Hanno destato molto scalpore recenti “rivelazioni” che dimostrerebbero l’esistenza di mercati di schiavi in Libia. Ovviamente, tali “scoperte” sono state immediatamente interpretate come una ghiotta occasione per rafforzare la narrazione a favore di un’accoglienza senza limiti e senza controlli in Italia. Ma siamo sicuri che si tratti davvero di un fenomeno recente, venuto alla luce soltanto adesso? Se è eticamente doveroso non rimanere indifferenti davanti a tali abissi di atrocità e de-umanizzazione, altrettanto necessario è analizzarne con lucidità le origini e le responsabilità.
In questa analisi Zerohedge mette in luce, sulla base di evidenze documentali, come gli abusi e le persecuzioni su base razziale degli africani di colore in Libia siano iniziati proprio con l’apparizione in scena delle milizie ribelli anti-Gheddafi, create, addestrate e finanziate dagli Stati Uniti. Si tratta di un segreto di Pulcinella, tanto che si possono ancora trovare in rete articoli e video dell’epoca che lo documentavano, ma la cui eco era dispersa in un fracasso mediatico totalmente focalizzato nella demonizzazione di Gheddafi. Inoltre, la stessa CNN, con tutti i media mainstream, contribuì a creare la bufala dei mercenari neri al servizio di Gheddafi, gettando ulteriore benzina sul fuoco del già prevalente razzismo della popolazione araba. Di più, le email divugate da Wikileaks provano che Hillary Clinton era perfettamente al corrente che i ribelli antigovernativi, da lei generosamente finanziati e sostenuti, non erano altro che gli stessi criminali di guerra razzisti che hanno creato la situazione esplosiva che oggi alimenta il fenomeno migratorio verso l’Europa. Ciononostante, l’ex-Segretario di Stato USA non ha mai preso posizione contro tali abusi, né ha mai smesso di difendere aguzzini schiavisti come Haftar.
La consapevolezza di questi fatti, unita al rifiuto degli altri paesi UE di condividere i costi dell’accoglienza, dovrebbe far nascere spontanea una domanda ai nostri governanti: per quale motivo dovrebbe essere l’Italia, da sola, a pagare il prezzo di un disastro annunciato, creato a tavolino dai nostri alleati? E perché alimentare un infondato senso di colpa collettivo degli italiani, a sostegno di pretese inaudite in qualsiasi paese sovrano, solo per coprire le vergogne di chi ha deliberatamente sostenuto loschi criminali di guerra?
di Tyler Durden, 15 novembre 2017
Un reportage della CNN di qualche settimana fa ha acceso i riflettori su una rete di mercati degli schiavi che si svolgono all’interno di magazzini in varie città della Libia, sei anni dopo che l’intervento a guida NATO nel paese ha rovesciato il governo di Muammar Gheddafi dando appoggio ai ribelli sostenuti dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. La CNN non ha solamente confermato la presenza di aste di schiavi, in cui degli esseri umani vengono venduti per soli 400 dollari nella Libia “liberata”, ma lo staff della CNN ha addirittura potuto filmare dal vivo un’asta in corso, raccogliendo persino le testimonianze di diverse vittime.
Sebbene il filmato e il commento della CNN che lo accompagna siano scioccanti, tali pratiche sono state documentate per anni in sordina, ed è fin dall’inizio del 2011 che vengono lanciati chiari moniti riguardo al fatto che la popolazione nera e migrante della Libia sarebbe stata la prima vittima nelle mani dei ribelli libici islamici giunti al potere grazie alla guerra della NATO. Fin dall’inizio i critici dell’intervento occidentale in Libia lanciarono l’allarme sul fatto che era in corso un genocidio contro i neri libici da parte degli stessi ribelli armati dagli alleati di USA, Regno Unito, Francia e Golfo – e il fatto era talmente ben noto che l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton fu personalmente informata e avvertita della situazione.
