’allora candidato repubblicano che i suoi nemici politici sarebbero soggetti a “vendetta” da un suo futuro procuratore generale.

Di Domenico Maceri

Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: