Ho Chi Minh


Francesco Cecchini


Ho Chí Minh, Colui che Porta la Luce, il capo della rivoluzione vietnamita morì ad Ha Noi il 2 settembre 1969. Come da tradizione vietnamita, all’ età di dieci anni cambiò il nome e fu chiamato Nguyen Tat Thanh, Nguyen che sarà vittorioso. Un nome del destino, Ho Chi Minh sconfisse sia il colonialismo francese che l’ imperialismo americano. Prima di morire scrisse un testamento politico: Sopravvivano i nostri fiumi, le nostre montagne, i nostri uomini. Dopo la vittoria costruiremo il nostro paese più bello di oggi. Quali che siano le difficoltà e le privazioni, il nostro popolo vincerà sicuramente (…)La nostra patria sarà riunificata. I nostri compatrioti del Nord e del Sud saranno riuniti sotto lo stesso tetto. Il nostro paese avrà l insigne onore di essere una piccola nazione che con una eroica lotta ha vinto (…) e ha apportato un degno contributo al movimento di liberazione nazionale.
IL TESTAMENTO DI HO CHI MINH. A tutti coloro che amano il Viet Nam. “Spesso mi prende un desiderio struggente di tornare a Sai Gon, la Sai Gon del mio primo viaggio. E sogno quelle palme verdi, quelle strade affollate di cappelli a cono, quei camion militari, quei risciò, quel caldo pesante che ti addormenta, come un misterioso languore e in una ritrovata saggezza. Nella mia esistenza, Sai Gon è affondata come un coltello.” Oriana Fallaci
Ho vissuto in Viet Nam e come Oriana Fallaci l’ ho amato. Il Viet Nam è come un coltello affondato nei miei ricordi. Cho Lon è la chinatown di Sai Gon, una città nella città. Una volta era separata da un boulevard alberato, lungo sei chilometri, ora è annegata nella metropoli di Ho Chi Minh. L’ Avenue Trang Hun Dao che l’attraversa da est a ovest è un fiume affollato e rumoroso, motori e claxons, ma le stradine che la incrociano sono tranquille e non molto cambiate, scritte in ideogrammi cinesi e ghirlande. Il quartiere non è più, la ville du plaisir, il regno dell’oppio, delle sale da gioco come quella del Grand Monde, dei bordelli per marinai, la città del piacere e delle notte magiche. Ora tutto è meno attraente e diverso, comunque è sempre un quartiere indecifrabile, un labirinto. Una zona, Ban Co, che significa scacchiera, con riferimento alla scacchiera vietnamita in cui ogni quadrato è attraversato da due diagonali, è una vero e proprio labirinto. Tempo fa ho usato come guida turistica un libro comprato alla Libreria Internazionale Une ville chinoise di Gontran de Poncins, scritto nel 1958, Il libro mi è servito a conoscere cos’era Cho Lon negli anni 50. Ho comunque individuato la rue Jaccareo dove viveva Gontran de Poncins, ma l’hotel Sun-Wah non esiste più. Tản Đà, come si chiama ora la rue Jaccareo, porta sempre all’Arroyo, un canale che sfocia nel Sai Gon River. Vi sono ancorate delle barche e sanpans che scivolano nell’acqua e sono quelli disegnati da Gontran de Poncins. All’incrocio tra Tản Đà e Trấn Hưng Đạo B, rue de Marins, si trova l’ hotel Arc-en-Ciel, che conserva il nome, ma non la forma barocca. Non c’è più il dancing con ragazze che possono essere affittate per ballare e conversare. Non è l’ Arc-en-Ciel descritto da Grahm Greene in Un AmericanoTranquillo. Nell’ultimo piano c’è una terazza dalla quale oltre a bere snakewine freddo si può vedere cosa è diventata Cho Lon negli anni 90.
