riceviamo e pubblichiamo

di Franco Astengo

Questo intervento è dedicato a quante/i anche nelle condizioni più difficili stanno cercando di tenere alimentata la fiamma della passione politica al di fuori dai giochi di piccolo potere, mantenendo la memoria storica delle grandi tradizioni popolari e la volontà di progettare un futuro migliore.

Nessuno si azzardi a considerare “la politica” un orpello secondario, da mettere da parte in favore della vacuità di un presunto decisionismo stabilito dal peso delle lobbie e della vanità personale.

Alimentato da un diffuso senso di impotenza e dal crescere di un giudizio negativo sulle capacità di governo del Paese l’Italia rischia di rimanere travolta dalla “seconda ondata” dell’emergenza sanitaria.

Agli occhi di tutti si mostrano impietosamente le difficoltà organizzative, tecniche, economiche che già avevano afflitto il nostro Paese negli anni passati ed erano state mascherate da una rutilante propaganda che poneva di continuo in secondo piano la democrazia per affermare la vanità dell’individualismo fondato su fittizie stagioni di popolarità televisive o da social.

Nessuno o quasi avvertiva che si stava verificando uno smarrimento di valori e stava emergendo la difficoltà nel riuscire a esprimere un pensiero capace di oltrepassare l’interesse contingente e l’assenza di visione rispetto a ciò che stava accadendo nel mondo.

Ci siamo limitati a piccole dispute comprese nella classica”tempesta nel bicchier d’acqua”(come quella riguardante l’Europa), abbiamo accumulato ritardi di comprensione al riguardo dell’emergere di nuove contraddizioni che si intrecciavano a quelle “storiche” nel determinare nuovi criteri di sfruttamento della persona , del territorio, dello spazio.

Abbiamo aspettato a capire che così si stavano riportando per intero sulla scena della storia, punti di rottura che pensavamo ormai risolti soltanto perché sembrava cambiata la “dislocazione sociale.

Abbiamo rotto gli argini di una struttura istituzionale e politica che molti pensavano andasse modernizzata soltanto nel senso dell’accentrare la forza delle decisioni all’interno del potere, confondendo governo e potere, saltando a piè pari l’agire politico, quello frutto della lenta discussione di massa, considerato ormai una palla al piede, un fattore di ritardo storico.

In queste ore la questione sanitaria si intreccia con quella economica ed entrambe fanno risaltare la nostra debolezza in un complicato quadro internazionale, dove la globalizzazione nelle forme che aveva assunto nel primo decennio 2000 si è arrestata mutando di segno : la stessa lotta alla malattia planetaria sembra condotta in ordine sparso e nulla o quasi sappiamo su ciò che accade in grandi aree del mondo, dall’Africa (dove per la prima volta, proprio in Etiopia, si è insediata una presidente donna), al Sud America (dove nessuno ha notato che in Bolivia la sinistra è tornata al potere con elezioni democratiche, dopo esserne stata scacciata con un golpe più mediatico che militare).

Gli stati – continente sembra apprestarsi a nuova fase di contrapposizione frontale nel cercare il predominio assoluto sulle nuove tecnologie di comunicazione che rappresentano la nuova frontiera del potere e della ricchezza ( ricchezza che cresce soltanto a patto di lasciare indietro miliardi di donne e di uomini).

L’Italia sta correndo un pericolo grave, quello di veder travolta la democrazia nella sua forma costituzionale repubblicana.

Era questo del resto, della distruzione della struttura costituzionale, lo scopo di un Movimento che era riuscito a far della negazione della politica l’arma(provvisoriamente) vincente in un Paese dal “ventre molle”, storicamente guidato dal sovversivismo delle classi dirigenti, nel quale il fascismo aveva rappresentato una non dimenticata da molti “l’autobiografia della nazione”.

Un’azione di negazione della politica che si è oggettivamente collegata alla crescita di una destra ferocemente collocata su posizioni di stampo razzista, di negazione dei diritti collettivi, di tensione autocratica, di voglia di personalistici “pieni poteri” nel collegamento con le istanze internazionali più reazionarie e retrive.

Grandi danni sono stati compiuti alla democrazia.

Oggi i nodi sono arrivati al pettine.

Qualche mese fa la capacità di riflessione collettiva è stata coperta dalla retorica del canto dai balconi.

Oggi stringenti divergenze sociali stanno avviluppando quasi soffocandola la nostra capacità di convivenza civile e politica.

Occorre inaugurare una “nuova resistenza” per costruire un’alternativa nella democrazia, nel senso della collettività, della lotta allo sfruttamento.

Due punti di riferimento risultano basilari:

1) la conservazione della memoria di ciò che è stato il processo di Liberazione, la stesura della Costituzione, la ricostruzione del Paese dopo il disastro della guerra. Non possiamo smarrire quegli esempi, così come non possiamo perdere definitivamente il senso della limpida storia del nostro movimento operaio;

2) la riaffermazione delle forme di democrazia previste proprio dalla Costituzione.

Nella temperie più difficile che le attuali generazioni abbiano mai affrontato, ridefinire il senso dell’azione politica, la logica dell’appartenenza ideale, il senso della moralità del governo della cosa pubblica debbono costituire i punti basilari del nostro impegno.

La questione sanitaria e quella economica dipendono dalle scelte politiche e la democrazia rappresentativa rappresenta la sola salvaguardia possibile: si tratta di una ricetta classica ma assolutamente non desueta e, per restare all’Italia, non corrisponde automaticamente al governo di unità nazionale ma all’avvio di una reale dialettica posta sul piano dei contenuti storici e politici.

Esiste un grosso problema di fragilità del sistema, emergono rischi di ribellismo incontrollato frutto diretto proprio di quell’idea di sovversivismo delle classi dirigenti che aveva prodotto, di volta in volta copiosi ma effimeri frutti elettorali.

Una situazione davvero difficile che non merita l’episodicità e l’improvvisazione di scelte compiute guardando soltanto ad effimeri sondaggi, alla vanità dei singoli, ad interessi espressi soltanto attraverso la vacuità di una comunicazione ingannevole.

Di AFV

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Un pensiero su “IL SENSO DELLA NOSTRA AZIONE PER LA DEMOCRAZIA”

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