Pochi giorni fa un operaio è caduto da un ponteggio senza protezioni di sicurezza, il datore di lavoro prima di portalo in ospedale gli ha fatto cambiare gli abiti e lo ha minacciato dicendogli: licenziati e stai zitto’.

Nel giugno di un anno fa un lavoratore indiano irregolare, Satnam Singh così si chiamava, a seguito di un incidente sul lavoro non è stato portato al Pronto soccorso, come chiedevano i suoi compagni, ma è stato abbandonato davanti alla sua abitazione, dove è morto dissanguato. Il datore di lavoro, se così possiamo chiamarlo, non ha neanche tentato di salvarlo, si è solo preoccupato della sua azienda e della perdita di profitto che avrebbe avuto.

Ogni giorno nel nostro Paese tre lavoratori si recano al lavoro, ma, vittime di un incidente, non fanno ritorno alle loro abitazioni. Le leggi ci sono ma non bastano. Cosa non funziona?

Una delle motivazioni è il cosiddetto contratto in subappalto. Le commesse più importanti, quelle milionarie per intenderci, di solito sono aggiudicate a grandi imprese, spesso multinazionali, ma i lavori sono eseguiti in subappalto da aziende di piccole dimensioni che a volte sono a conduzione familiare. Queste ultime per evitare perdite o per non ridurre il limitato guadagno tagliano i costi sulla sicurezza aumentando invidiabilmente i rischi di infortunio per i quali sono le sole ad essere responsabili.

Votando Si al referendum dell’8 e 9 giugno le imprese che hanno vinto l’appalto rimarranno responsabili in solido con le subappaltanti. Dovranno cioè farsi carico della sicurezza e non limitarsi a delegarlo alle aziende più piccole.

Maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro, meno precarietà, salari più alti e più diritti, dovrebbero motivare la maggioranza degli elettori indipendentemente dalle motivazioni politiche, sarà così? 

Ed è bene ricordare che è astensione dal voto recarsi al seggio e rifiutare le schede come ha detto inopinatamente la presidente del Consiglio. ‘Vado a votare ma non ritiro la scheda, è una delle opzioni’, ha dichiarato. Ma che senso ha andare al seggio per non votare?

Quello di Giorgia Meloni è un chiaro invito all’astensione senza dirlo apertamente, è una ‘furbata da politicante’, ma può farlo il capo del Governo? Dopo Ignazio La Russa, presidente del Senato, ora ad incitare al non voto è la leader di FdI, ma qual è il loro scopo?

Di Giovanni Pulvino (REDNEWS)

Insegno Scienze giuridiche ed economiche dal 1993. Dopo tanti anni di supplenze sono passato di ruolo nel novembre del 2015. In quel periodo il portale web di Tiscali dava agli utenti la possibilità di esprimersi tramite le ‘Socialnews’. Ed è cosi che nel luglio del 2012 ho iniziato a scrivere articoli raccontando le vicende dei precari storici della scuola. Per un anno ho collaborato anche con ComUnità del portale Unità.it. Successivamente, per integrare e proseguire quell’esperienza durata oltre 3 anni, ho creato REDNEWS (28 giugno 2015), un ‘blog di cronaca, informazioni e opinioni dal profondo Sud’. Il mio scopo era ed è quello di dare voce a chi è escluso dalla società, in particolare i disoccupati, i precari, i pensionati al minimo. Nello stesso tempo intendo esprimere il punto di vista di chi vive nel Meridione, terra che è regolarmente esclusa oltreché dal benessere economico anche dai circuiti d’informazione nazionali. La linea editoriale del blog può essere riassunta con le parole scritte nel IV secolo a.C. dal poeta e drammaturgo greco Sofocle: ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’.

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