A Cannes, in occasione del celeberrimo festival del cinema che si sta tenendo proprio in questi giorni, è andata in scena una marcia di protesta tutta al femminile. Sul red carpet del Festival, quello dove siamo abituati a vedere persone in abiti che costano una fortuna e che saranno indossati magari una sola serata, hanno sfilato decine di donne. Le più fotografate sono state l’iconica regista e sceneggiatrice franco – belga Agnes Varda, la presidentessa di giuria Cate Blanchett, l’attrice messicana Salma Hayek e le italiane Claudia Cardinale e Jasmine Trinca. Oltre a loro vi erano altre settantasette professioniste del mondo del cinema, per un totale di 82 donne sulla scalinata della Croisette. 82 come i film realizzati da donne che, nei settantuno anni di vita del Festival, sono stati selezionati per il concorso. Quelli realizzati da registi uomini, invece, sono ben 1645. Una bella differenza, non c’è che dire.
Anche questa espressione di opinione, questa sfilata di protesta, questo flash mob, se vogliamo utilizzare un termine tanto di moda oggi, va aggiunto alle altre svariate campagne che si stanno tenendo per la parità di genere. Una bolla che, dallo scoppio dello scandalo Weinstein, si è trasformata in un’onda dalla risacca lunghissima, che non sembra volersi sopire.
Le donne sembrano essersi infine stancate delle disparità e delle discriminazioni che hanno subito e continuano a subire nel corso della storia e non hanno più paura a far sentir la loro voce. Quello che, anche provocatoriamente, vorrei però aggiungere in chiusura è: come mai questo velo di Maya è stato squarciato solo ora? Come mai fino a prima dello scandalo Weinstein si tollerava e taceva su tutto? Meglio trovare il coraggio di denunciare tardi che non farlo mai, sicuramente, soprattutto se ad alzarsi è un coro e non una voce solista, ma è davvero fuori luogo sospettare che qualcuna di queste attrici e professioniste del cinema stia cercando di cavalcare l’onda per rilanciare la propria carriera? A pensar male, spesso ci si azzecca.