Leggendo i giornali pare che esista soltanto il comune di Roma; non è proprio così. In Italia ci sono 7.461 comuni con meno di 20.000 abitanti: sono il 93,4% di tutti i comuni italiani. E di questi, quelli molto piccoli, ossia con meno di 2.000 abitanti, sono 3.477, praticamente la metà. Un po’ più del 40% di noi italiani vive in uno di questi piccoli comuni. Dovrebbe essere qualcosa di cui occuparsi, al di là delle notizie di cronaca.
A Cencenighe Agordino, nel bellunese, quest’anno avrebbero dovuto esserci le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e del sindaco, ma i cittadini non voteranno, perché nessuno si è candidato. E lo stesso succede a Penna San Giovanni, paese delle colline maceratesi colpito dal terremoto. Il sindaco uscente del paese dolomitico, assurto per la prima volta agli onori delle cronache nazionali, ha spiegato con rammarico che nessun suo concittadino ha voluto candidarsi, perché fare il sindaco non è facile, a Cencenighe come a Roma, richiede un impegno costante e giornaliero, a Cencenighe come a Roma, e non è adeguatamente retribuito, a Cencenighe come in tutti i piccoli e piccolissimi comuni italiani. Il sindaco di Cencenighe prende 900 euro lordi al mese, quindi o lavora, non riuscendo a dedicare tutto il tempo necessario all’amministrazione del suo paese, o è ricco di suo. Oppure arrotonda in qualche altro modo non proprio commendevole, ma a Cencenighe è praticamente impossibile anche rubare.
In questi anni ci siamo giustamente indignati per i politici che si sono arricchiti grazie alla politica; anzi ci sono stati giornalisti che hanno fatto fortuna, anche economica, denunciando i politici che diventavano sempre più ricchi, e ci sono politici che hanno fatto carriera – e quindi sono diventati anche loro ricchi – tuonando contro questo malcostume. Ripensandoci, la “casta” in questi anni ha dato da mangiare a tante famiglie. E non è stato scritto un articolo – figurarsi un libro – per raccontare la quotidianità dei tanti sindaci e amministratori, migliaia visti i numeri che citavo prima, che hanno dovuto lavorare in queste difficili condizioni, che hanno comunque tirato avanti la baracca.
E comunque non è soltanto un problema di soldi, anche se i soldi sono un problema, perché un lavoro deve essere adeguatamente retribuito, sempre. Nonostante la tanta retorica spesa a favore delle autonomie – in questo paese c’è stato perfino un ministro dell’interno espresso da un partito che sosteneva il federalismo – nonostante che per tre volte sia stata proposta una riforma radicale del Titolo V della Costituzione, ossia l’insieme delle norme che regolano gli enti locali, dei comuni e di chi li amministra ci siamo sostanzialmente disinteressati.
Anzi negli ultimi dieci anni, con il pretesto della crisi, sono stati ridotti i poteri dei sindaci, le cui scelte devono districarsi in un ginepraio sempre più fitto di norme, circolari, bizantinismi burocratici. I sindaci sono diventati più deboli, li hanno fatti diventare, in maniera programmatica, più deboli, per non parlare dei consigli comunali che sono ormai simulacri di organi legislativi. Un sindaco, a Roma come a Cencenighe, ha sempre minore autonomia, può incidere sempre meno sulla vita della sua comunità, poi il sindaco di Roma viene invitato nei talk show, fa parte del circo della politica televisiva, ma quello di Cencenighe no, quando va bene prende le critiche dei suoi concittadini che non capiscono perché le tasse comunali diventano sempre più alte, perché i servizi comunali peggiorano e costano sempre di più, perché ci sono sempre meno soldi per sistemare le strade. Spesso non lo capisce neppure il sindaco perché è costretto a fare così, figurarsi gli altri.
Da quasi trent’anni ci dicono che la politica fa schifo, che i politici sono bugiardi, ladri e imbroglioni, e poi ci stupiamo che nessuno voglia fare il sindaco a Cencenighe. E infatti il sindaco di quella piccola realtà, con i suoi 900 euro lordi al mese, viene considerato “casta”, perché comunque è un politico, che per lo più ratifica scelte fatte da altri e con il rischio di prendersi una denuncia. Perché uno sano di mente dovrebbe fare il sindaco di Cencenighe?

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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