Il pericoloso mito dei “Mercenari africani” di Gheddafi
Tra i primi critici dell’epoca, Maximilian Forte, professore associato presso la Concordia University di Montreal, nel 2012 ha pubblicato un libro che documenta in modo esauriente i crimini di matrice razzista avvenuti fin dall’inizio della rivolta armata. Il suo libro, Slouching Towards Sirte: NATO’s War on Libya and Africa, descrive in modo sintetico ed essenziale il ruolo svolto nel 2011 e negli anni seguenti dai media internazionali, inclusa la stessa CNN, nell’alimentare la campagna xenofoba volta a rendere la Libia un capro espiatorio, descrivendo gli oltre un milione di libici neri come “mercenari pro-Gheddafi“.
Secondo il professor Forte:
“La paura razziale e la xenofobia erano al centro dei primi appelli pubblici per l’intervento militare occidentale, e formarono la base per i primi appelli alla necessità di una “no-fly zone”… Il mito del “mercenario africano” è stato utile all’opposizione libica NTC, [Consiglio Nazionale Transitorio] e alle milizie, per far leva sul fatto che si trattava di una guerra tra “Gheddafi e il popolo libico”, come se questi non avesse alcun sostegno interno…
Come ha spiegato Patrick Cockburn, “la giustificazione data dagli insorti per la presenza di massicce forze pro-Gheddafi era che fossero tutti mercenari, per lo più africani neri, il cui unico vero motivo erano i soldi“.
Le politiche “pan-africaniste” di Gheddafi, come l’aggressivo sostegno alla creazione dell’Unione Africana (nel 2002), e le politiche relativamente aperte in materia di immigrazione per consentire l’ingresso di migranti africani sub-sahariani da impiegare negli imponenti progetti edili di Gheddafi, avevano suscitato risentimento e malcontento all’interno della popolazione araba libica nel decennio precedente alla guerra del 2011. È stato questo background storico a porre le basi per la straordinaria denuncia dei ribelli anti-Gheddafi, secondo cui “mercenari stranieri” sub-sahariani venivano usati in massa da Gheddafi per attaccare i manifestanti (cosa in seguito rivelatasi falsa).
E queste storiche dinamiche etniche e razziali erano ben chiare al governo USA molto prima che iniziasse il sostegno ufficiale ai gruppi militanti libici – militanti che non solo avevano mostrato di aver legami con al-Qaeda, ma che durante la rivoluzione dichiararono aperta la “stagione di caccia” a tutti i neri libici e lavoratori migranti. Come enunciato nell’analisi storica della stessa CIA sulla dinamica interna della Libia:
“GHEDDAFI nel 1998 adottò una politica pan-africana decennale che permise ad un gran numero di migranti sub-sahariani di entrare in Libia senza visto per lavorare nelle costruzioni e nell’agricoltura. Sebbene gli africani sub-sahariani rappresentassero una fonte di lavoro a basso costo, erano trattati male e sottoposti a periodiche espulsioni di massa. Verso la metà degli anni 2000, l’animosità interna verso i migranti africani…
In modo simile a ciò che accadde nei successivi sviluppi in Siria, i media avrebbero dato eco in modo acritico a qualsiasi cosa i ribelli della “lotta alla libertà” gli avessero propinato, così questa frottola del mercenario straniero nero divenne una realtà indiscussa diffusa dai propagandisti ribelli al pubblico occidentale. I membri dell’opposizione libica iniziarono persino a rivendicare di essere stati vittime di attacchi selvaggi da parte di bande di neri pro-Gheddafi, armati di machete e con stravaganti elmetti gialli – un simbolo che iniziò anche ad essere falsamente associato ai “feroci mercenari di Gheddafi” – rivendicazioni che ebbero come conseguenza arresti di massa ed esecuzioni di innocenti muratori neri migranti.
La CNN diffonde la menzogna del “Mercenario nero”
Il risultato finale sarebbe stata naturalmente una diffusa persecuzione di un’intera popolazione etnica in Libia, individuata come capro espiatorio. Ciò è ben esemplificato dai noti eventi di Tawergha, un’intera città di 30.000 libici neri e “dalla pelle scura” letteralmente scomparsa nell’agosto 2011 dopo la sua occupazione da parte delle milizie di Misratan della NTC sostenute dalla NATO.
