Per questo abbozzo di analisi saranno già pronte tutte le obiezioni: non potrà essere possibile considerarle dal punto di vista scientifico, si tratta di dati disomogenei da troppi punti di vista (tipo di elezione, diverso peso delle candidature rispetto alle liste, difformità territoriali accostate casualmente: tanto per citare le prime che mi sorgono alla mente).
Pur tuttavia questo turno elettorale distillato con il contagocce ( modalità verso la quale il centrosinistra non ha praticamente opposto resistenza) ha comunque assunto un significato politico sicuramente più valido dei settimanali sondaggi restando in attesa del prossimo appuntamento novembrino con 3 regioni “pesi massimi” come Veneto, Puglia, Campania anche se la contendibilità, caso per caso tra i due schieramenti di questo provvisorio bipolarismo, appare ben delineata.
Soprattutto un dato può essere esaminato con attenzione rispetto alle 3 regioni andate al voto successivamente nelle ultime settimane: infatti Marche, Calabria e Toscana hanno fatto rimarcare, sia pure in dimensione diversa, la costanza nel calo della partecipazione al voto che continua ormai di elezione in elezione senza che nessuna forza politica e/o candidato che ne sia espressione abbia avuto la capacità di invertire la tendenza (del resto rispetto alla necessità di rinnovare profondamente i meccanismi della partecipazione politica si segnala l’articolo di Fabrizio Barca apparso oggi, 15 ottobre, sulle colonne di “Domani”).
Andando per ordine:
Nelle elezioni regionali svoltesi nelle 3 regioni in questione tra il 2020 e il 2021 erano complessivamente iscritti nelle liste 6.189.456 elettrici ed elettori, nelle successive elezioni politiche 2022 il numero era sceso a 5.474.184 per via delle iscrizioni nelle anagrafi dei residenti all’estero (iscritti nelle rispettive circoscrizioni intercontinentali) e risalito per le regionali 2025 a 6.221.118.
Il totale dei voti validi è stato del 53,40% nelle elezioni regionali 2020 e 2021 (Calabria), risalito al 61,32% per le politiche 2022 e poi sceso nettamente al 44,90% sotto la soglia psicologica del 50% in quest’ultima tornata.
Si è così ridotta la capacità di rappresentanza dei presidenti eletti: nel 2020-21 sul totale degli aventi diritto i presidenti eletti si collocavano al 26,77%, adesso ci troviamo al 24,81% (anche in questo caso al di sotto di un’altra soglia psicologica: quella del 25% con la quale storicamente una democrazia “matura” come quella USA eleggeva il Presidente). I presidenti sconfitti avevano rappresentato nelle 3 regioni in questione il 19,50% dell’elettorato nel 2020-2021 sceso al 19,09% nel 2025.
Verifichiamo allora le performance delle più importanti forze politiche misurate – appunto – di elezione in elezione sul totale degli aventi diritto (in tempi di scarsa partecipazione è questo l’unico metodo – almeno a mio giudizio – per cercare di comprendere l’effettivo “trend” elettorale).
Fratelli d’Italia: collocato al 6,48% della rappresentatività generale con le elezioni regionali 2020-2021 Fratelli d’Italia si innalza alla maggioranza relativa con le elezioni politiche 2022 quando la sua rappresentatività si impenna al 15,46%. Questa tornata di elezioni regionali lo ridimensiona al 9,38% (con un calo in tutte e 3 le regioni impegnate) dimostrando una difficoltà di espansione del consenso per il partito di maggioranza relativa che ormai, di caso in caso, perdura da molto tempo. In ogni caso è possibile che FdI mantenga la maggioranza relativa pur in una decrescita del proprio grado di consenso generale (come del resto avvenuto tra politiche 2022 ed europee 2024).
Forza Italia: si scrive erroneamente di successo conseguito da Forza Italia in questa occasione: valutazione dovuta soltanto a un fattore di tipo “agonistico” cioè dal superamento della Lega al secondo posto nella coalizione di centro-destra. In realtà Forza Italia cala dal 5,00% delle elezioni politiche 2022 al 3,80% delle regionali 2025 in diminuzione (lieve) anche rispetto alle regionali 2020-2021 dove si situava al 3,84%.
