M O M I X di Tracce

Impadronirsi dello spazio, soggiogare l’aria, Colorare l’aria, plasmarla, concretizzarla.
Creare sculture nell’aria, con le forme, la luce e le luci, quel buio saettante dei bagliori precisi di Caravaggio. La minuziosa tecnica dei movimenti che gli occhi a volte non riescono a seguire ma riterranno come una post-immagine fluttuante quando repentino tornerà il ricordo acceso dal passaggio veloce di una moto, dal ritmo incalzante del braccio di un nuotatore perso in una maratona di mare, dalla caduta morbida di un petalo che si stacca, dall’impatto sul corpo di una palla. O è un eremo aspro che satura la mente, Francesco che parla agli uccelli.
M O M I X alias Moses Pendleton.

Nulla c’è, nulla di nuovo da dire, nulla da scoprire. E’ un prestigiatore e un illusionista, sarebbe interessante assistere ai provini per nuovi danzatori. Come farà a capire chi si confa’ al nuovo progetto, come potrà allinearlo e farlo combaciare con gli altri, a cosa pensa mentre firma palline da baseball nel ridotto del teatro nell’intervallo o alla fine dello spettacolo. Sempre attento, garbato, pronto a concedersi e a concedere la sua attenzione.

E’ successo : una volta dopo aver firmato qualche centinaio fra palle da Baseball (che davano il nome allo spettacolo’, locandine, cappellini, programmi che gli tendevano mani e mani protese, serrato nel pigia pigia di una discreta selva di corpi dalla quale non si difendeva e alla quale non si sottraeva, mentre il campanello sospingeva di nuovo in sala le persone, tranquillamente tolse da un paio di mani l’ennesimo programma impedendo con energia che il corpo cui appartenevano si ritraesse senza aver raggiunto il traguardo dell’autografo. ‘ So, wait a minute ‘ ‘Just a minute. What’s your name ? Don’t hurry. You have a name, dont’t you.-
E su quel nome firmò l’ultimo autografo della serata.

Sorrise e si voltò per andarsene, ma dopo due passi girò sui tacchi disegnando un fluido movimento da danzatore “Be careful, dont’you have another bit of paper ? No? So I.” agitò le mani. “ Be careful, indicò il programma, … the paper… penn ball, the ink that’s no ink .. Fece una pausa, sorry I dont’ speak italian …yet…”
Come dimenticare quella gentilezza, così inusitata nel mondo di oggi, quella semplicità.
Questo evento che celebra, ad oggi, 37 anni di attività è di nuovo ospitato all’Olimpico in Roma restaurato dopo l’incendio di anni fa. Allora gli spettacoli furono dirottati nello storico cineteatro, ex dopolavoro dei ferrovieri, “Italia” nel quartiere Bologna. Pochissimi furono i rimborsi e i ritardatari dovettero rinunciare perché non c’erano ulteriori date causa il programma blindato della compagnia in altri luoghi.
Fu così che in Italia, si recise il cordone ombelicale fluttuante e colorato che segnò la nascita dei Momix, esattamente trentasette anni or sono al Teatro Nazionale in Milano, il 10 giugno 1980. Il padre, all’anagrafe, Moses Pendleton.
Coloro che hanno seguito i Momix, come fanciulli persi dietro le note del pifferaio incantatore sanno che all’inizio furono i Pilobulos dei quali, insieme ad altri, Moses Pendleton fu il fondatore per distaccarsene anni dopo all’inseguimento del suo personale iter. Un inquieto e allo stesso tempo assorto sognatore incantato a sua volta da Dada, da Artaud, e molti altri fra i maggiori maestri contemporanei, doveva giocoforza creare un’atmosfera che fosse solo sua e di chi di volta in volta si è prestato a condividere il suo alternarsi d’ombre, di luci, di movimenti, di fantocci. Sì, anche Moses Pendleton ha coinvolto i fantocci, robot, come egli li identifica, nell’altro da sé o in sé, in parallela visione.

Les poupées electriques di Marinetti, si immettono magari a sua insaputa per partecipare in un volteggiare di movimenti aerei, incollati ai corpi veri, una gamba più lunga dell’altra per accentuare e assecondare l’andamento immaginato e realizzarli.
Fantocci, marionette, burattini robot, l’altro da sé che molti negano con condiscendente superiorità far parte del mondo reale, del mondo adulto relegandoli al ruolo di giocattoli per l’infanzia, insieme alle maschere con totale supponenza e ignoranza. Tuttavia è proprio questo altro da sé che amalgama l’interiore con la superficie apparente.

L’uomo e i suoi simboli recita il titolo di un famoso libro di Carl Gustav Jung.

