La vittoria schiacciante del partito panafricanista PASTEF alle elezioni legislative in Senegal conferma il mandato del presidente Bassirou Diomaye Faye e apre la strada all’attuazione delle riforme promesse.

Le elezioni legislative anticipate tenutesi in Senegal lo scorso 17 novembre hanno sancito una vittoria schiacciante per il partito di governo, la formazione panafricanista PASTEF (Patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité, ovvero Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità), confermando il mandato ottenuto nelle presidenziali di marzo dal nuovo presidente Bassirou Diomaye Faye. Con un risultato di 130 seggi conquistati sui 165 che compongono l’Assemblea Nazionale di Dakar, il partito ha ottenuto una maggioranza assoluta che rafforza il potere del governo e prepara il terreno per attuare le riforme promesse durante la campagna elettorale.

Le elezioni anticipate sono state indette dopo la decisione di sciogliere il parlamento, annunciata il 12 settembre dal nuovo presidente, ed arrivata in un clima di crescente tensione politica. Il presidente Faye, eletto con il 54% dei voti a marzo, si era trovato infatti ad affrontare un’Assemblea Nazionale dominata dall’opposizione, fedele all’ex presidente Macky Sall (2012-2024) ed accusata di bloccare le riforme chiave del governo e persino il bilancio nazionale. Durante un discorso alla nazione, Faye aveva dichiarato: “Sciolgo l’Assemblea Nazionale per chiedere al popolo sovrano i mezzi istituzionali per realizzare la trasformazione sistemica che ho promesso“.

L’opposizione, guidata, come detto, dall’ormai ex presidente Macky Sall e dalla coalizione Takku Wallu Sénégal (TWS, traducibile come “In piedi per salvare il Senegal”), ha contestato la decisione, definendola un abuso di potere e accusando Faye di pergiuro. Nonostante le critiche, il presidente ha mantenuto la sua posizione, indicendo elezioni anticipate per ridare voce al popolo e sbloccare l’impasse istituzionale.

La campagna elettorale ha avuto come protagonisti i temi economici, con particolare attenzione all’inflazione, alla disoccupazione e alla gestione delle risorse naturali. Il Senegal, ricco di risorse ittiche e potenziali giacimenti di idrocarburi, affronta infatti una crescente pressione per garantire che tali ricchezze siano utilizzate a beneficio della popolazione dopo anni di sfruttamento neocoloniale da parte delle potenze occidentali, con il benestare della classe dominante locale. Proprio questa dinamica aveva portato alla clamorosa vittoria del PASTEF in occasione delle presidenziali, nonostante il vero leader del partito, Ousmane Sonko, fosse stato arrestato, mentre lo stesso partito PASTEF era stato provvisoriamente messo fuori legge dal vecchio governo nel luglio del 2023.

Sonko è stato liberato nel marzo di quest’anno, ormai troppo tardi per candidarsi alle presidenziali, previste per il 24 dello stesso mese, dove ha ceduto il posto al suo braccio destro Faye. Dopo la vittoria di quest’ultimo, Sonko è stato nominato primo ministro il 2 aprile, presentando il suo nuovo governo appena tre giorni dopo. Sia il presidente Faye che il primo ministro Sonko hanno proposto un programma caratterizzato da un’agenda decisamente orientata verso la sinistra panafricanista, promettendo di rinegoziare i contratti sulle risorse naturali, combattere la corruzione e diversificare i partenariati economici e politici, riducendo la dipendenza dai partner internazionali occidentali, spesso accusati di sfruttamento. Tali promesse hanno incontrato un ampio consenso tra i giovani, che rappresentano la maggioranza della popolazione senegalese e che condividono un crescente senso di frustrazione verso la direzione presa dal Paese negli ultimi anni.

I risultati ufficiali, annunciati dalla commissione elettorale nazionale, hanno confermato la schiacciante vittoria del PASTEF, che, come affermato in precedenza, ha ottenuto 130 seggi. La principale coalizione d’opposizione, Takku Wallu Sénégal, quella dell’ex presidente Sall, ha conquistato solo 16 seggi, mentre Jàmm ak Njariñ (Pace e Prosperità), un raggruppamento di forze del centro-sinistra moderato, si è aggiudicata 7 seggi. Seguono la coalizione Sàmm Sa Kàddu (SSK) del sindaco di Dakar Barthélémy Dias, con tre seggi, mentre numerose formazioni locali completano l’emiciclo. Secondo gli analisti senegalesi e internazionali, questo risultato rappresenta un voto di fiducia nei confronti del governo e della sua agenda di riforme, con Faye e Sonko che ora sono legittimati a proseguire lungo la strada del cambiamento.

Dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali, Amadou Ba, rappresentante del PASTEF, ha commentato: “Questo risultato è molto importante non solo in termini di legittimità per le nuove autorità, ma anche per i nostri partner tecnici e finanziari. Dimostra che il popolo sostiene il governo e le sue ambizioni di riforma strutturale“.

Con una maggioranza parlamentare consolidata, il governo Faye-Sonko ha ora la possibilità di attuare il suo programma senza i blocchi istituzionali che hanno caratterizzato i primi sei mesi di mandato. Questo, naturalmente, non vuol dire che il nuovo governo avrà la strada spianata, visto che sia l’opposizione interna che le forze imperialiste internazionali tenteranno certamente di mettergli i bastoni fra le ruote.

Innanzitutto, l’eredità economica del precedente governo ha lasciato il Paese in una situazione finanziaria critica, con un deficit di bilancio molto più ampio di quanto inizialmente riportato. Questo ha portato alla sospensione di un programma del Fondo Monetario Internazionale da 1,9 miliardi di dollari, che il governo sta cercando di rinegoziare, al fine di ottenere condizioni più vantaggiose per la popolazione senegalese.

In secondo luogo, l’attuazione delle riforme promesse – dalla revisione dei permessi di pesca alla lotta contro la corruzione – richiederà non solo volontà politica, ma anche una gestione efficace e trasparente, oltre al sostegno della popolazione.

Ad ogni modo, in attesa di vedere i risultati concreti del nuovo corso politico senegalese, la vittoria del PASTEF segna un momento di svolta per il Paese dell’Africa occidentale, storicamente considerato come uno dei più stabili di questa macroregione, ma che negli ultimi anni ha visto crescere le tensioni politiche e sociali, come nel caso della regione separatista della Casamance. Il Senegal ha ora l’opportunità di consolidare il proprio ruolo come modello di democrazia e sviluppo in Africa occidentale, ma il successo dipenderà dalla capacità del governo di tradurre le sue promesse in realtà, mantenendo la fiducia del popolo e garantendo una gestione equa e inclusiva delle risorse del Paese.

Il caso del Senegal, inoltre, si inserisce pienamente nel dibattito sulla seconda decolonizzazione dell’Africa occidentale, un fenomeno politico, economico e culturale che ha preso slancio negli ultimi anni in risposta alle persistenti strutture di dipendenza coloniale, spesso definite come neocolonialismo. Questa seconda fase di decolonizzazione non si limita alla liberazione politica ottenuta negli anni ’60, ma punta alla conquista di una sovranità piena e reale su aspetti cruciali come le risorse naturali, l’economia e la cultura.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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