Gli effetti radioattivi della tripla fusione presso la centrale elettrica nucleare di Fukushima Daiichi si avvertono in tutto il mondo; sia nella vita marina sia in quella umana si cumulano nel tempo. L’impatto sta ora operando alacremente solo per mostrare il suo vero volto in qualche data imprevedibile del futuro. E’ così che funzionano le radiazioni, lente ma certamente distruttive, il che serve a identificarne i rischi, cioè che una singola fusione nucleare ha l’impatto, nel corso di decenni, di mille normali incidenti industriali, e forse di più.

Sono trascorsi sei anni da quando si sono verificate le tre fusioni nucleari al cento per cento a Fukushima Daiichi l’11 marzo 2011, oggi chiamato “311”. Col tempo è facile per il mondo in generale scordarsi delle gravi implicazioni del disastro industriale più vasto del mondo sinora; ‘lontan dagli occhi lontan dal cuore’ funziona così.

Secondo stime del governo giapponese e della TEPCO (Compagnia Elettrica di Tokyo) lo smantellamento è un lavoro in corso di decenni, molto probabilmente di quattro decenni a un costo di sino a 21 trilioni di yen (189 miliardi di dollari). Tuttavia questa è la parte semplice della comprensione della storia del disastro nucleare di Fukushima. La parte difficile e dolorosa è in larga misura celata al pubblico mediante una dura legge nazionale, fortemente restrittiva, sulla segretezza (Legge sulla Protezione di Segreti Specificamente Individuati, Legge N. 108/2013), fiumi di pressioni politiche e paura di rivelare la verità riguardo ai pericoli intrinseci delle fusioni di reattori nucleari. Potenti interessi di parte vogliono che tutto sia celato.

Dopo l’approvazione della legge governativa del 2013 sulla segretezza, che afferma che i dipendenti pubblici o altri che “rivelano segreti” rischieranno fino a 10 anni di carcere e quelli che “istigano rivelazioni”, in particolare i giornalisti, saranno sottoposti a una carcerazione sino a cinque anni, il Giappone è finito dopo Serbia e Botswana nell’Indice 2014 della Libertà di Stampa di Reporter Senza Frontiere. La legge sulla segretezza, aspramente criticata dalla Federazione Giapponese degli Avvocati, è un atto vergognoso di mordacchia autoritaria nel momento stesso in cui i cittadini hanno bisogno di trasparenza e di fatto la esigono.

La situazione attuale, a tutto novembre 2017, secondo il signor Okamura, un dirigente della TEPCO: “Stiamo combattendo con quattro problemi: (1) ridurre le radiazioni nel sito, (2) bloccare l’afflusso di acque di falda, (3) recuperare la barre di combustibile esausto e (4) rimuovere il combustibile nucleare fuso” (Fonte: Martin Fritz, “The Illusion of Normality at Fukushima” [L’illusione della normalità a Fukushima], Deutsche Welle-Asia, 3 novembre 2017).

In breve, non è cambiato molto in quasi sette anni presso le strutture dell’impianto, anche se decine di migliaia di lavoratori hanno passato al setaccio la campagna di Fukushima, lavando a fondo strutture, rimuovendo terriccio e immagazzinandolo in grandi sacchi di plastica che, messi in fila, coprirebbero la distanza tra Tokyo e Denver e ritorno.

Il fatto è, tristemente, che le fusioni nucleari totali sono quasi impossibili da riparare perché, in parte, nessuno sa che cosa fare dopo di esse. E’ per questo che Chernobyl ha sigillato l’area più vasta circostante la sua fusione del 1986. Sulla stessa falsariga, secondo il direttore dell’impianto di Fukushima Daiichi, Shunji Uchida: “Robot e telecamere ci hanno già fornito immagini preziose. Ma rimane non chiaro che cosa sta davvero succedendo all’interno”. (Ibid.)

Sette anni e non sanno che cosa sta succedendo all’interno. E’ il dilemma della Sindrome Cinese di una lava radioattiva [corio] incandescente che perfora la Terra? Sta contaminando le falde acquifere? Nessuno lo sa, nessuno è forse in grado di saperlo ed è questo uno dei maggiori rischi delle fusioni nucleari: nessuno sa che cosa fare. Non esiste un copione per le fusioni totali. Fukushima Daiichi lo dimostra.

“Quando ha luogo un grande disastro radioattivo e ha un impatto su vasti tratti di terreno, non può essere ‘ripulito’ o ‘riparato’”. (Fonte: Hanis Maketab “Environmental Impacts of Fukushima Nuclear Disaster Will Last ‘decades to centuries’”[Gli impatti ambientali del disastro nucleare di Fukushima dureranno ‘da decenni a secoli’], Greenpeace, corrispondente asiatico, 4 marzo 2016).

Nel frattempo l’industria nucleare mondiale ha piani di crescita ambiziosi: 50-60 reattori attualmente in costruzione, prevalentemente in Asia, con sino a 400 altri in progettazione. I promotori del nucleare affermano che Fukushima è bene avanti nella fase di bonifica, dunque non c’è da preoccuparsi se le Olimpiadi arriveranno tra un paio d’anni, compresi eventi che si terranno in pieno nel cuore di Fukushima, dove l’economia agricola fornirà alimenti freschi.

Le Olimpiadi sono il principale colpo pubblicitario del primo ministro Abe per dimostrare al mondo che tutta va bene nel sito dell’incidente industriale più pericoloso del mondo e fuori controllo. E sì, è tuttora fuori controllo. Ciò nonostante il governo di Abe non è preoccupato. Sia come sia, i rischi sono molteplici e probabilmente non ben compresi. Ad esempio, e se un altro terremoto causasse ulteriori danni a strutture nucleari già danneggiate che sono tenute precariamente imprese, da speranze e preghiere, a rischio di grandi esplosioni radioattive? Allora che cosa? Dopotutto il Giappone è un paese sismico, il che definisce i confini del paese: il Giappone ha normalmente 400-500 terremoti ogni 365 giorni, cioè quasi un terremoto e mezzo al giorno.

Secondo il dottor Shuzo Takemoto, professore presso la Scuola di Laurea in Scienze della Facoltà di Geofisica presso l’Università di Tokyo: “Il problema dell’Unità 2 … se dovesse subire una grande scossa sarà distrutta e sparpaglierà il residuo combustibile nucleare e le proprie macerie, rendendo l’area metropolitana di Tokyo inabitabile. Le Olimpiadi di Tokyo nel 2020 saranno allora del tutto fuori discussione” (Shuzo Takemoto, “Potential Global Catastrophe of the Reactor No. 2 at Fukushima Daiichi” [Potenziale catastrofe globale del reattore numero 2 di Fukushima Daiichi] 11 febbraio 2017).

Poiché le Olimpiadi si terranno non lontano dal sito dell’incidente nucleare di Fukushima Daiichi, val la pena di sapere che cosa aspettarsi, cioè le ripercussioni celate al pubblico. Dopotutto è molto improbabile che il Comitato Olimpico giapponese affronterà i fattori di rischio radioattivo per gli atleti e gli spettatori in arrivo. Il che suscita la domanda: quali criteri ha seguito il Comitato Olimpico Internazionale (IOC) nello scegliere il Giappone per le Olimpiadi estive del 2020 di fronte a tre fusioni nucleari totali, del tutto fuori controllo? Apparentemente sembra da incoscienti.

Questo articolo si basa in parte su uno studio accademico che porta alla luce gravi preoccupazioni circa la trasparenza in generale, la salute e le morti improvvise di dipendenti della TEPCO nonché degli olimpionici in arrivo, facendo venire in mente: la decisione di tenere le Olimpiadi in Giappone nel 2020 è uno stupido atto di follia e un rozzo tentativo di contribuire a coprire i segni delle radiazioni?

Di qui, perciò, un’anteprima di ciò che sta succedendo dietro, e dentro, le scene indagato da Adam Broinowski, dottore di ricerca (autore di 25 importanti pubblicazioni accademiche e ricercatore post-dottorato dell’Australian National University):  “Informal Labour, Local Citizens and the Tokyo Electric Fukushima Daiichi Nuclear Crisis: Responses to Neoliberal Disaster Management,” [Lavoto informale, cittadini locali e la crisi nucleare della Tokyo Electric Fukushima Daiichi: reazioni alla gestione neoliberista del disastro] Australian National University, 2017.

