Tra la metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Sessanta c’è stato in Italia il boom economico che è coinciso con un notevole incremento demografico. Il picco c’è stato nel 1964 con oltre un milione di nuove nascite. L’incremento demografico, come sanno bene gli economisti, è una causa e, nello stesso tempo, una conseguenza dello sviluppo economico. Quegli anni sono stati caratterizzati dalla ricostruzione, dalle famiglie numerose, dalla diffusione degli elettrodomestici e delle utilitarie, dalle aule delle scuole elementari piene di bambini italiani, dagli adolescenti impegnati a conseguire un ‘pezzo di carta’ e dai giovani che, dopo aver fatto il servizio militare, hanno continuato gli studi per conseguire la laurea, unica condizione questa per poter accedere a ruoli sociali fino ad allora appannaggio solo della classi medio – alte. Una generazione combattiva che ha contribuito in modo determinante alla modernizzazione del Paese Le lotte studentesche ed operaie degli anni Settanta hanno obbligato la classe dirigente di allora ad approvare importanti riforme come lo Statuto dei lavoratori, la legge sul divorzio, il nuovo diritto di famiglia, i decreti delegati sulla scuola, la scala mobile, ecc… Cambiamenti che hanno favorito il diffondersi di una condizione di benessere anche tra le classi medio basse nonostante l’iperinflazione ed il terrorismo. Gli studenti, i contadini meridionali e gli operai delle fabbriche del Nord (in gran parte anch’essi del Sud) hanno cambiato l’Italia agricola e bigotta del secondo dopoguerra e, riducendo le distanze sociali tra le classi, hanno reso la società più giusta ed equa. Esaurita quella spinta ideale in politica e propulsiva nel sistema economico sono iniziati i problemi. Il consumismo ha cristallizzato la società e le ingiustizie sono tornate ad aumentare. Per quelli che allora erano giovani sono iniziati gli anni delle incertezze e per molti di essi gli anni dei lavori precari. Il flusso migratorio dal Sud verso il Nord è tornato ad aumentare, ma stavolta i nuovi lavoratori non hanno le valige di cartone ma viaggiano in aereo e con il trolley. In gran parte sono laureati, in particolare sono insegnanti delle scuole superiori che pur di avere un’occupazione certa sono emigrati lasciando, nonostante siano in gran parte ultracinquantenni, famiglie ed amici. La condizione sociale delle classi meno abbienti è peggiorata con la crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2007. Il rigore nei conti pubblici è stato una necessità ineludibile e la riforma del sistema pensionistico pur essendo ingiusta è stata inevitabile. L’obiettivo era ed è quello di rimediare ai privilegi concessi nei decenni precedenti. La legge Fornero ha allungato a sessantasei anni e sette mesi l’età minima per andare in pensione, una delle più alte in Europa. Con il passare degli anni questa soglia continuerà a crescere automaticamente. Inoltre, l’indennità sarà calcolata in base ai contributi versati in tutta la carriera lavorativa. In sostanza, in violazione dell’articolo 53 della Costituzione, quello sulla capacità contributiva, chi ha avuto un lavoro continuo ed un reddito adeguato percepirà una pensione altrettanto adeguata, chi invece avrà lavorato con discontinuità e con indennità misere continuerà a rimanere un ‘poveraccio’. Le distinzioni di classe non solo si accentueranno ma rimarranno fino all’ultimo giorno di vita. A pagare il conto della ‘cattiva politica’ degli anni Ottanta e Novanta e delle distorsioni del sistema capitalistico saranno soprattutto i baby boom che hanno fatto l’Italia moderna, quelli dello sviluppo economico, della lotta al terrorismo, delle buone riforme del sistema giuridico e sociale. Quelli che oggi stanno mantenendo in equilibrio il sistema previdenziale ma che in cambio avranno pensioni misere e per giunta ad un’età avanzata. Insomma, una generazione tradita ancora una volta per la sua generosità ed il suo impegno sociale.
Fonte: wikipedia.org