mcc43

Sebbene ratificata dal Marocco nel 1993, la Convenzione Onu Contro la Tortura è carta straccia nel regno di Muhamad VI. A testimoniarlo sono decine di rapporti Amnesty International, Human Right Watch e del Working Group on Arbitrary Detention dell’Onu. Il luogo dove la tortura viene praticata con tracotante indifferenza per i diritti umani è la prigione di Temara. Là non vale la Convenzione, non valgono neppure le leggi dello stato marocchino perché si agisce al di fuori del controllo delle istituzioni statali. A Temara vige una sola legge: quella di Mohamed VI.La struttura si trova a due chilometri dal palazzo presidenziale e il prigioniero vi arriva il più delle volte a seguito di un rapimento, senza che gli sia stata contestata un’accusa è sottoposto a regime di isolamento,  ai famigliari non viene data informazione, anche per molti mesi.
Il trattamento prevede l’intera gamma delle torture conosciute: privazione del cibo, dell’acqua, del sonno, del calcolo del tempo; il prigioniero viene bendato e poi picchiato, sodomizzato con oggetti, le donne vengono stuprate.“Sessioni che durano ore, in un prolungarsi senza sosta di giorni di dolore e di angoscia, colpiscono il tuo corpo,  ma anche la tua mente. E’ la paura di non sapere cosa ti sta succedendo, perché questa volta è toccato a te “Sono parole di Mohamed Dihani che è rimasto sei mesi a Temara, e poi in altre prigioni dal 2010 al 2015. Una tragica odissea raccontata nella sua testimonianza pubblicata in Wesa Times. Dihani appartiene al popolo Saharawi, contro il quale si accanisce con particolare ferocia il Marocco, stato occupante del loro territorio nel Sahara Occidentale ( ved. ).
Ma i bersagli dei servizi segreti sono molti: gli attivisti dei diritti umani,   i militanti della sinistra radicale e le vittime di arresti in paesi amici come gli Usa e la Gran Bretagna.

temara-prison-morocco-marocco
Link alla video testimonianza di Z. Moumni

Provano l’inferno di Temara anche cittadini che esigono il rispetto di una norma cui hanno diritto, scontrandosi con la corruzione dilagante o l’arbitrio di Mohamed VI, come accaduto al campione mondiale di kick boxing Zakaria Moumni.La funzione della tortura è sostituire le indagini, perché il processo viene istituito senza altra prova che una confessione strappata al detenuto sfinito dalle sevizie. Il sistema giudiziario marocchino si basa molto sulla prova attraverso la confessione, un sistema che incoraggia la tortura, scrive Prison Insider e riporta che i giudici non cercano sistematicamente prove materiali indicanti la colpevolezza: l’onere della prova d’innocenza spetta alla vittima e, se al processo l’imputato ritratta, è lui stesso a dover dimostrare che la confessione gli era stata estorta.L’Europa quale atteggiamento assume?“L’UE è in contatto regolare con le autorità marocchine e la società civile su una serie di casi segnalati di presunti maltrattamenti nelle carceri. Nel contesto del nostro dialogo politico e in particolare nel quadro del sottocomitato per i diritti umani, la democrazia e la governance, l’UE esprime regolarmente le sue preoccupazioni sulla situazione nei centri di detenzione e nelle prigioni (accuse di maltrattamenti e torture).”Così blandamente dichiara Federica Mogherini nel 2015 in risposta a un’interrogazione del Parlamento Europeo.
Nonostante le denunce delle organizzazioni per i diritti umani, verso il Marocco non si mettono in campo pressioni diplomatiche, né tanto meno si comminano sanzioni economiche o si rifiuta la sua adesione a organizzazioni internazionali. E’ un paese di cui i media non si occupano e nel girone infernale di Temara la macchina dell’orrore non si arresta.