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Da Sud a Nord, una scia di indagini colpisce Fratelli d’Italia: sindaci, assessori e consiglieri regionali travolti da accuse di corruzione e favori. Una scia lunghissima di scandali che rivela la fragilità morale della classe dirigente meloniana.

Fratelli d’Italia e la mappa delle inchieste che scuote il partito di Meloni

Il partito di Giorgia Meloni si trova nuovamente al centro di una scia costante di inchieste che coinvolgono amministratori, consiglieri e dirigenti locali. Le vicende giudiziarie si moltiplicano da una regione all’altra, componendo un mosaico irregolare che evidenzia crepe profonde nella gestione del potere territoriale di Fratelli d’Italia.

La geografia degli scandali – come evidenziato in un’inchiesta pubblicata dal F.Q. – si estende ormai lungo tutta la penisola, tracciando un percorso che unisce idealmente Palermo a Genova. Ogni nuova indagine aggiunge un punto oscuro alla mappa del partito, restituendo l’immagine di una forza politica cresciuta in fretta ma incapace di esercitare un vero controllo etico sulla propria classe dirigente.

Sullo sfondo, il silenzio prudente della leadership nazionale accentua la sensazione di una crisi di affidabilità che si allarga, lenta ma costante.

Dalla Sicilia al Lazio, un partito sotto indagine

L’ultimo episodio in ordine cronologico arriva da Terrasini, nel Palermitano, dove il sindaco Giosuè Maniaci è finito sotto inchiesta per presunte irregolarità in un subappalto pubblico. Ma basta allargare lo sguardo di qualche chilometro per incontrare altre vicende giudiziarie che toccano la stessa sigla. A Catania è indagato Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea regionale e considerato vicino a Ignazio La Russa: le accuse vanno dalla corruzione al peculato, dal falso alla truffa. Nella medesima indagine compare anche l’assessora regionale al Turismo, Elvira Amata, sospettata di corruzione.

A Palermo, un ex consigliere comunale, Mimmo Russo, è già a processo per una serie di reati tra cui il concorso esterno in associazione mafiosa. Il partito lo ha sospeso, ma il segnale politico resta pesante.

Spostandosi in Calabria, il consigliere regionale Giuseppe Neri si è dimesso da capogruppo dopo essere stato coinvolto in un’inchiesta per presunto scambio elettorale politico-mafioso. Anche se la richiesta di arresto è stata respinta, la vicenda ha lasciato un’ombra profonda sull’immagine del partito.

Nel Lazio, la situazione non è migliore: il consigliere regionale Enrico Tiero è agli arresti domiciliari per corruzione, e con lui è indagato anche l’assessore Fabrizio Ghera. Gli inquirenti sospettano un intreccio di tessere, voti e favori che avrebbe portato benefici personali, come l’assunzione della figlia di un consigliere in un’azienda sanitaria. A Ponza, poco più di un anno fa, l’assessore Danilo D’Amico fu colto in flagranza mentre riceveva una presunta tangente per un appalto sul verde pubblico.

Dal centro al nord, un’onda inarrestabiule

In provincia di Frosinone, l’inchiesta su Ceccano ha scoperchiato presunti legami tra amministratori locali e criminalità organizzata nella gestione dei fondi destinati ai migranti. Al centro delle indagini c’è il sindaco Roberto Caligiore, anche lui esponente di Fratelli d’Italia.

Più a nord, in Toscana, la crisi interna assume contorni quasi grotteschi: a Prato, l’ex consigliere Claudio Belgiorno è accusato di truffa ai danni dello Stato, ma la vicenda si è trasformata in un regolamento di conti interno al partito. Dopo l’inchiesta su Belgiorno, un dossier anonimo con materiale privato e scabroso su un altro dirigente locale, Tommaso Cocci, ha innescato un nuovo scandalo. Gli inquirenti sospettano che sia stato proprio Belgiorno a diffondere le informazioni, ed è ora indagato per diffamazione e revenge porn.

Infine, in Liguria, l’ex assessore genovese Sergio Gambino è coinvolto in due filoni d’indagine: il primo per corruzione, con presunti favori a imprenditori in cambio di denaro; il secondo per la diffusione di un dossier riservato contro un’avversaria politica.

La questione morale di un partito al potere

L’ampiezza e la frequenza di questi casi delineano un problema politico più che giudiziario. Non si tratta più di singoli episodi, ma di un modello gestionale che sembra essersi consolidato nelle periferie del potere meloniano. Il partito che si è presentato come baluardo di moralità e trasparenza sta ora fronteggiando una crisi d’identità che mina la sua promessa di “nuova classe dirigente”.

Nel silenzio prudente dei vertici nazionali, resta l’impressione di un partito cresciuto troppo in fretta, incapace di selezionare e vigilare sui propri rappresentanti. E così, mentre l’Italia si riempie di spilli virtuali sulle mappe delle procure, Fratelli d’Italia si trova a misurare il prezzo politico della sua stessa espansione.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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