Dove le religioni organizzate prendono spazio, i diritti delle donne arretrano. Dove l’influenza religiosa inizia, il femminismo finisce. Questo non significa che fede e spiritualità siano incompatibili con la libertà delle donne ma che le religioni organizzate, con i loro dogmi, sono il più grande ostacolo al femminismo. Il discorso di Inna Shevchenko, una delle leader di FEMEN, alla Secular Conference di Londra (23 luglio 2017).
di Inna Shevchenko
Vi ringrazio di essere qui alla Conferenza per la libertà di pensiero ed espressione, di essere riuniti in questa sala a celebrare l’apostasia e la blasfemia mentre in 39 paesi del mondo si può essere condannati al carcere o anche alla pena di morte per questo.
In un tempo e in luoghi in cui chiunque, religioso o meno, a prescindere dalla nazionalità e dall’origine, è nel mirino degli estremisti religiosi mossi dai dogmi.
In un tempo in cui per molti è più facile uccidere che accettare le differenze.
Vi ringrazio di essere riuniti qui e di difendere l’umanismo in un momento in cui nazionalisti di estrema destra, capitalizzando la paura e la minaccia terroristica, diffondono sempre più odio e discriminazioni contro le minoranze, specialmente musulmane. Vi ringrazio perché cercate di tenere porte e menti aperte mentre gli xenofobi puntano a chiudere porte e a costruire muri tra noi.
In un tempo in cui coloro che si supponeva fossero i nostri alleati ci voltano le spalle, come la sinistra retrograda, e lasciano le critiche dell’estremismo religioso agli xenofobi e in cui, con mia profonda tristezza e ribellione, qualcuna appoggia sistemi di valori creati contro le donne con il cosiddetto femminismo religioso. Vi ringrazio perché non avete rinunciato alla ragione e perché avete fatto sentire la vostra voce in difesa dell’umanismo.
In un tempo in cui gli strumenti dell’oppressione religiosa e la violenza sono difesi in nome della cultura, della tradizione e, con particolare cinismo, in nome della libertà e della libera scelta.
In un tempo in cui le società progressiste si arrendono di fronte alle lobby religiose e sacrificano sull’altare della correttezza politica e religiosa i diritti umani (e troppo spesso si tratta di diritti delle donne), vi ringrazio di rappresentare una forte opposizione a costoro.
In tempi come questi, vi sono grata per aver permesso che mi unissi a voi in questo sacro luogo per celebrare la libertà di coscienza: sarà un grande piacere bruciare all’inferno con tutti voi!
Sono qui per celebrare i diritti delle donne, la loro creatività, la loro forza, la loro solidarietà e per denunciare l’ostacolo più grande per il femminismo: le religioni organizzate. Se facessimo un giro del mondo scopriremmo, come ha detto la suffraggetta Elizabeth Cady Stanton, che ogni forma di religione esistita su questa terra ha degradato le donne. Osservo questo tragico panorama ogni giorno. Ogni giorno, le parole pronunciate in Vaticano, alla Mecca, a Gerusalemme, nelle chiese, nello moschee e nelle sinagoghe di tutto il mondo, mettono l’accento sull’inferiorità delle donne. Ogni giorno un nuovo titolo di giornale ci informa della violenza commessa contro le donne, perché indossano una gonna in Arabia Saudita, perché si tolgono l’hijab in Iran, perché vanno a scuola in Pakistan, abortiscono in Polonia, chiedono il divorzio in Israele, perché si convertono o semplicemente perché si innamorano di qualcuno…
La cultura patriarcale ha sviluppato molti strumenti di distruzione di massa contro le donne, io sostengo che le religioni sono lo strumento patriarcale di maggior successo mai ideato. Le religioni fanno una guerra senza pietà sul corpo delle donne imponendo leggi patriarcali, desideri, la loro definizione di chi siamo, di quale sia la nostra missione, il nostro potenziale, ciò che possiamo dire, leggere, come vestire e chi ci è concesso amare.
Come si chiedeva, interrogando Dio nel quale fermamente credeva, la prima donna di lettere, Christine de Pizan, in The Book Of The City Of Ladies (scritto nel XIV secolo), perché metterla in questo corpo di donna? Perché questo corpo è così cattivo e sporco?
