Può essere che l’esito del voto politico in Spagna sia un segnale di controtendenza come alcuni commentatori si affrettano, un po’ troppo precipitosamente, a scrivere dalle colonne dei grandi quotidiani italiani. Può anche essere che sia insieme ciò e, al tempo stesso, un dato preoccupante che, dietro all’aumento della percentuale dei votanti, nasconde l’irrisoluta questione dell’insofferenza sociale di un continente schiacciato dalle politiche liberiste e che trova in forze di destra “moderata” come Ciudadanos e in una franchista e falangista come Vox una risposta estrema ed estremista nera nel secondo caso. Può, del resto, anche trattarsi di una “vittoria mutilata” dei socialisti: anzi, certamente anzitutto questo è. Balza agli occhi come primo dato evidente: il PSOE vince ma non ottiene la maggioranza parlamentare e per questo si accinge a proporre un “governo di minoranza” che, di volta in volta, testi in parlamento la tenuta su singoli provvedimenti. Una proposta questa sbagliata che prova ad evitare l’influenza di Unidas Podemos in un esecutivo di stampo progressista, che, quindi, prova altresì a mantenere autonomo il PSOE in un governo monocolore ma claudicante, soggetto a ricatti parlamentari molto di più rispetto ad una alleanza con Iglesias e con frange dell’indipendentismo catalano. Del resto, il PSOE, è una forza di chiara matrice socialista, seppur a vocazione europeista nell’accezione un po’ liberale del termine (attenzione: liberale, non liberista come la finta sinistra che rappresenterebbe, secondo molti, il PD italiano), ma rimane, soprattutto in questa tornata elettorale in cui la Spagna esce dal voto senza un equilibrio di maggioranza certo, l’ago della bilancia non solo tra le differenti opzioni tattiche di governo (Ciudadanos, Unidas Podemos) ma tra diverse proposte politico-programmatiche. E’ probabile che in Parlamento cerchi l’appoggio di Iglesias e della sinistra indipendentista e poi provi a sorreggersi, per determinati provvedimenti economici che vanno nella direzione della UE e della BCE, col sostegno di Ciudadanos e di settori centristi del Partito Popolare. Se la mancanza di una maggioranza di governo è un dato poco rassicurante, nonostante la vittoria socialista, un altro dato non positivo, anzi proprio inquietante è l’ingresso dei neofranchisti di Vox in Parlamento. Questo è, ad un primo sguardo dei risultati, l’elemento oggettivo più preoccupante: l’ispirazione “nera” di questa forza che vuole oltrepassare il sistema autonomistico istituito dalla Spagna post-franchista (se così la si può chiamare…) nel 1978. Di ispirazione monarchica e centralista, Vox da forza “popolare” e centrista si è spostata velocemente a destra e ha rapporti in Italia con forze neofasciste (sovraniste). Non fa mistero di volere una Spagna cristianissima, devota, con una idea di famiglia tradizionale, perfettamente aderente alla filosofia vandeana del Congresso mondiale delle famiglie svoltosi a Verona. La vittoria del PSOE, dunque, può da “mutilata” diventare meno deficitaria se si posizionerà su un asse di sinistra e se metterà mano alle riforme sociali necessarie a fare da diga alle pretese liberiste delle istituzioni economiche del Vecchio Continente. Solo così la Spagna potrà rappresentare un paese “in controtendenza” rispetto al vento di destra che aleggia su più di tre quarti d’Europa. Solo così al voto di maggio per il Parlamento di Strasburgo si potrà arrivare con una qualche compensazione nell’immaginario collettivo, per cui non ovunque i neofascisti del sovranismo riescono a prevalere grazie alla demagogia inquietante del nemico da creare sempre ovunque per garantire l’unità di patria come centro propulsore di una acquisizione di potere che sia sostenuto, ovviamente, da una borghesia imprenditoriale di grandi dimensioni negli scambi internazionali, nella costruzione del profitto privato quanto del ruolo di prima grande economia mondiale per una Unione Europea tutta fondata sul ruolo della BCE. Ecco perché il quadro istituzionale spagnolo assume una importanza notevole e la avrà ancora di più proprio nella formazione di un governo che guardi ai ceti più deboli e sfruttati come risposta al crudelismo e all’impostazione fintamente sociale delle destre tanto moderate quanto estreme. Ciò non significa che quanto avviene in Spagna possa essere considerato un qualche germoglio di rinascita della sinistra sia socialista sia comunista o di alternativa in campo europeo: altre dinamiche giocano a favore delle destre in questo ambito. Sono proprio i nazionalismi a farla da padroni e siccome si gioca una partita continentale ma su base nazionale, è molto facile per i neofascisti – sovranisti di oggi mettere in contrapposizione ogni interesse nazionale contro una Europa che, oggettivamente, è e deve essere impopolare per via dell’iperliberismo che propone come ricetta di falso benessere universale. Ma la risposta è sbagliata: non si può ad un egoismo economico sovranazionale mettere di contro tanti piccoli egoismi nazionali. Il punto da cui partire è l’unità della rivendicazione dei diritti sociali e civili. Tutto deve diventare “continentale”: dalla lotta per il salario sociale a quella per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, seguendo chiaramente le differenze che esistono da paese a paese. Se la sinistra non evolve e non si pensa come soggetto europeo, se non impone questa dimensione (per ora soltanto forma mentis), e non la fa divenire luogo privilegiato di sviluppo delle lotte dei moderni sfruttati, sarà destinata a dare risposte parziali (nazionali) a problemi più globali. Il tentativo italiano de la Sinistra deve essere inteso in questo senso: la creazione di una nuova Internazionale forse è azzardata come proposta, ma iniziare a pensarla non è un delitto e tanto meno una utopia. E’, sta diventando sempre più una rinnovata necessità nel panorama politico e, soprattutto, in quello sociale.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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