Il titolo dello studio del dottor Broinowski offre un indizio del conflitto intrinseco, nonché dell’opportunismo, che deriva dall’applicazione del capitalismo neoliberista ai principi della “gestione dei disastri”. (Naomi Klein ha esaminato un concetto simile “The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism” [La dottrina dello shock: l’ascesa del capitalismo dei disastri], Knopf Canada, 2007).

La ricerca del dottor Broinowski è dettagliata, meticolosa e complessa. Il suo studio inizia approfondendo l’impatto del capitalismo neoliberista, portando in primo piano un’equivalenza tra il lavoro schiavistico e l’economia giapponese, specialmente riguardo a quello che egli chiama il “lavoro informale”. Egli descrive in modo preminente l’attacco delle tendenze neoliberiste dell’economia dell’offerta in tutta l’economia giapponese. La fusione nucleare di Fukushima fa semplicemente emergere tutti i bubboni endemici del genere neoliberista del capitalismo.

Secondo il professor Broinowksi: “Il disastro in corso dall’11 marzo 2011 presso l’impianto elettrico nucleare di Fukushima Daiichi (FDNPS), gestito dalla Tokyo Electric Power Company (TEPCO), può essere riconosciuto come parte di un fenomeno globale che è in sviluppo da un certo tempo. Questo disastro si è verificato nell’ambito di una svolta sociale e politica iniziata a metà degli anni ’70 (l’economia dell’offerta, che è fortemente riflessa nella proposta di legge fiscale attualmente in discussione negli Stati Uniti) e divenuta più acuta in Giappone nei primi anni ’90, con il declino della crescita economica e una maggiore liberalizzazione e finanziarizzazione nell’economia globale. Dopo quarant’anni di fedeltà all’impresa in cambio di contratti a vita garantiti dai sindacati, con l’ulteriore cancellazione delle protezioni doganali e la manodopera sempre più precarizzata, i più severamente colpiti da un regime indebolito di assistenza sociale sono stati i lavoratori a giornata o quello che potremmo chiamare il ‘lavoro informale’”.

In breve i 45.000-60.000 lavoratori reclutati per smantellare e decontaminare Fukushima Daiichi e la prefettura circostante sono venuti principalmente dalla strada, scarti dell’impatto del neoliberismo sui “… sindacati indipendenti, resi impotenti, numeri crescenti di giovani disoccupati, non specializzati e precari assieme a lavoratori a giornata più anziani, vulnerabili e senzatetto (questi gruppi insieme costituivano circa il 38 per cento della forza lavoro nel 2015) trovatisi non solo (a) privi di assicurazione o (b) di protezione sindacale ma anche in molti casi (c) privi del beni primari di sussistenza. Con la crescente de-industrializzazione e le fughe di capitali, si sono avuti ricorrenti scoppi di frustrazione e rabbia da parte di questi gruppi a partire dai disordini di Osaka del 1992” (Broinowski).

I disordini di Osaka di venticinque anni fa descrivono il crollo della classe lavoratrice dell’età moderna, un problema che si è riversato nelle elezioni politiche nazionali mondiali come populismo/nazionalismo derivante dalla contrapposizione di vincitori/perdenti. A Osaka 1.500 lavoratori infuriati assediarono una stazione di polizia (in un certo qual modo analogamente all’iconico film di John Carpenter ‘Distretto 13 – le brigate delle morte’] indignati per i collegamenti tra la polizia e la potente “Yakuza” giapponese, cioè delinquenti che corrompono la polizia perché chiuda gli occhi su sindacati pagati per reclutare, spesso a forza, lavoratori per lavori manuale sottopagati per l’industria.

E’ così che la TEPCO si procura lavoratori per svolgere compiti ad alto rischio radioattivo. Nel percorso subappaltatori razziano la maggior parte dei fondi stanziati per i lavoratori con la conseguenza di livelli di vita sub-umani per le occupazioni più rischiose e a rischio della vita in Giappone, forse quelli più a rischio della vita del mondo.

