Francesco Cecchini

Sono persuaso che tutta la gente che sorge a profittare della guerra e aiuta a provocarla dovrebbe essere fucilata il giorno stesso che incominciano a farlo da rappresentanti accreditati dei leali cittadini che la combatteranno. L’autore di questo libro sarebbe molto lieto di incaricarsi di questa fucilazione…                                                                    Ernest Hemingway. Prefazione di Addio alle Armi.

Il Museo Hemingway e della Grande Guerra è stato inaugurato a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza nell’ ottobre 2014, centenario dell’inizio del Grande Massacro. Bassano del Grappa fu zona di confine durante il primo conflitto mondiale, quando i continui tentativi austro-ungarici erano intensi al fine di conquistare la pianura veneta. Poco lontano dal noto ponte di legno di Palladio, sulla riva del fiume Brenta, sorge Villa Ca’ Erizzo, che è stata costruita nel Quattrocento e arricchita nei secoli di abbellimenti interni ed esterni. Nel 1918 la villa fu residenza della Sezione Uno delle ambulanze della Croce Rossa Americana. Ernest Hemingway era un volontario autista e proprio da Ca’ Erizzo.                                                                                Nella sala d’ingresso del museo vi sono i   romanzi di Hemingway ispirati dalle guerre: “Addio alle armi” e “Di là dal fiume e tra gli alberi”. Poi vi sono in altre stanze le 24 tappe salienti della guerra 15-18, dalle cause che l’hanno scatenata ad altre, compresa Caporetto.                                                                    Hemingway descrive nel romanzo Addio alle armi delle fucilazioni vicino al ponte di Pradamano sul torrente Torre. Lo scrittore venne a conoscenza di queste da una crocerossina inglese, Agnes Colloway, che incontrò in un ospedale a Vicenza dove fu ricoverato per una ferita presa al fronte. L’ infermiera lavorò in Friuli in un Ospedale della Croce Rossa inglese. Il racconto di Agnes venne raccontato in Addio alle Armi. Renato Guttuso dipinse un giudizio sommario di carabinieri ad un ufficiale che poi venne giustiziato in una delle otto illustrazioni del libro pubblicato da Mondadori del 1946, tradotto da Dante Isella, Puccio Rosso e Giansiro Ferrata. “Due carabinieri condussero il tenente colonello verso la riva del fiume. Camminava nella pioggia vecchio, a capo scoperto con un carabiniere per parte. Non vidi la fucilazione, ma udii gli spari. Stavano fucilando un’altro. Anche questo ufficiale si era allontanato dalle sue truppe. Non gli permisero di dare una spiegazione. Quando lessero la sentenza sul notes, pianse e quando lo fucilarono stavano interrogandone un’altro.” La descrizione di queste esecuzioni è immediatamente dopo Caporetto, ma nel mese di maggio, prima di Caporetto erano stati fucilati 111 ufficiali e soldati, l’informazione proviene dallo stesso generale Cadorna, senza tener conto di fucilazioni immediate senza alcun giudizio, seppur sommario. Il 16 luglio dopo una sedizione di alcuni reparti prima di essere spediti al fronte erano stati fucilati 28 soldati e così via. Il generale Albricci dichiarò: “Le fucilazioni sono tra le più dolorose necessità che accompagnano inevitabilmente una guerra.” Alla fine il bilancio, non definito, sarà ben oltre il migliaio.                                                                            Addio alle armi è un romanzo d’ amore e di guerra, ma anche contro una guerra che solo crea morti ammazzati. È un romanzo per la vita contro la guerra. Lo scrittore descrive scenari bellici con grande capacità di raccontare paesaggi e sentimenti ed evidenzia la sua idea antimilitarista e contraria alla guerra, vista come qualcosa di stupido e totalmente inutile. Il protagonista Frederic Henry è un americano che viene volontariamente sul fronte italiano, guidato da principi idealistici e patriottici, ma durante il conflitto conoscerà la fame, le perdite e la morte.

In collaborazione con il museo della Battaglia di Vittorio Veneto il Museo Hemigway organizza una mostra “La vita in trincea nella Grande Guerra”, aperta fino al 2 aprile 2018 che racconta la vita quotidiana in trincea, il cibo, le cure, il tempo libero, etc.,etc.. In trincea venivano violentate le giovani vite dei soldati che combattevano una guerra di posizione. La mostra è un’occasione per riflettere sull’assurda crudeltà del Grande Massacro 15-18.

Il link con l’appello per riabilitare i fucilati e decimati durante il Grande Massacro 15-18 è il seguente:

https://www.ancorafischiailvento.org/2017/11/04/riabilitazione-dei-fucilati-decimati-del-grande-massacro-15-18

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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