Ora… a dispetto dei desideri dei miei genitori, non sono diventata una dottoressa, ciononostante recentemente ho studiato approfonditamente anatomia e ho svolto lavoro di tipo medico. Insieme alla compagna Pauline Hillier, giovane scrittrice, abbiamo pubblicato in Francia un libro sull’anatomia dell’oppressione delle donne da parte delle tre religioni monoteiste e delle loro istituzioni. Nel nostro Anatomie de l’oppression, mostriamo come le religioni opprimono le donne attraverso i loro corpi, penetrando ogni parte di esso, ogni organo, con idee, regole e pretese patriarcali.
Controllano dove i nostri piedi camminano, separandoci nelle scuole e nei luoghi di culto. Creando “zone vietate alle donne” come il monte Athos e la relativa comunità ortodossa in Grecia o la moschea Haji Ali Dargah. Tentano di strapparci la nostra libertà di movimento, facendoci uscire solo con un uomo di guardia, come in Arabia Saudita, o vietandoci di guidare.
Le istituzioni religiose fanno la guerra alle nostre vagine da secoli. Con il culto della verginità e della maternità negano la sessualità delle donne, e talvolta arrivano a tagliare fanaticamente clitoridi, storpiando 200 milioni di donne e ragazze nel mondo.
Vogliono controllare il nostro addome, visto che solo in 58 paesi è possibile l’aborto su richiesta. Come risultato, si stima che 78 mila donne muoiano ogni anno per aborti non sicuri o autoprocurati.
Continuiamo a passare allo scanner il nostro corpo e soffermiamoci sul seno. Questa parte del corpo delle donne è oggetto sia di ipersessualizzazione che di riserbo da parte delle istituzioni patriarcali. Le istituzioni religiose, con il loro dress-code modesto, sottolineano di coprire il seno con un vestito largo dato che lo considerano come una parte iper-sessuale del corpo che deve essere pudicamente nascosta e ricordata solo per l’allattamento al seno delle nuove generazioni.
Come forse sapete, con le mie compagne di FEMEN, abbiamo trasformato i nostri seni in uno strumento politico, in un manifesto politico con diversi slogan. Diciamo che i nostri corpi possono essere sessuali, quando lo vogliamo, ma anche politici, quando lo vogliamo. Allattiamo, è vero, ma per ora allattiamo la nostra rivoluzione delle donne.
Ora vorrei attirare la vostra attenzione sul prossimo organo, il nostro cuore. Guardiamo ad esso in un modo metaforico e scopriamo che le istituzioni religiose ignorano, negano e si impadroniscono del diritto ai nostri sentimenti, come vediamo dai 26 milioni di matrimoni combinati nel mondo, e dai milioni di ragazzine costrette ogni anno a diventare spose-bambine. Le donne nell’ebraismo e nell’islam lottano per il diritto al divorzio e molte muoiono o sperimentano la violenza a causa di adulterio o per delitti d’onore. Le religioni sono il più delle volte nemiche dei diritti LGBT.
Guardate le mie mani, queste mani di donna che molte tradizioni religiose proibiscono di stringere, per dimostrare che le donne non possono contare sull’amicizia degli uomini in quanto, secondo i dogmi religiosi, non siamo uguali. Queste mani sono private dell’accesso agli strumenti di potere e ricchezza.
E infine le nostre teste, i templi della nostra personalità, delle nostre emozioni, dei nostri sogni, pensieri, idee e della nostra ribellione, sono l’obiettivo dei loro costanti attacchi, perpetrati attraverso regole oppressive. Il loro feticismo circa i nostri capelli porta a leggi che impongono l’hijab costringendo le donne in molti paesi del mondo, indipendentemente dalla loro scelta e dalla loro religione, a coprirsi.
Le istituzioni religiose prendono di mira le nostre scuole penetrandovi con i loro dogmi. Mirano alla nostra educazione sapendo che è questa che ci rende inadatte a essere schiave. Sui 775 milioni di analfabeti nel mondo, circa 500 milioni sono donne. I fanatici religiosi vogliono impedire che le ragazze ricevano un’educazione e a questo scopo conducono una vera e propria guerra con spargimenti di sangue commessi da gruppi come i talebani e Boko Haram.
Le religioni organizzate sono mafia, i loro business distruggono le donne e i loro sogni.