E’ una domenica azzurra, la prima dopo il Tet, che ho trascorso a Dalat. E’ da poco iniziato l’anno della Tigre. Quarant’anni fa i viet cong e i doi boi del nord diedero una scossa a tutta Sai Gon e la reazione americana lasciò Cho Lon piena di rovine fumanti. Dopo alcuni giorni passati in famiglia a mangiare ba chung e scambiare doni con amici ora cinesi e vietnamiti sono di nuovo tutti in strada in bici, in moto o a piedi. Le auto sono ancora poche. FrenesIa e confusione come sempre, i tre giorni di quiete del capodanno sono trascorsi. E’ quasi mezzogiorno, fa caldo, oltre trenta gradi all’ombra. Di fronte a un carretto vi sono un uomo e una donna, stranieri come me, vogliono bere acqua fresca di cocco. La venditrice, vestita da contadina del delta con cappello di paglia a cono, legato al mento con un nastro nero offre noci di cocco tagliate in cima e cannuccia infilata. Beviamo e scambiamo delle parole. Si chiamano Marc e Anne e vengono da Parigi. Mi chiedono se anch’ io sono un turista. ” E’ il quinto anno che vivo e lavoro in Viet Nam.” Rispondo. “Conosci il paese quindi. Noi siamo qui da un paio di giorni. Domani andiamo ad Ha Noi. Puoi raccontarci qualcosa del paese?” Domanda Marc. Non ho niente da fare e voglia di parlare in francese. Propongo di andare in qualche posto in centro, al Continental Hotel. Terminiamo di bere e prendiamo un taxi, un paio di cyclo sarebbero troppo lenti. Anne guarda dal finestrino colpita dalle ragazze che guidano motorini in ao dai bianchi con guanti neri fino ai gomiti. Il Continental Hotel di fronte all’Operà è uno dei monumenti della Sai Gon coloniale. Sediamo a un tavolo in un collonato di fronte al giardino interno. Sono tentato di ordinare pastis o cognac-soda, ma fa caldo e è ora di pranzo. Dal menù scegliamo cibi e birre vietnamiti.
Parliamo.
” Ho l’ incarico di scrivere 4 o 5 articoli su Sai Gon, Ha Noi, il delta, il nord, il centro per una rivista di geografia e viaggi. Questo mi permette di rimanere qui per oltre un mese.”
” Siamo seduti in hotel dove hanno vissuto molti scrittori o lo hanno frequentato. Storie vietnamite ne puoi incontrare o saranno loro a incontrarti. Un romanzo storico, per esempio. Tutto il paese ha festeggiato il quarantesimo dell’offensiva comunista del 1968.”
“Idee me ne verranno, ma dammene qualcuna anche tu.”
“Un noir storico. Subito dopo la liberazione della città, nell’aprile del 1975, furono trovati in una casa quattro boi doi del Nord Viet Nam impiccati. Venne incaricato un ufficiale viet con di indagare. Bisogerebbe pensare a un finale che sorprenda. Altra storia. L’ultimo padrone del Continental Hotel fu un franco vietnamita dal cognome corso,Francini. Dicono che Il suo direttore fosse una spia nordvietnamita.”
Rimaniamo d’ accordo di incontrarci al loro ritorno da HaNoi. Ci scambiamo i numeri di cellulare e usciamo. A casa rileggo Giai Phong Sai Gon di Terzani che racconta la liberazione della città. Per ricordare l’ atmosfera di quel tempo, i tre giorni precedenti la liberazione di Sai Gon, 30 aprile 1975, e quelli successivi. Per lavoro vado nel delta del Mekong, canali, piantagioni di caucciù, risaie e mangrovie. Fa bel tempo e ricordo una visita in pieno monsone che rovesciò fiumi di acqua grigia. Dopo una quindicina di giorni mi telefona Marc e mi dice che il giorno dopo ha prenotato una cena per quattro al ristorante La Biblioteque. Rinvio una cena d’affari e porto con me Caroline un’ amica franco-vietnamita che conosce bene la storia e la geografia del Viet-Nam. Il ristorante è una stanza con cinque tavoli. La propietaria del ristorante viene a salutare, una donna anziana, vestita di chiaro, con un grande scialle e con capelli grigi pettinati con cura. Caroline, che la conosce, racconta la storia di Madame Dai, che chiama con affetto nonna Dai. ” Il ristorante è il vecchio studio d’ avvocato della signora, che è stata una persona importante dell’ ancien regime. Apparteneva all’ alta borghesia, si laureò in diritto in Francia, fu senatrice del governo fantoccio e osservatrice alla conferenza di pace di Parigi. Dopo la liberazione di Sai Gon rischiò l’ internamento in un campo di rieducazione, ma ora tutti le vogliono bene e la chiamano con affetto nonna Dai, anche i comunisti. I figli vivono in Canada, ma lei non ha voluto lasciare il Viet Nam. E’ molto viernamita, madame Dai”. Il cibo sono piatti francesi con costosi vini fracesi. Marc ci rassicura dicendo che sta guadagnando molto bene per gli articoli per la rivista di geografia e viaggi. Dopo la cena, beviamo caffè filtrato, fumiamo e Marc parla di come ha trascorso le giornate: “Oggi ho visitato il Museo dei Crimini di Guerra. Domani vado a Cu Chi, simbolo della resistenza viet cong nel sud. Interviene Caroline: ” Il Museo tempo fa era chiamato Museo dei Crimini di Guerra Americani, poi il nome è stato cambiato per non urtare la sensiblità di turisti americani, che in molti ora stanno visitando il paese. Poi vi sono anche immagini delle guerre combattute contro francesi, cinesi e cambogiani. C’è pure una ghigliottina con la quale i francesi giustiziavano negli anni 30 i patrioti vietnamiti, Cu Chi prima del 1965 era una regione prospera di alberi da gomma, risaie, orti e altre culture. Poi sono arrivati i B-52 che hanno bombardato a tappeto e buldozer che hanno rasato a zero tutto. I viet cong ripresero a usare i tunnel scavati dal viet minh e trasormati in una vera e propria città sotterranea estesa 350 chilometri, con scuole, ospedali, cucine e depositi di armi e viveri.”