Ha concesso molte interviste Moses Pendleton, ha scritto un libro/intervista in tandem, si è divertito davanti alle solite domande, dove trovi l’ispirazione, perché Milano come inizio, come sono i tuoi stages, e i provini; ma non ha mai fissato i suoi spettacoli in un cd, dvd o altro supporto tecnologico. Tutti questi strumenti aggeggi stanno smisuratamente stretti alla sua Alchemia (dal titolo di uno dei suoi spettacoli) o alla sua Bothanica, altro spettacolo impregnato di Vivaldi.
L’ispirazione nasce da una passeggiata, da un fiore, dallo splendore di una sfera d’argento nel neroblu della notte. Come, da che cosa scaturisce un’idea? Come si trasferisce e si compone? Qualcuno all’improvviso incrocia il tuo sguardo. Un occhio strabico per vedere dritto. Ti accorgi che hai guardato senza vedere : nebbia. Il colore di un odore. Il soffritto di cipolla. Una minuscola fragola appena sfiorata da un piede in montagna, il rumore indistinto che fa la sensazione del molle schiacciato, l’urlo smorzato della fragola. I rododendri sconvolti dalla corsa del cane che li ha separati disperdendo il colore nell’aria, annegandolo nel laghetto che hanno alle spalle. Le dita che mancano la presa sulla roccia, l’onda che si sfarina ingannatrice buttandoti giù giù sempre più giù, le dita che addentano la roccia, il risucchio del moto che ti riporta in superficie.
Non lo dice espressamente Moses Pendleton ma la risata che segue il tono grave lo fa intendere. Sempre le stesse domande.
Basta con le cretinate. Da che mondo è mondo gli stages più creativi erompono da momenti in libertà, movimenti in libertà, suoni in libertà, dove i danzatori, gli attori, i coinvolti, si muovono a loro intendimento, abban-donandosi con o senza freni. Da questi momenti concessi voluti imposti nasce…quel che deve nascere.
Così Baseball con il programma sul quale via via stemperano i caratteri della pen ball, ma imprimono a fuoco il momento nel ridotto, e il rincorrersi di corpi, palle, mazze in un caleidoscopio che non vedrai mai imprigionato in un dvd ma irridente, in fuga scanzonata nell’atmosfera : vivo.

Bothanica e le quattro stagioni di Vivaldi., giallo e rosso di fiori, petali, corolle.

Alchemia e gli stregoni e i loro alambicchi.
E di nuovo torna in mente quel primo spettacolo dei Pilobulos, firmato in condivisione : l’incontro fulminante, il grande incantamento. Non gomito a gomito in un teatro dove enormi bolle volano ovunque, ma trasferiti a vortice come un trapezista appeso ai fili di quei globi, in un circo personale, unico incondivisibile, che non si ripeterà mai più. E, invece no, ci saranno altri momenti – come ha detto qualcuno, attimi così, tra virgolette. Incisioni nello spazio di 37 anni (contando i Pilobulos).
Permette, Moses? Se, come dice, ama questo pubblico italiano che ha avuto il privilegio di assistere alla nascita del primo spettacolo targato Momix in Milano, se, come dice, ama i piccoli meravigliosi borghi e le valli montane, si conceda una visita un po’ più a sud di quelli toscani, verso qualche isola magari, San Nicola, alle Tremiti, qualche minima enclave lucana, la scala dei Turchi in Sicilia.
Scusi l’intrusione, scusi la sfacciataggine, scusi tutto, ma vede ce ne sono di meravigliosi anche se non celebrati da registi e scrittori e magari chef o creatori di moda.
E voialtri che vi siete rivisitati le pulci – giusto in Sicilia – al sorgere del giorno dopo tutti vincitori, tutti perdenti , nauseantemente in molti coi carichi pendenti e qualcuno subito arrestato e chi sa che cos’altro ancora e già con il pensiero alle elezioni nazionali a un passo, cogenti, così monotone nei toni smargiassi e negli atteggiamenti comportamentali rilanciandovi a palla da cannone, pardon, missile, la corruzione, l’incostituzionalità, l’antirazzismo, il razzismo e tutti gli ismi possibili e immaginabili, prima di ricominciare, ora che disponete del consuntivo del voto-laboratorio siculo, fateci fare un breve tea time con annessa fetta di torta e lasciateci godere in pace i Momix.
A proposito al te con fetta di torta siete invitati. Magari vi date una calmata e riuscite a guardarvi in giro stupirvi che esista il ciclo delle stagioni, anche se maltrattato, fate attenzione a dove poggiate i piedi per non uccidere un fungo edibile, questo è il tempo.

Sulla seconda di copertina, appena prima del titolo di un libro perso nella memoria c’era e forse c’è ancora un pensiero: “ sul cartello è scritto, non sciupar questi fiori, ma per il vento è inutile.

Il vento non sa leggere.”

Di Tracce

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