Il nuovo governo israeliano si è presentato con una formazione talmente estremista da suscitare forti perplessità anche tra gli storici alleati dell’entità sionista, come il Partito Repubblicano degli Stati Uniti, oltre a far drizzare i capelli ai suoi oppositori.

Il 29 dicembre è ufficialmente nato il nuovo governo israeliano, il sesto sotto la guida di Benjamin Netanyahu, il più longevo primo ministro dalla fondazione dell’entità sionista. Come previsto dal patto di coalizione, a comporre il nuovo esecutivo sono il Likud, il partito dello stesso premier, ed altri cinque partiti che si attestano su posizioni più o meno estremiste: ShasEbraismo della Torah Unito (Yahadut HaTora HaMeuhedet), Partito Sionista Religioso (HaTzionut HaDatit), Potere Ebraico (Otzma Yehudit) e Noam.

Una coalizione di questo tipo sta suscitando non poche perplessità anche tra gli storici sostenitori di Israele, come i repubblicani negli Stati Uniti. Le posizioni estremiste e fondamentaliste assunte da alcuni dei partiti al governo, infatti, fanno impallidire le peggiori uscite di un Donald Trump, e questo in un contesto nel quale vige già un sistema basato sulla discriminazione etnica e religiosa. Anche tra la diaspora ebraica, in molti stanno criticando pesantemente Netanyahu e i suoi alleati, intenzionati – tra le varie cose – a modificare la Legge del Ritorno al fine di limitare la possibilità di ottenere la cittadinanza israeliana, favorendo unicamente i membri di sette ebraiche ortodosse.

Tra i membri del nuovo governo, ad esempio, figura l’inquietante Bezalel Smotrich, leader del Partito Sionista Religioso e nuovo ministro delle Finanze, accusato in passato di aver pianificato attacchi terroristici dagli stessi servizi segreti israeliani. Il nuovo ministro della Sicurezza sarà invece un altro figuro poco raccomandabile, Itamar Ben-Gvir, leader di Potere Ebraico, che in passato è stato condannato per istigazione per il suo sostegno al terrorismo ebraico, mentre ora avrà nelle sue mani la gestione della polizia nazionale. Gli accordi di rotazione dei ministri prevedono inoltre che Smotrich passi al ministero della Difesa dopo due anni, anche se la storia recente della politica israeliana lascia ipotizzare che il governo potrebbe non essere abbastanza longevo.

Secondo gli osservatori, la nuova alleanza di Netanyahu con politici come Smotrich e Ben-Gvir potrebbe far venir meno il sostegno della destra statunitense, mettendo a repentaglio i forti legami con il Partito Repubblicano che lo stesso “Bibi” aveva accuratamente rafforzato nel corso dei suoi precedenti mandati. Lo scorso 17 dicembre, un editoriale del New York Times ha definito il governo entrante come “una minaccia significativa per il futuro di Israele” a causa delle proposte estremiste dei partiti di Smotrich e Ben-Gvir, tra cui l’annessione della Cisgiordania, le restrizioni sui cittadini non ortodossi e non ebrei, la diminuzione dell’indipendenza dei tribunali, la riforma della Legge del Ritorno – che renderebbe non ammissibili enormi porzioni di ebrei della diaspora – e le misure anti-LGBTQ.

Come abbiamo scritto in un precedente articolo, anche l’opposizione all’interno della stessa Knesset – il parlamento israeliano – ha avuto commenti poco lusinghieri nei confronti del nuovo governo. Il primo ministro uscente, Yair Lapid, ha commentato con preoccupazione il ritorno al potere di Netanyahu, nonostante egli stesso si attesti su posizioni di destra. In occasione della seduta che ha sancito il passaggio di consegne tra Lapid e Netanyahu, il primo ha commentato che “con un senso di inquietudine stiamo passando il testimone al nuovo governo”. “Vi stiamo offrendo uno Stato in condizioni eccellenti con un’economia forte, maggiore sicurezza e una delle migliori posizioni internazionali di sempre; cerca di non distruggerlo”, ha aggiunto Lapid al termine del suo discorso.

Anche la stampa israeliana non ha risparmiato critiche al nuovo esecutivo guidato da “Bibi”: “I suoi alleati stanno spingendo per cambiamenti drammatici che, secondo i critici, potrebbero danneggiare i diritti umani, alienare ampie fasce della cittadinanza, aumentare il rischio di conflitto con i palestinesi e mettere Israele in rotta di collisione con alcuni dei suoi più stretti sostenitori, inclusi gli Stati Uniti e la comunità ebraica statunitense”, si legge in un editoriale del Times of Israel. Nel corso della seduta del parlamento, alcuni cittadini hanno organizzato una manifestazione di protesta per le strade di Tel Aviv al grido di “non vogliamo fascisti alla Knesset“. Altre manifestazioni di protesta sono attese nei prossimi giorni.

Secondo altri esperti, invece, il carattere radicale ed estremista del nuovo governo si limiterà piuttosto alla retorica, mentre non ci saranno cambiamenti sostanziali nella pratica politica. In effetti, gli accordi di coalizione non sono legalmente vincolanti e non sono sempre pienamente attuati. Danielle Pletka, senior fellow dell’American Enterprise Institute, ha ricordato, in un’intervista rilasciata al Times of Israel che, nell’estate del 2020, l’ultima volta che Netanyahu ha pianificato l’annessione della Cisgiordania, gli Emirati Arabi Uniti, una delle quattro parti arabe degli Accordi di Abramo, hanno minacciato di ritirarsi dagli accordi. La stessa reazione potrebbe essere attesa da parte dell’Arabia Saudita nel caso in cui il governo sionista decida di procedere all’annessione illegale dei territori riconosciuti dagli accordi internazionali come palestinesi, provocando conseguenze fortemente negative per la diplomazia israeliana, che considera il raggiungimento degli Accordi di Abramo come un grande successo.

Al contrario, Netanyahu potrebbe sfruttare il suo ritorno al potere per far approvare la tanto ambita riforma della giustizia che lo aiuterebbe a sfuggire alla condanna per corruzione e per frode nei due processi che deve affrontare, e dai quali fino ad ora si è abilmente defilato. Nel corso della sua lunga carriera politica, infatti, “Bibi” ha dimostrato di saper governare con forze politiche molto diverse tra loro, dal Partito Laburista fino all’estrema destra. Netanyahu è un uomo interessato innanzitutto al suo potere personale piuttosto che all’ideologia politica, come dimostra la sua evoluzione nel corso degli anni, e il suo obiettivo primario sarà quello di mantenere la leadership del governo e soprattutto si sfuggire alla prigione.

COMPOSIZIONE DEL GOVERNO NETANYAHU VI

Immagine tratta da Haaretz

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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