Non deve essere facile per un elettore di sinistra, alla ricerca spasmodica di una alternativa valida al Partito democratico, orientarsi nella foresta della sinistra italiana, composta ormai per lo più da partiti dalle modeste dimensioni e da appelli più o meno estemporanei della “società civile”.

Abbiamo provato a realizzare questa mini-guida, tentando anche di riassumere, per grandi linee e non senza incorrere nel rischio di imprecisioni, quelli che sembrano essere gli orientamenti tattici e strategici dei soggetti in campo.

di Adriano Manna

 

  • I partiti

Mdp – Articolo 1: nasce da una scissione della sinistra PD, in cui confluisce anche una componente di Sinistra Italiana. Si ispira alla social-democrazia europea, ma la sua adesione al Pse è stata congelata dall’intervento dello stesso PD.

La sua visione strategica è la ricostruzione del centro-sinistra, considerando l’attuale segretario Dem Matteo Renzi responsabile di una mutazione genetica dei valori del partito di provenienza e incapace di ricostruire il campo largo progressista.

Nell’immediato sembra orientata a non allearsi col Partito democratico, optando per una lista unitaria con SI e Possibile, lasciando tuttavia aperta la possibilità di costruire alleanze parlamentari dopo il voto.

 

Sinistra Italiana: l’ossatura è quella di Sinistra Ecologia e Libertà, depotenziata però dalla fuoriuscita della sua componente di destra.

La visione strategica sembra essere quella di costruire un soggetto largo e plurale della sinistra antiliberista italiana (è diventata osservatore della European Left) e su questo piano sembra molto in sintonia con Rifondazione comunista. Tuttavia, sul piano elettorale, considera imprescindibile in questa fase la costituzione di una lista unitaria con Mdp e Possibile, a patto che sia alternativa al PD.

 

Possibile: è la creatura di Pippo Civati e della sua truppa, la prima a fuoriuscire dal PD renziano.

La visione di medio periodo è forse assimilabile a quella di Mdp (ricostruzione del centro-sinistra in spirito ulivista) e considera anche lei Renzi l’ostacolo principale per la ricomposizione del campo progressista.

 

Rifondazione comunista: quel che rimane, dopo venti e passa anni di scissioni da destra e da sinistra, del partito guidato per lungo tempo da Fausto Bertinotti.

E’ partito membro e riferimento italiano per la Europen Left e vorrebbe costruire un soggetto largo della sinistra antiliberista sul modello Die Linke tedesco o Izquierda Unida spagnola.

Elettoralmente è ormai molto debole, ma a livello di militanza sul territorio, con i suoi 18.000 iscritti, è forse una delle pochissime organizzazioni ancora presente sul tutto il territorio nazionale in maniera abbastanza capillare.

 

Campo progressista: non vuole essere un partito, giura. Non vuole diventare una lista nelle prossime elezioni, afferma. La creatura di Giuliano Pisapia sembra darsi come unico obbiettivo quello di svolgere una funzione di “ponte” tra le varie anime della sinistra al fine di riuscire a costituire una coalizione di centro-sinistra in vista delle prossime politiche. Inutile dire che l’approvazione del Rosatellum e il gioco del cerino tra Pd ed Mdp l’ha alquanto sfiancata.

 

PCI: piccolo partito comunista composto principalmente da ex PdCI. Si dichiara ovviamente alternativo e incompatibile al PD renziano, ma alla ricomposizione della sinistra antiliberista sembra prediligere l’unità dei comunisti.

 

Partito Comunista: è la formazione (anche questa numericamente modesta) di Marco Rizzo. Il partito è composto principalmente da ex PdCI. Pur autorappresentandosi come il nucleo fondativo di un nuovo partito comunista ortodosso, almeno a parole non si dichiara contrario all’unità con le altre forze d’ispirazione comunista. Ha una giovanile piuttosto combattiva e strutturata.

 

  • Le piattaforme politiche

La sinistra del Brancaccio: doveva essere la piattaforma civica di ricomposizione della sinistra (riunitasi per la prima volta, appunto, al teatro Brancaccio di Roma), costruita in primo luogo sull’ossatura dei comitati per il No al referendum costituzionale, ma aperta a tutte le realtà politiche e culturali della sinistra.

A dire il vero, al netto della presenza dei partiti, si è registrata sin dall’inizio l’assenza di molte realtà di base, nonché di pezzi importanti del mondo sindacale.

Come era prevedibile, i due garanti Falcone e Montanari si sono dovuti scontrare ben presto con l’impermeabilità delle segreterie dei partiti, ovviamente ben poco inclini ad accettare la regola di “una testa un voto”, principio oltretutto facilmente deformabile nella patria delle truppe cammellate di ogni colore.

I garanti hanno gettato la spugna di fronte al documento unitario licenziato dalle segreterie di Mdp, Possibile e Sinistra Italiana. Non è detto che il percorso non provi a ripartire, ma l’egemonia sul processo ricompositivo sembrerebbe ormai totalmente persa.

 

La lista unitaria dei partiti: con la definitiva chiusura di Mdp al PD per quanto concerne il discorso alleanze elettorali, le segreterie dei bersianiani, di Possibile e Sinistra Italiana sembrano ormai poter procedere verso la costituzione di una lista elettorale per le prossime politiche. Rifondazione comunista ne è stata di fatto esclusa, ma come vedremo non è rimasta a guardare.

 

Potere al popolo: un po’ a sorpresa, un noto e attivissimo centro sociale napoletano “Ex OPG – Je so’ pazzo”, ha convocato la settimana scorsa un’assemblea popolare per la costituzione di una lista di lotta, antagonista e dal basso per le politiche. La partecipazione, così come il clima che si respiravano, dicono i presenti, era incoraggiante. Un salto all’assemblea romana l’hanno fatto praticamente tutti i partiti comunisti rimasti fuori dai giochi (o autoesclusi dal principio per scelta) e numerose realtà sociali della sinistra di base, ma Rifondazione sembra essere la forza politica che più vuole investire su questo percorso.

Rimane da capire come superare lo scoglio delle firme da raccogliere per presentare la lista. Vedremo.