di Robert Koehler

Questa volta “il fuoco e la furia” degli assassinii statunitensi di massa sono esplosi in chiesa. Ventisei persone sono state uccise, compresi bambini; uno di solo diciotto mesi.

Come culliamo la loro memoria? Come andiamo avanti? E’ qualcosa di superiore al controllo delle armi. Dovremmo cominciare, penso, immaginando un mondo oltre gli omicidi di massa: un mondo nel quale la rabbia e l’odio non siano armati e, davvero, dove le nostre emozioni più esplosive possano trovare sfogo molto prima di diventare letali.

Mentre leggevo della sparatoria a Sutherland Springs, Texas, e studiavo la travagliata biografia di Devin Patrick Kelley, mi sono improvvisamente trovato a disegnare un minatore intrappolato in una galleria crollata. Ecco un uomo intrappolato in sé stesso; sepolto nei suoi guai, disconnesso dalla sua propria umanità e, perciò, dall’umanità di tutti gli altri. Un uomo in uno stato simile è del tutto privato di potere.

E in questo paese la via per il ritorno al potere – per Dio sa quanta gente – parte dal possesso di un’arma.

“Gli Stati Uniti sono uno dei soli tre stati, assieme a Messico e Guatemala … (nei quali) le persone hanno il diritto intrinseco di possedere armi”, hanno segnalato recentemente Max Fisher e Josh Keller sul New York Times.

Cioè nella maggior parte degli altri paesi il possesso di un’arma, come la guida di un’auto, è un privilegio da conquistare, non un diritto umano fondamentale da cancellare per legge quando condizioni estreme lo autorizzino. E un vasto, organizzato segmento della popolazione vuole mantenere le cose così. Dopo ogni assassinio di massa la forza che si schiera in questo paese è la forza che adora il diritto di possedere armi e considera ogni tentativo del governo di limitare tale diritto come un furto della più fondamentale delle libertà, non come un mezzo per proteggere le persone. E’ come se il diritto di portare armi fosse pari al diritto di essere pienamente umani.

Immaginare un mondo senza omicidi di massa – il che significa un mondo senza guerre, condotte collettivamente o privatamente (con entrambi i tipi di guerra che generano lauti profitti per l’industria delle armi) – significa immaginare un mondo in cui le armi non sia una precondizione dell’emancipazione e il “noi contro loro” non sia la configurazione predefinita della società.

Le armi sono un sintomo di una società intossicata dalla paura. E i tentativi di approvare leggi sul controllo delle armi sono continuamente sulla difensiva politica, presi tra i tossici e chi lucra su di loro.

E così, come ha segnalato il Baltimore Sun: “Se Kelley avevano titolo ad acquistare un’arma, ce l’aveva giusto per un pelo. Tuttavia anche così è stato in grado di acquistare non un’arma qualsiasi bensì una versione civile di un fucile militare d’assalto, progettato non per la caccia o per l’autodifesa, ma per il combattimento”.

L’aviazione per lui non ha funzionato. Ha subito la corte marziale per violenze alla sua moglie di allora e per aver fratturato la testa al suo figliastro infante; ha trascorso un anno in carcere ed è finito congedato per cattiva condotta, e tuttavia è stato ancora in grado di reclamare il suo diritto di scendere in combattimento.

E rivendicando tale diritto – e diventando uno dei “cattivi con un’arma” – Kelley ha alimentato gli istinti di scontro in altri, come il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, che ha sollecitato la protezione armata delle chiese degli Stati Uniti. Parlando su Fox News, Paxton ha raccomandato guardie di sicurezza armate o “almeno armare alcuni parrocchiani in modo che possano reagire a cose come questa”.

Come hanno scritto Fisher e Keller, citando uno studio del 2015 dell’Università dell’Alabama: “Gli statunitensi costituiscono circa il 4,4 per cento della popolazione globale, ma possiedono il 42 per cento delle armi del mondo. Dal 1966 al 2012, il 31 per cento degli armati in assassinii di massa in tutto il mondo è stato statunitense”.

“Tarato sulla popolazione, solo lo Yemen ha un tasso più elevato di uccisioni di massa tra i paesi con più di dieci milioni di abitanti … Lo Yemen ha il secondo tasso più elevato di possesso di armi dopo gli Stati Uniti”.

E naturalmente il pericolo non è solo quello delle uccisioni di massa. Nel 2013, ad esempio, ci sono stati negli Stati Uniti 11.208 omicidi con l’uso di armi, 21.175 suicidi e 505 morti per spari accidentali, segnalano i due autori.

La convinzione prevalente e lo standard legale in questo paese sono che le persone hanno diritto a essere armate al fine di proteggere sé stesse, ignorando il fatto che probabilmente le cose stanno al contrario. David Robert Grimes, scrivendo molti anni fa sul The Guardiancitò quanto rilevato da uno studio dell’Università della Pennsylvania, secondo il quale le persone che portavano armi avevano 4,5 volte più possibilità di essere colpite da armi da fuoco rispetto a quelle che non le portavano e notò, con riferimento a numerosi studi:

“Anche se l’uso di armi difensive può occasionalmente aver luogo con successo, è raro e in larga misura l’eccezione e non cambia il fatto che possedere un’arma da fuoco e usarla aumenta enormemente il rischio di essere colpiti da altri”.

Segnalò anche: “Ci sono buone prove che l’atto stesso di essere in possesso di un’arma ha il disgraziato effetto di indurci a sospettare che anche gli altri ne abbiano una”.

Così, armarci sia intensifica la nostra paura, sia accresce letteralmente il nostro pericolo. Un’anima persa con scarso controllo emotivo, tanto per cominciare, è particolarmente suscettibile a tali effetti ed è, indubbiamente, l’ultima persona che dovrebbe essere armata. Ma negli Stati Uniti d’America possedere un’arma – meglio ancora un fucile d’assalto – può ben essere la scelta più allettante che ha per salvarsi.

Robert Koehler, associato a PeaceVoice, è un premiato giornalista e redattore di Chicago.      
Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-illusion-of-armed-salvation/

Originale: Robert Koehler

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy