Non sarà uno di quei misteri della Repubblica che hanno attraversato i decenni del dopoguerra: si tratta di rendersi conto che una ventina di fascisti blindati dalla polizia in una Genova ancora fortemente repubblicana e antifascista sono soltanto ed esclusivamente questo: la evidente espressione di un intento provocatorio che metta in allarme (ed anche giustamente) il popolo vero, quello antifascista, esacerbando gli animi e spingendo i mezzi di comunicazione a definire chi protesta come “facinorosi”, “antagonisti” (che poi mica è un concetto negativo…).

Oggi si direbbe che questa è una “narrazione”, un racconto già visto: ed infatti segue un copione ben preciso, con attori che non recitano a soggetto ma seguendo un preciso canovaccio in una città che conserva il ricordo del G8, della macelleria messicana e della sospensione del diritto costituzionale e delle leggi nel corso del convegno dei grandi della terra con zone rosse, zone gialle e grandi arresti di massa, perquisizioni e invenzioni di prove (le molotov alla Diaz…), con torture degne delle peggiori dittature fasciste dell’America Latina nella caserma di Bolzaneto.

Sono tutti racconti già letti, quindi anche già visti. Eppure nell’epoca del sovranismo governativo, l’ordine pubblico lo si gestisce blindando la piazza dove si tiene un comizio fascista e non dichiarando, per esigenze di ordine pubblico (minima ipotesi da porsi) che quei venti personaggi potevano riunirsi tranquillamente in un hotel o in una sala privata e raccontersela fra loro: dirsi quanto sono “fascisti del terzo millennio”, quanto vogliono combattere le droghe, respingere i migranti, uscire dall’Euro e via di seguito.

Una ipotesi contemplabile sempre in un regime democratico e repubblicano, in una Genova che ha il ricordo del G8 e della repressione e delle torture di Stato. Di Stato, sì. Perché la Repubblica erano gli antifascisti che sono scesi in strada per opporsi non solo ad un comizio fascista, ma per dire che spazi di cittadinanza le formazioni neofasciste e sovraniste non ne possono e non ne devono avere.

Grazie alla democrazia, invece, i “fascisti del terzo millennio” e altri che vogliono rompere le catene dell’Unione Europea riescono a presentarsi alle elezioni, come ha del resto sempre fatto anche il MSI.

Dunque si tratta di un problema che ha una radice “storica”, che origina da ben lontano nel tempo, seppure si tratti sempre di stretta attualità perché la malapianta del fascismo come idea “rivoluzionaria” in quanto reazionaria, autoritaria e dispotica, non è mai morta del tutto e si è servita di uno Stato repubblicano che ha garantito – nel bene e nel male – diritti di espressione a tutti. Diritti che questi figuri non garantirebbero mai ai loro avversari, ai loro critici, ai loro oppositori.

Cento anni fa metteva il piede su un’Italia scossa dalla lotta di classe e dal retaggio della “vittoria mutilata” della Prima guerra mondiale proprio il fascismo di prima semina, quello che avrebbe ispirato anche movimenti prima regionalisti e poi pangermanisti come l’NSDAP e, terminato il secondo conflitto mondiale, avrebbe regalato intuizioni anche a nuove forme di autoritarismo come quello peronista.

Ciò che è accaduto a Genova ieri era pertanto l’ennesima trappola di un gruppo di provocatori. Perché venti fascisti sono solo una provocazione e sono un alibi per delle prove di forza come ai tempi della “strategia della tensione”.

Sono sempre i soliti tentativi di separare il potere dello Stato dalla rappresentanza sociale e politica della Repubblica che trova la sua espressione più concreta non nell’aderire alle tecnicità della struttura istituzionale ma semmai nel simbiotizzarsi con la vita vera della nazione, con il popolo della Costituzione, quello che ha votato NO alla controriforma oligarchica che voleva affidare al governo tutti i poteri esautorando un Parlamento dimezzandolo e facendo della Camera dei Deputati una semplice cassa di risonanza dell’esecutivo.

Noi dobbiamo riunire lo Stato alla Repubblica e viceversa, perché se già è difficile trovare “poteri buoni”, come scriveva Fabrizio De Andrè, è ancora forse più difficile mantenere “buoni” i poteri esistenti. Per poter dare allo Stato italiano una essenza di democrazia, una concreta espressione della forma repubblicana, che ha le sue ragioni fondatrici nel lavoro e nell’antifascismo, occorre sostenere una grande campagna culturale, sociale e politica che porti allo scioglimento di ogni organizzazione autoritaria, sovranista e neofascista, xenofoba e razzista.

Serve altresì che le forze antifasciste abbandonino ogni ambiguità e smettano di rincorrere chi afferma di essere difensore della memoria e dell’attualità della Resistenza e poi si produce in politiche di riforme costituzionali che sono anticostituzionali e in riforme di tutela dei ceti deboli che sono invece la più piena espressione del liberismo economico.

Le due cose vanno e devono andare di pari passo perché senza giustizia sociale, come ricordava Sandro Pertini, non può esistere una vera libertà per la Repubblica e nella Repubblica. Non può dunque vivere lo Stato in un ambiente formale e sostanziale di agibilità democratica ed esserne espressione e non può la popolazione nutrirsi di questa emanazione che proviene dalle rappresentanze istituzionali.

Se è ancora vero che il “principio democratico” uniforma ogni ambito della vita sociale, civile, morale, politica ed economica del Paese, almeno sul testo della Costituzione, almeno formalmente, deve poter ancora essere fattibile tutto ciò, quindi poter passare dalla forma alla sostanza e rovesciare tanto la tendenza autoritaristica dei sovranisti quanto la falsa democrazia dei liberisti che osano farsi chiamare, definire “sinistra” dopo i danni che hanno portato al Paese.

Fermare la repressione poliziesca che è diretta conseguenza dell’impostazione politica di governo è impossibile soltanto per chi vuole che tutti coloro che vogliono che questo presente non cambi e resti tale o involva in un regime antidemocratico.

Perché le obiezioni peggiori sono proprio quelle che dicono: “Bisogna guardare all’interesse del Paese”. Frasi che scivolano via e si dissolvono come neve al sole: vuote ambiguità che servono soltanto a coprire tutte le nefandezze compiute contro i lavoratori e gli sfruttati che tanto hanno patito in questi decenni e che continueranno a soffrire smarriti politicamente, senza meta, perché le destre non possono dare soluzioni sociali ai problemi del Paese e il PD nemmeno.

C’è la Sinistra che potrebbe farlo: ma ha bisogno di uno slancio innovativo, mantenendo fermi i suoi valori, la sua intransigente e giacobina incorruttibilità, il non scendere a patti proprio con patti di potere. Per poterla ricostruire bisogna fare chiarezza dopo il voto europeo, assumere una linea di schieramento che non lasci adito ad interpretazioni sul “chi siamo” e sul “cosa vogliamo”.

Già da ora possiamo dire che vogliamo legare la lotta per la difesa di precari, disoccupati e lavoratori alla difesa e al mantenimento dei diritti costituzionali, quindi civili di questo Paese.

Già da ora possiamo dire che la Costituzione della Repubblica rimane la bussola dell’agire nell’oggi di una Sinistra che non deve rinunciare a cambiare il presente per trasformare e capovolgere il futuro, per dare all’Italia non la repressione poliziesca e la protezione ai fascisti, ma la solidarietà sociale e ripristinare la vergogna dell’essere, dell’anche solamente definirsi “fascista” o “sovranista”.

Quando saranno nuovamente i fascisti a dover trovare un rifugio di fortuna per sopravvivere politicamente, allora sapremo che lo Stato e la Repubblica sono nuovamente una cosa sola e che la Costituzione avrà riconquistato una autorevolezza morale e civica nella popolazione grazie magari ad una politica fatta con l’onestà vera: quella intellettuale, morale e soprattutto sociale, volta alla tutela del bene comune.

MARCO SFERINI

http://www.lasinistraquotidiana.it/se-20-fascisti-riescono-a-separare-stato-e-repubblica/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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