E infine, la nostra libertà di pensiero e di espressione è costantemente e pesantemente sotto attacco. Mentre qualcuno, anche all’interno di questa sala, potrebbe non essere d’accordo con qualche mia affermazione, tutti siamo d’accordo che le religioni sono di ostacolo alla libertà di coscienza ed espressione ovunque nel mondo. La libertà di parola è l’elemento che definisce la nostra natura umana, il cuore dei diritti umani, il fondamento della libertà.
Quando sopprimiamo o trascuriamo la libertà di parola, riduciamo la libertà, mettiamo in questioni i diritti umani e infine neghiamo la nostra stessa natura umana. Io stessa, in quanto attivista arrestata in molti paesi, rapita e torturata in Bielorussia, picchiata e costretta all’esilio dall’Ucraina per aver espresso la mia opinione politica, che si dava il caso fosse un’opinione impopolare in questi paesi, sopravvissuta, come altre persone in questa sala, ad un attacco terroristico a Copenaghen durante un mio discorso, definisco la libertà di espressione come la libertà fondamentale tra tutti i diritti umani. John Milton lo ha detto bene in Areopagitica: “Più di ogni altra libertà, dammi la libertà di conoscere, di proferire parola, di argomentare liberamente in accordo con la coscienza”. Io definisco la libertà di espressione come il più importante tra i diritti perché è garanzia di molti altri diritti fondamentali.
Un discorso che mette in questione le idee religiose è spesso non accettato come espressione della libertà di parola con il pretesto che potrebbe essere offensivo per qualcuno. Io sono convinta che la blasfemia sia la vera celebrazione della libertà di parola dato che le religioni sono solo idee come le altre che possiamo criticare, anche se riconosciamo la loro importanza per molti credenti. Non esiste il diritto a non essere offeso, ma esiste il fondamentale incondizionato diritto di libera espressione per tutti. Alcuni in quanto credenti possono essere offesi da discorsi blasfemi, gli omofobi possono essere offesi da discorsi che riconoscono i diritti LGBT e persone sessiste possono essere offese da discorsi circa l’uguaglianza di genere. Io stessa, in quanto donna, in quanto attivista femminista, mi sento regolarmente offesa da sessismo e misoginia. I miei sentimenti offesi però non saranno e non dovrebbero essere la ragione alla base di una restrizione nei confronti dei discorsi di qualcuno. Perché, come diceva Rosa Luxemburg, la libertà di parola è priva di senso se non significa libertà per chi la pensa diversamente.
L’idea di sentimenti offesi dai discorsi di qualcuno non è solo egoistica ma anche pericolosa perché crea limiti all’intrinsecamente illimitato diritto alla libertà di parola. Se credete nella libertà di parola senza offesa, non credete nella libertà di parola.
La libertà di parola garantisce anche l’esistenza delle nostre diverse personalità che è necessaria per la costante evoluzione della società nel suo insieme.
Le religioni ritraggono la donna silenziosa come un modello. Non vogliono che le nostre personalità si manifestino. Quando un uomo fa sentire forte la propria voce è accolto come un prode, un uomo forte e libero, una donna che faccia lo stesso è attaccata e umiliata perché isterica e indegna. Io sono una di esse, in quanto a causa delle azioni messe in atto con FEMEN, per i testi scritti e le parole pronunciate, siamo state tacciate di isterismo da alcuni e di aggressività da altri, siamo state aggredite e imprigionate. Ma costoro si sentono attaccati non perché vedono i nostri seni né perché scendiamo in strada con corone di fiori sulle nostre teste ma perché facciamo parlare ogni parte del nostro corpo. Dal momento che dalle donne ci si aspetta il silenzio, noi andiamo nelle piazze principali in giro per il mondo, assaltiamo i luoghi del potere maschile, facciamo irruzione sui loro palcoscenici e presso i loro altari per parlare: adesso parlano i nostri corpi, non celati dietro la loro globale pretesa di silenzio.
Sono qui, signore e signori, per ricordare il contributo delle religioni organizzate all’oppressione delle donne e per denunciarle come il maggiore ostacolo per il femminismo (che mira all’incondizionata uguaglianza tra uomini e donne). Credo, sostengo che le religioni e il femminismo siano incompatibili. Dove le religioni organizzate prendono spazio, i diritti delle donne arretrano. Dove l’influenza religiosa inizia, il femminismo finisce. Questo non significa dire che fede e spiritualità sono incompatibili con la libertà delle donne e il femminismo. Una persona può essere credente e femminista, ma il femminismo non può essere religioso. Non è possibile reclamare i diritti e le libertà delle donne guardando ad essi attraverso sessisti dogmi religiosi e accettando le regole delle istituzioni religiose.