Il Giappone ha una lunga storia di riunione e reclutamento di riserve di lavoratori non specializzati a bassa remunerazione, il che è tipico di quasi tutti i progetti industriali moderni di grandi dimensioni. Il lavoro è semplicemente un’altra merce da usare e scaricare. La Tokyo Electric Power Company (TEPCO) famosa per Fukushima Daiichi aderisce a queste pratiche feudali di assunzione di lungo corso. Assume lavoratori attraverso livelli di subappaltatori al fine di evitare responsabilità, cioè incidenti, assicurazione sanitaria, standard di sicurezza, penetrando al fondo degli strati sociali che non hanno voce nella società.

In quanto tale la TEPCO non è tenuta legalmente a riferire incidenti industriali quando i lavoratori sono assunti attraverso reti complesse di subappaltatori; ci sono circa 733 subappaltatori della TEPCO. Ecco come funziona: la TEPCO impiega un subappaltatore “shita-uke”, che a sua volta impiega un altro subappaltatore “mago-uke” che si affida a intermediari della manodopera “tehaishilninpu-dashi”. Alla fine della fiera chi è responsabile della salute e della sicurezza dei lavoratori? Chi è responsabile di denunciare casi di malattie da radiazioni e/o di morti causate da esposizione a radiazioni?

In base a prove aneddotiche di fonti credibili in Giappone, ci sono buoni motivi per ritenere che la TEPCO, così come il governo giapponese, sopprima la conoscenza pubblica di malattie e morti dei lavoratori da radiazioni, nonché della popolazione civile di Fukushima. In tal modo, essenzialmente raggirando l’opinione pubblica mondiale, ad esempio, gli entusiasti/promotori del nucleare segnalano la sicurezza della generazione nucleare di elettricità a motivo delle pochissime morti riferite in Giappone. Ma poi, di nuovo, chi è responsabile di riferire le morti dei lavoratori? Risposta: a parte un occasionale rapporto simbolico sui morti da parte di fonti ufficiali, nessuno!

Inoltre la TEPCO non denuncia le morti di lavoratori che si verificano fuori dal luogo di lavoro anche se le morti sono la conseguenza diretta di esposizioni a radiazioni sul luogo di lavoro. Ad esempio, se un lavoratore ammalato a causa di radiazione è troppo malato per recarsi al lavoro, ovviamente morirà a casa e perciò non sarà denunciato come morte collegata al lavoro. In conseguenza i promotori del nucleare affermano che Fukushima dimostra quanto sia sicura l’energia nucleare, anche quando impazzisce, perché ci sono così pochi morti, ammesso che ci siano, da risultare insignificanti. Si tratta di una menzogna sfacciata che sarà trattata nel seguito: Buio a Fukushima – Parte 2.

“Come ha detto un lavoratore con riferimento a Fukushima Daiichi: ‘La TEPCO è Dio. I principali appaltatori sono re, e noi siamo schiavi’. In breve, Fukushima Daiichi illustra chiaramente la riproduzione sociale, lo sfruttamento e la spendibilità del lavoro informale, nella protezione statale del capitale, delle imprese e dei loro patrimoni” (Broinowski).

In effetti il Giappone è uno stato totalitario dell’industria nel quale gli interessi delle imprese sono protetti da responsabilità mediante strati di subappaltatori e interessi di parte di organi politici potenti e da dure leggi statali sulla segretezza. Così stando le cose si ritiene che la sicurezza nucleare e i problemi di salute, comprese le morti, siano sotto-denunciati e probabilmente non denunciati affatto nella maggior parte dei casi. Perciò la visione del mondo dell’energia nucleare, come rappresentata in Giappone a Fukushima Daiichi, è orribilmente distorta a favore dei promotori dell’energia nucleare.

Il seguito, Buio a Fukushima – Parte 2, che sarà pubblicato in futuro discute delle conseguenze.

Robert Hunziker vive a Los Angeles e può essere raggiunto a rlhunziker@gmail.com
Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fontehttps://zcomm.org/znetarticle/thanksgiving-celebrating-the-genocide-of-native-americans/

Originale: News Junkie Post

traduzione di Giuseppe Volpe

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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