Marc continua: “Ho la trama del mio romanzo vietnamita. Ho girato in lungo e largo Hanoi in cyclo-pousse e motocicletta, una bellissima città, che conoscete meglio di me. L’ispirazione, però, mi è venuta visitando il mausoleo di Ho Chi Minh, sulla piazza Ba Dinh dove il leader del popolo vietnamita proclamò l’indipendenza. La costruzione è un cubo di marmo, progettata e costruita con l’aiuto dei sovietici. La coda dei vietnamiti ,che vengono da tutto il paese, è lunghissima. Gli stranieri hanno una corsia a parte. Si sale una scalinata di gradini in marmo nero che porta a un salone dove sotto una campana di vetro giace il corpo imbalsamato di Ho Chi Minh. Lo zio Ho, bac Ho, come lo chiamano con affetto i vietnamiti indossa un completo chiaro, ha le mani lungo i fianchi, i capelli di un bianco candido sono pettinati all’indietro. La barba e il pizzo sono ben conservati. Un tenue luce illumina le mani e il volto, magro dai lineamenti delicati. Accanto al musoleo c’è la sua piccola casa, una capanna in legno. Dentro pochi mobili e molti libri. Il 10 maggio 1969, mentre gli americani Hanoi Ho Chi Minh , scrisse un testamento dove diceva che non voleva grandi funerali per non sprecare denaro, ma voleva essere cremato e le sue ceneri sparse a nord, sud, ovest ed est. Ho Chi Minh morì tre mesi dopo, il 3 settembre. Il Partito Comunista non rispettò la sua volontà, in quanto la cremazione sarebbe stata un atto irreparabile e una grave perdita per il Viet Nam. Il suo corpo doveva sempre visibile per ricordare il Padre della patria. Da qui il mio romanzo. Due ragazzi e una ragazza francesi pensano di eseguire la volontà dello zio Ho, rubando la salma, bruciando la salma e spargendo le ceneri. Arrivano a Sai Gon e inziano progettare l’azione. Devono anche trovare dei contatti che li aiutano. Si trasferiscono ad Ha Noi per studiare i dettagli. Non è facile, anzi iniziano a convincersi che è impossibile penetrare nel mausoleo e rubare il corpo imbalsamato sia di giorno che di notte come pensavano. Di notte le spoglie di Ho Chi Minh vengono calate in un locale interrato con una temperatura a meno 40 gradi. Ma i tre ragazzi sono stati infiltrati e controllati dai servizi del governo. Per timore che combino qualcosa, che venga saputo nel paese e anche all’estero, vengono rapiti, assassinati e bruciati. Le ceneri dei tre vengono gettate nel fiume Rosso. Nel romanzo parlo anche della vita di Ho Chi Minh. Sto leggendo una sua biografia di Jean Lacouture. Nacque con il nome Nguyễn Sinh Cung nel piccolo villaggio di Hoang Tru in un paese d’acque verdi e di montagne blu, come canta una canzone vietnamita. Leggerò anche altro.” Caroline commenta così il romanzo di Marc: ” La storia dovrebbe essere ambientata nel Viet Nam di fine anni 70, inizio anni 80 quando i comunisti, che liberarono allora la Cambogia da Pol Pot, erano puri e duri e non si curavano delle opinioni degli occidentali o di cosa poteva significarel a sparizione di 3 europei. Con il doi moi tutto cambiò, iniziò più tolleranza. Fu anche riconosciuto che il testamento non fu,e non è, rispettato dal Partito. Comunque Marc la diffusione del tuo romanzo è probabile che sarà proibita, se non venduta in fotocopie nei marciapiedi del centro.” Ascolto sia Mark che Caroline e penso che ho visitato molte volte Ha Noi, anche piazza piazza Ba Ðình e visto da fuori il mausoleo sovietico,che fa a pugni con l’architettura della città, ma non ho mai voluto vedere il Portatore di Luce imbalsamato.

Il mausuleo ad Ha Noi dove giace Ho Chi Minh, si trova vicino al più grande lago della città, Ho Thay. Lago dell Ovest o Grande Lago. Questo monumento funebre, dal grigio marmo di Da Nang, è in piazza Ba Dinh dove nel settembre del 1945 Ho Chi Minh lesse la dichiarazione di indipendenza della Repubblica Democratica del Viet Nam.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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