Dopo quasi un mese di proteste in Colombia, la durissima repressione del governo, i massacri polizieschi e paramilitari, mentre si sta discutendo al Senato la mozione di sfiducia contro il ministro della Difesa per le violenze della polizia, la cronaca di una giornata di mobilitazione al Portale della Resistenza
“Lei è un bugiardo, lei sta dicendo cazzate. I poliziotti sfondano le case ogni notte e sparano lacrimogeni senza che gli importi nulla della presenza di bambini, anziani o malati” dice una manifestante al segretario di governo di Bogotá, Luis Ernesto Gómez, dopo che il funzionario politico non si voluto assumere nessuna responsabilità rispetto agli abusi della polizia contro i manifestanti durante le manifestazioni del Paro Nacional.
Siamo al Portal de la Resistencia, come è stato ribattezzato dai manifestanti il Portal Américas, nella zona sud occidentale di Bogotá. Proprio in questa stazione del trasporto pubblico Transmilenio si connettono le località di Kennedy e Bosa, due tra le località della capitale con la maggiore densità abitativa e dove si trovano gran parte parte dei quartieri popolari più duramente colpiti dai processi di impoverimento nella crisi.
Durante le proteste del Paro Nacional il Portal de la Resistencia è diventato un spazio di incontro e di organizzazione. Proprio qui sono stati creati diversi processi organizzativi collettivi, tra cui lo spazio umanitario “Al calor de la olla” (al calore della pentola). Luogo di incontro, discussione, attività e azioni culturali, nel Portale della resistenza sono state organizzate le cucine comunitarie fondamentali per alimentare i manifestanti e i passanti. Inoltre in questo stesso luogo sono stati costruiti diversi spazi di attenzione medica pre-ospedaliere per soccorrere i feriti, il tutto organizzato in autogestione ed in modo pacifico e comunitario.
Tutte queste esperienze comunitarie contastano profondamente con il trattamento che la polizia e l’Esmad, la squadra antisommossa, hanno riservato alle mobilitazioni che si tengono nel Portal, non solo per la costante repressione contro le manifestazioni pacifiche ma anche perché hanno installato all’interno della stazione del trasporto pubblico Transmilenio un vero e proprio centro operativo, dove custidiscono le scorte di armamenti e portano i manifestanti arrestati, che hanno denunciato diversi episodi di tortura da parte della polizia all’interno di questa stazione.
Proprio in questo luogo simbolico della protesta si è tenuto lo scorso venerdì 21 maggio, ventitresimo giorno di manifestazioni, uno spazio di dialogo ed interlocuzione tra il segretario del governo della capitale e i manifestanti. Le principali rivendicazioni dei manifestanti riguardavano la tutela e il rispetto dello spazio umanitario, per cui la loro richiesta principale è stata il ritiro dell’Esmad e lo smantellamento del centro di operazioni che le forze di polizia hanno stabilito nel Portale. Inoltre, hanno segnalato al rappresentante del governo alcuni tra i punti principali delle rivendicazioni dello sciopero quali il reddito di base universale e la fine delle violenze repressive che hanno causato notte dopo notte tantissime persone uccise, ferite o desaparecide.
Dopo gli interventi dei manifestanti, il segretario di governo ha riconosciuto l’uso eccessivo della violenza da parte della forza pubblica, senza assumersene però le responsabilità. Allo stesso modo, non ha voluto dare spiegazioni delle azioni repressive della polizia, una questione preoccupante dato che è proprio l’autorità del distretto a dover rispondere delle azioni della polizia nella città di Bogotá. Nemmeno sul ritiro della polizia antisommossa dal rifugio umanitario è stato trovato alcun accordo. Alla fine il segretario e gli altri funzionari del Comune hanno lasciato lo spazio di dialogo, e poco dopo la polizia ha attaccato nuovamente i manifestanti che per un’altra notte hanno resistito agli attacchi delle squadre antisommossa e delle cinque camionette blindate arrivate sul posto.
Il Portal de la Resistencia è diventato in queste settimane un luogo emblematico della protesta del Paro Nacional non solo perché la polizia porta avanti costantemente brutali repressioni, come più volte denunciato grazie ai media indipendenti (due corrispondenti di Colombia Informa sono stati feriti dalla polizia), e alle organizzazioni in difesa dei diritti umani presenti ogni notte per sostenere i manifestanti, ma anche perché sono migliaia le persone che partecipano ogni giorno alle mobilitazioni, creando nuove articolazioni tra diverse modalità di protesta e di azione che nutrono con la rabbia degna, giorno dopo giorno, questo spazio umanitario gestito collettivamente.