Francesco Cecchini

Il dipartimento di Nariño nel sud-ovest della Colombia, essendo la principale zona di produzione nel mondo di foglie di coca trasformate in pasta base per la cocaina, è emblematico della situazione della coca in questo paese. È un luogo oppresso da povertà storica e da anni di conflitto armato tra esercito, guerriglie e paramilitari. Nariño è fatto da villaggi che coltivano coca, da foreste di mangrovie dove vi sono i laboratori, cristalizaderos, che trasformano la pasta base in cocaina, da fiumi che la trasportano al nord della Colombia per poi raggiungere il Nord America e da un porto che collega a criminalità organizzata internazionale. Secondo le statistiche ufficiali dell’ UNODOC (United Nations Office on Drugs and Crime), nel 2015  29.755 ettari sono stati coltivati  a foglie di coca. Sette chi di cocaina possono essere estratte per ettaro, il che significa che si sarebbero prodotte nel 2015 208 tonnellate di polvere bianca. Ma la produzione è in forte crescita.  Una fonte militare di Tumaco, la capitale del Nariño, ha informato che nel 2016 350 tonnellate di cocaina hanno lasciato l’area, mentre ne sono state sequestrate 120. A livello generale, siamo poi di fronte al più alto livello di produzione della droga raggiunto da vent’anni in Colombia. L’Economist e il Guardian hanno riportato nelle scorse settimane che in Colombia le coltivazioni di coca sono aumentate del 18 per cento rispetto al 2015, con una stima di 188 mila ettari di piantagioni.

Attualmente, in questi mesi del 2017, in Nariño, il vuoto lasciato dalle FARC-EP(Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia-Ejercito Popular) , che si sono ritirate, secondo l’Accordo Definitivo di pace firmato con il governo colombiano, in zone di concentrazione, è stato occupato da paramilitari e da gruppi militari armati che fanno da intermediari tra i piccoli coltivatori e le grandi organizzazioni di traffico che trasportano la cocaina nei mercati settentrionali. Le FARC-EP da quando si installarono in molte aree del Pacifico colombiano hanno operato come un governo effettivo.

La questione è al centro del post-conflitto in Colombia, dove le economie di importanti settori rurali dipendono quasi esclusivamente dalla coltivazione della foglia di coca. In Nariño e in molti altri dipartimenti, quello limitrofo di Putumayo, per esempio.

Una delle sfide più importanti che lo Stato colombiano dovrà affrontare nei prossimi mesi sarà il tentativo di convincere decine di migliaia di contadini a rinunciare alla coltivazione di coca.

I problemi sono principalmente due.

La sicurezza. Lo stato colombiano non è ancora riuscito a subentrare alle FARC-EP ed lontano da sconfiggere militarmente i gruppi armati criminali e i paramilitari. Questa situazione di sostanziale insicurezza fa sorgere dubbi nelle FARC-EP nella consegna delle armi e nell’ELN nel cessate il fuoco bilaterale.

La riforma agraria.  La trasformazione delle piantagioni di coca rientra nella riforma agraria che deve ancora essere approvata in Parlamento e che risponde a un’esigenza di rinnovamento strutturale in un paese dove la distribuzione della terra è profondamente diseguale. L’accordo di pace firmato lo scorso novembre con le Farc prevede che i guerriglieri aiutino il governo a ridurre la coltivazione della coca. Questa lotta alle coltivazioni illegali prosegue da anni: per oltre due decenni si è tentato di eliminare le piantagioni con il lancio di sostanze tossiche, come il glisofato, dagli aerei, ma nel 2015 il governo di Bogotà ha dovuto interrompere il programma per un movimento di opposizione a favore della tutela de salute dei colombiani. Ora una nuova soluzione prevede che lo stato colombiano versi un sussidio a ciascuna famiglia che convertirà le proprie piantagioni di coca in coltivazioni di caffè, cacao o frutta. Ma anche questo piano presenta evidenti falle, perché se le grandi proprietà terriere sono più facilmente gestibili, i piccoli lavoratori indipendenti e le fasce povere e periferiche, che per anni hanno basato la propria sopravvivenza su questo tipo di produzione, sfuggono ai controlli. Non c’è sicurezza, quindi, che possa funzionare la trasformazione delle coltivazioni di coca in altre. Dipende dal governo, dalle autorità locali, ma anche dalla collaborazione con le guerriglie, FARC-EP ed ELN, quando queste saranno diventate organizzazioni politiche. Le coltivazioni di coca sono concentrate nelle zone verso il Pacifico dove la presenza delle autorità colombiane è molto meno consolidata, ma FARC-EP ed ELN, hanno avuto una presenza, un ruolo storico, un rapporto con i campesinos e possono aiutare.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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