Juan Gelman

Francesco Cecchini


Nobiltà
La poesia è pallida e nobile.
Non cambia niente, non incurva colline, non
dà un solo frutto rosso, non
fa il rumore di chi strappa
un pezzo di pane per offrire
un pezzo di pane.
Si rannicchia in un angolo e
non si lamenta.
Vive in tutto ciò che si innalza
all’aria e dal nascere.
Non chiede nemmeno una visita.
Le basta quel che non è successo.
Juan Gelman (Buenos Aires 1930, Città del Messico 2014)

Juan Gelman, poeta, scrittore e giornalista argentino, è vissuto a lungo in esilio, in Messico, perchè impegnato nella lotta legale contro il regime di Videla, che negli anni 70, gli uccise il figlio Marcelo e la nuora. Quest’ ultima, prima di essere assassinata, aveva partorito una bambina, che fu data subito in adozione. Gelman iniziò quindi una lunga e difficile ricerca che finì nel 2000, quando il poeta riuscì a rintracciarla in Uruguay. Insieme a lei ha continuato a battersi, per il riconoscimento dei diritti dei familiari dei desaparesidos, fino alla fine. Gran parte della sua poesia trae spunto dalla vicenda biografica e politica che ha attraversato tragicamente la sua storia.

Juan Gelman mori’ a Città del Messico il 14 gennaio 2014. L’ allora presidentessa dell’ Argentina Cristhina Fernandez ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale affermando che “Gelman nella sua opera ha spiegato fortemente il suo compromesso sociale, ritraendo fedelmente la realtà del nostro paese e le ingiustizie dell’ America Latina”.
Moltissime notizie di Juan Gelman, sulla sua vita, sulle sue poesie ed i suoi scritti si possono trovare sul sito:

www.juangelman.net

Elena Poniatowska sul giornale messicano La Jornada, il 17 gennaio 2014 scrisse in memoria di Juan Gelman un semplice episodio, ma significativo del valore umano di quest’ uomo.

http://www.jornada.unam.mx/2014/01/17/cultura/a04a1cul

Juan Gelman, militante.
di Elena Poniatowska
Il 15 agosto 1994, invitati dal subcomandante Marcos, partecipammo al Primo Congresso Zapatista, a La Realidad, vicino a San Cristobal, nei monti del sud-est messicano, per il quale gli zapatisti avevano costruito, in mezzo al bosco con tronchi d’ alberi e grandi teli, una nave come quella di Fitzcarraldo, il personaggio di Werner Herzog, assolutamente straordinaria.
D’ un tratto dopo che gli invitati d’ onore, Carlos Payán, Alberto Gironella (che donò un magnifico dipinto su Zapata que sparì con il temporale), Pablo González Casanova, Luis Villoro, Rosario Ibarra de Piedra, Eraclio Zepeda, Antonio García de León, Manuel Tello, el fotógrafo Heriberto Rodríguez ed altri, salutarono da da un palco improvvisato, si scatenò un violento temporale che spazzo via le vele, cioè il tetto della grande tenda da campagna, dove si sarebbe celbrato il primo congresso zapatista. Proprio prima che cadesse il primo acquazzone, il Subcomandante ci aveva detto: “ Non diano importanza alla televisione e alla radio, non si meraviglino, non si vendano, non si abbandonino, non abbiano paura, non stiano zitti, non si siedano a riposare.”
Tutti ci bagnammo, ci infangammo e, completamente zuppi, ci rifugiammo in un’ altra tenda, più o meno improvvisata nella quale più male che bene ci sistemammo per passare la notte, allinati sulla terra bagnata. Eravamo più di 70. Altri non ebbero la stessa fortuna di un tetto e passarono la notte sotto la pioggia sotto la pioggia tra Durito,lo scarabeo ed il vecchio Antonio che si ripeteva, Ocosingo, Oventic, Altamirano, Las Margatitas La Indipendencia, Trinitaria. “ Non puoi dormire così, vai ad ammalarti”, mi disse Eugenia León, che mi prestò dei pantaloni tanto lunghi che mi impedivano di caminare. Mariana Yampolosky, che le avevano preso la macchina fotografica, non stava bene. “ Non posso vivere senza la mia macchina fotografica. Graciela Ititurbbe fotografava con una piccola che nascose nl taschino. Monsivais decreto che si era storto un ed andò a trascorrere la notte nel l’unico luogo dove aveva una branda. Andai a visitarlo: “ Ti passa presto”. Jesusa Rodriguez trovò un’amaca e offrì: “ Chi sa come dormire in un’amaca, venga qui”. Margarita Gonzáles de León, si preoccupava per la fossa settica e pr la carta del cesso. Qualcuno disse che il Subcomandante Marcos, con la sua pipa in bocca, si era affacciato ad un’apertura per veder come stavamo e questo dette coraggio a tutti. Al fisico Manuel Fernández Guati gli venne in mente di prendere una piccola chitarra ed intonare con allegria jaranas* che ci ricordavano Veracruz. Altri sfiniti come Enrique Gonzáls Rojpo, chiesro che stesse zitto e li lasciasse dormire.
La maggior parte di noi si lamentava per la sventura e si piangeva addosso, quando improvvisamente udimmo Juan Gelman: “ La smettano di lamantarsi è una vergogna ascoltarvi”. In piedi,arrabiato, una coperta sulle spalle, continuò: “ Se siamo venuti qui è per aiutare non per complicare di più le cose”. Non mi ricordo se disse altro, ma ricordo bene il tono della sua voce e la sua figura alta la metà della tenda di campagna. Tutti restammo in silenzio vergognosi. Jesusa mi ricordò: “ La dittatura militare argentina eliminò 30 mila persone e lui è un combattente”. La mattina dopo andai ad abbracciarlo e mi disse con la bontà che sempre vidi nei suoi occhi: “ Corri, vedi se puoi avere del caffè caldo, laggiù sotto gli alberi Moisés lo sta distribuendo”.
Non so se gli zapatisti sapessero bene chi fosse qull’illustre visitatore, il grande poeta che scrisse: “ Lì sta la poesia in pedi contro la morte”, era solo uno in più di quelli che ammiravano il zapatismo. Quello che, sì, ricordo è la sua rettitudine e lealtà che lo fece adare fino al Chiapas ad accompagnare “i più piccoli” per dal loro, lo sapessero o no, la protezione della sua opera classica, calorosa, sempice e, per tanto, indistruttibile.

*Elena Poniatowska si riferisce ad una storia messicana, Don Durito, lo scarabeo, ripresa dal Subcomandante Marcos. Notizie a riguardo si trovano in rete.
** Jarana, musica e danza di origine spagnola che ha trovato in America Latina varie interpretazioni. Elena Poniatowska parla di quella di Veracruz.

Juan Gelman

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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