Lega: in questo caso il calo di rappresentatività complessiva è costante e riguarda ogni tipo di elezione. Fenomeno che accomuna la Lega al M5S come vedremo. Entrambi questi soggetti sembrano essere i principali alimentatori della crescita ulteriore dell’astensione. Appare evidente, infatti, che passato la stagione della volatilità elettorale estrema tra diversi soggetti politici (il PD renziano, i 5 stelle, la Lega) il mutamento d’opinione si rivolga essenzialmente all’esterno del recinto politico e cioè verso l’astensione. Altro fattore che provoca il fenomeno e che qui si accenna soltanto è quello del mancato ricambio al voto da parte delle giovani generazioni. In ogni caso la Lega è scesa dall’8,99% sul totale degli aventi diritto nelle regionali 20-21 al 4.04% delle politiche 2022 fino al 2,71% delle elezioni regionali che qui si stanno prendendo in esame.
I raffronti dell’area di Noi Moderati sono resi complessi dalla variante di alleanze che riguarda quest’area che comunque in occasione delle elezioni regionali 2025 risale all’1,06% dopo essere scesa allo 0,38% nelle politiche 2022.
Partito Democratico: se guardiamo al trend riferito alle 3 regioni in questione il PD sembra aver esaurito la spinta propulsiva che lo aveva fatto leggermente crescere (dal 13,25% al 13,47% ) tra le regionali 2020-21 e le politiche 2022. Tra Marche, Calabria e Toscana la rappresentatività generale del PD è scesa al 10,73%, due punti e mezzo in meno.
Italia Viva: anche in questo caso esiste una difficoltà di assimilazione tra i diversi livelli di presentazione dell’area di centro prima di tutto tra autonomia (come nel 2022 con l’alleanza tra IV e Azione fuori dal centro-sinistra) e internità al progetto di Campo Largo. Inoltre nel particolare dell’ultima consultazione falsa il risultato l’abbinamento Casa Riformista e Lista del Presidente in Toscana. In ogni caso a puro titolo indicativo si può far presente che nelle tre regioni indicate l’alleanza Italia Viva – Azione ebbe il 4,74% sull’intero corpo elettorale mentre Casa Riformista (e alleati) è salita al 4,82% nel 2025.
Alleanza Verdi – Sinistra: anche in questo caso la sola comparazione possibile è rappresentata da una forzatura esaminando il risultato delle politiche 2022 e quello delle 3 regioni di cui stiamo analizzando i risultati. In questo modo la situazione di AVS non può che essere giudicata stabile: 2,27% nel 2022, 2,28% nel 2025.
Movimento 5 Stelle: In questo caso valgono le considerazioni già sviluppate attorno al risultato della Lega. Scontata la difformità di esito tra elezioni locali ed elezioni legislative generali il calo del M5S in questa occasione pone per intero la questione della collocazione all’interno del perimetro del centro-sinistra e la necessità di una riflessione sull’assetto del cosiddetto “Campo Largo”. In ogni caso si è passati dal 3.35% delle elezioni regionali 20-21 al 9,65% delle politiche 2022 fino al 2.13% delle recenti consultazioni regionali. Con un dato tra politiche e regionali fortemente negativo anche in Calabria dove il Movimento è passato da 211.759 voti a 48.775 (più o meno quanto aveva conseguito nelle Regionali 2021). Probabilmente sarà il voto della Campania quello più indicativo e utile a comprendere qual’è effettivamente il trend del M5S.
Difficile se non impossibile infine delineare un quadro d’insieme delle liste di sinistra legate a Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Potere al Popolo data la geografia variabile delle alleanze e delle formule: una traccia può essere valutata riferendo dell’1,39% sul totale degli aventi diritto raccolto alle elezioni politiche 2022 dalla lista De Magistris e dell’ 1,54% ottenuto tra Marche e Toscana in questa ultima occasione (senza dimenticare l’1,03% ottenuto a livello nazionale dalla Lista Santoro nelle europee 2024. Percentuale come sempre riferita all’intero corpo elettorale).
In conclusione, mentre si conferma la minore attrattività delle elezioni regionali rispetto a quelle politiche ( nella prima occasione di prova del sistema maggioritario -1994 – le elezioni politiche portarono al voto l’86,31% dell’elettorato mentre le regionali nell’anno seguente alla prima prova con l’indicazione del candidato presidente sulla scheda soltanto il 79,30%) insiste un dato di decrescita costante nella partecipazione elettorale di elezione e in elezione trasformando la soglia del 50% quasi come una meta da raggiungere.
Ci pare un indice di fragilità del sistema che in tempo di crisi della democrazia rappresentativa (e di forti scrolloni all’impianto costituzionale, come vedremo nel prossimo referendum sulla magistratura) ci pare segnale da non trascurare, come invece appare in dichiarazioni trionfalistiche sui risultati che ci appaiono del tutto inopportune.
In ogni caso arrivederci per Veneto, Campania e Puglia: forse allora avremo un quadro ancor più chiaro dello stato di cose in atto