Il femminismo pretende che le donne possano decidere sul proprio corpo, i testi e le istituzioni religiose rivendicano la proprietà degli uomini sul corpo delle donne. Il femminismo combatte affinché le donne siano ascoltate, le religioni vogliono il nostro silenzio e la nostra obbedienza. Il femminismo mette in mostra la forza delle donne, le religioni enfatizzano la modestia e la passività. Le religioni patriarcali non hanno spazio nel femminismo e dunque il femminismo religioso tradisce la lotta globale per i diritti delle donne. Adottando il linguaggio dei diritti delle donne in un contesto di oppressive regole religiose imposte alle donne, non si dimostra solo disonestà intellettuale ma si mettono in pericolo milioni di donne che rifiutano queste regole loro imposte ogni giorno.
Credo e difendo fermamente la libertà di scelta per tutti, credo che ognuno abbia la libertà di scegliere idee conservatrici o tradizioni sessiste, ma non di travestirle da simboli di progresso e femminismo. Non siate ipocriti! Sento spesso le voci di queste femministe musulmane che invitano a ignorare le mie parole perché, dicono, io sono una femminista “bianca privilegiata”, persino neocolonialista. Approfitto di questa occasione per rispondere. Se pensate che venire da un paese con un elevatissimo livello di povertà, una società sessista con uno dei più alti livelli di sfruttamento sessuale delle donne sia un privilegio state cadendo in errore, ma soprattutto io non credo che per parlare in difesa dei diritti delle donne e delle libertà universali sia necessario avere un certo colore di pelle o venire da una determinata cultura. Essere una donna è sufficiente.
Non c’è posto per le religioni nel femminismo. Tuttavia quando il femminismo combatte per il suo posto all’interno delle comunità religiose allo scopo di riformare i dogmi, la società ha una grande opportunità per cambiare. Rendo dunque onore al lavoro di queste tante donne e questi tanti uomini impegnati nelle loro comunità religiose in giro per il mondo per riformare e cambiare le discriminanti idee religiose sulle donne con onestà circa la loro fede e le loro istituzioni religiose.
Signore, sorelle, compagne le mie parole finali sono per voi. Non rimanete in silenzio! Il silenzio è una condanna a morte per le nostre personalità e i nostri sogni. Parlate liberamente, esprimete voi stesse senza chiedere il permesso a nessuno. Esercitando la nostra libertà di parola, ci appropriamo del potere di respingere le ingiustizie del passato, di cambiare lo status quo, di scoprire le nostre nuove possibilità di creare un futuro libero e giusto per tutti.
È tempo di rispondere alle fantasie delle religioni patriarcali con la realtà: è tempo di dire forte e chiaro che non vediamo noi stesse come schiave sottomesse, inferiori e colpevoli, al contrario vediamo donne orgogliose, capaci, libere e impegnate nella difesa degli altri. Possiamo indossare un abito lungo il lunedì e pantaloncini il martedì, possiamo leggere, cantare, ridere e parlare ad alta voce.
Io sostengo che possiamo con successo opporci al patriarcato globale opponendoci ai suoi più efficaci strumenti: le religioni organizzate. Non la vostra fede, non la vostra spiritualità ma i loro dogmi, le loro regole, le loro tradizioni create per mantenere il potere su di noi. Siamo ribelli piuttosto che schiave!
La mia non è una dichiarazione di guerra, al contrario io esorto a porre fine allo storico conflitto tra donne e religioni. Invito tutti, liberi pensatori, laici, credenti, cittadini di tutto il mondo a porre fine alla guerra contro le donne. È tempo di parlare dei crimini delle religioni organizzate, è tempo di sapere non di credere. Invito tutti, con tutte le nostre differenze, ad unirsi a questa battaglia, perché la libertà non è mai concessa, è sempre conquistata.
Attendo con ansia il giorno in cui imam, rabbini, preti, fanatici religiosi, sessisti e misogini nutriti dai dogmi monoteisti si inginocchieranno non per pregare ma per chiedere perdono alle donne di tutto il mondo. Solo allora potranno essere orgogliosi dei loro dèi.
http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/le-religioni-sono-compatibili-col-femminismo/