Dopo 22 anni di detenzione nella controversa prigione di GuantánamoRidah Ben Saleh al-Yazidi è stato trasferito dagli Stati Uniti alle autorità tunisine. L’uomo, oggi 59enne, non è mai stato condannato. Fu uno dei primi detenuti a essere rinchiuso nel centro di detenzione durante l’ondata di misure estreme (e sconsiderate) adottate dagli Stati Uniti e dai loro alleati dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.

La lunga ombra di Guantánamo

Guantánamo, situata all’interno della base navale statunitense sulla costa sud-orientale di Cuba, è divenuta simbolo delle violazioni dei diritti umani e delle detenzioni arbitrarie post-11 settembre.

Nei primi anni del suo funzionamento, la struttura ha ospitato fino a 680 detenuti, molti dei quali senza accuse formali. Da quando fu aperta nel 2002, ha visto passare almeno 780 prigionieri provenienti da quasi 50 paesi diversi. Di questi, nove sono morti durante la detenzione e meno di 20 sono stati ufficialmente incriminati per crimini di guerra.

Il caso di Ridah Ben Saleh al-Yazidi

Ridah Ben Saleh al-Yazidi è stato tra i primissimi detenuti inviati a Guantánamo, in seguito agli arresti di massa dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, prelevato vicino al confine tra Pakistan e Afghanistan.

Oggi 59enne, al-Yazidi non ha mai avuto un processo e non è mai stato ufficialmente accusato o condannato per terrorismo. Il suo trasferimento era stato approvato già una decina di anni fa senza però aver mai avuto luogo per motivi controversi.

Dopo oltre due decenni, è stato consegnato al suo paese natale, la Tunisia, come parte di una serie di trasferimenti effettuati negli ultimi mesi del 2024.

Nel dicembre 2024, almeno una dozzina di prigionieri sono stati liberati o trasferiti. Questo avviene in linea con la promessa del presidente Joe Biden, simile a quella fatta anni prima dal presidente Barack Obama, di chiudere definitivamente la struttura. Tuttavia, la chiusura completa di Guantánamo resta un obiettivo sfuggente.

Ad oggi, 26 detenuti rimangono nella prigione. Circa la metà di loro è in attesa di trasferimento in altri paesi. Nove detenuti sono stati accusati o condannati per crimini di guerra, mentre tre continuano a essere trattenuti indefinitamente senza accuse formali o prospettive di liberazione.

Guantánamo resta uno dei più potenti simboli delle contraddizioni nella lotta al terrorismo. La detenzione di individui senza accuse formali e l’uso di pratiche come la tortura hanno suscitato aspre critiche da parte di organizzazioni internazionali per i diritti umani e della comunità globale.

Nonostante le dichiarazioni e gli sforzi per ridurne l’importanza, la struttura continua a rappresentare una macchia sull’immagine internazionale degli Stati Uniti, sempre pronti a condannare invece i metodi ‘antidemocratici’ degli Stati fuori dalle loro sfera d’influenza

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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