Ma è importante ricordare che la stessa CNN all’epoca promuoveva regolarmente la falsa narrativa del “mercenario nero” che aiutava ad alimentare e giustificare tali atrocità, anche se solo ora, molto tardivamente, inizia a indagare e denunciare le attuali aste di schiavi migranti della Libia, mentre tralascia l’essenziale contesto che ha permesso in primo luogo tali orrori. Ad esempio, il seguente rapporto della CNN del febbraio 2011, nei primi giorni del conflitto, era basato su fonti di opposizione senza nome e diceva:
“Residenti riferiscono che centinaia di mercenari dell’Africa sub-sahariana sono stati uccisi o catturati mentre combattevano per Gheddafi, mentre gran parte dell’esercito sembra essere passata alle forze anti-governative.”
E un altro articolo della CNN dello stesso mese – pur ammettendo che neanche un giornalista della CNN si trovava sul campo – riportava ancora acriticamente:
“Secondo un attivista, sono scoppiati disordini tra una grande folla di manifestanti e alcuni individui, che sembravano essere mercenari africani, nel centro della città.”
Ancora un’altra trasmissione del febbraio 2011 – il cui clip sembra essere stato rimosso dal sito della CNN (ma che è disponibile su YouTube), pone la domanda: “chi sta facendo il lavoro sporco in Libia?“ – rispondendo che Gheddafi ha importato mercenari dal Chad e dal Sudan per reprimere i manifestanti civili.
E questi pochi esempi non sono che un minuscolo campione della consistente campagna di diffusione della CNN di questo pericoloso mito nelle fasi iniziali del conflitto – per non parlare di quanto le false affermazioni dei ribelli siano generalmente diventate onnipresenti nei media mainstream.
Ribelli sponsorizzati dagli Stati Uniti e genocidio etnico
Uno dei pochi corrispondenti internazionali a riportare la verità in tempo reale, scrivendo i suoi report sul campo in Libia, è stato Patrick Cockburn, dell’Independent. In un articolo dell’agosto 2011 si legge, quasi come un tentativo di mettere in guardia il mondo sui futuri crimini di guerra che sarebbero stati commessi per mano dei ribelli sostenuti dagli Stati Uniti:
“I corpi in decomposizione di 30 uomini, quasi tutti neri e molti dei quali ammanettati, massacrati mentre si trovavano distesi su barelle e persino su un’ambulanza nel centro di Tripoli, sono un minaccioso anticipo di quello che potrebbe essere il futuro della Libia. Il regime subentrante afferma ipocritamente di non volersi vendicare sulle forze filo-Gheddafi, ma questo non include la protezione di coloro che possono essere etichettati come mercenari. Qualsiasi libico con la pelle nera che venisse accusato di combattere per il vecchio regime avrebbe scarse probabilità di sopravvivere.”
Successivi articoli hanno riportato storie di torture ed esecuzioni di neri libici, tra cui un’inchiesta del 2012 apparsa nei media del Regno Unito, nella quale “rivoluzionari” anti-Gheddafi si filmavano mentre torturavano prigionieri neri, costringendoli a mangiare l’ex bandiera nazionale libica.
Se giornalisti come Cockburn, e persino importanti organizzazioni per i diritti umani (si veda Human Rights Watch, settembre 2011, Libia: Stop agli arresti arbitrari di neri africani) avevano capito cosa stava succedendo mesi prima che la campagna militare della NATO a sostegno dei ribelli arrivasse all’apice, per poi concludersi con la brutale tortura ed esecuzione sul campo di Gheddafi, cosa è lecito immaginare ne sapesse uno dei principali architetti statunitensi della guerra, l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton, e quando lo ha saputo?
L’allora Segretario di Stato Clinton posa con i comandanti ribelli libici.
Cosa ne sapeva Hillary
La risposta si trova in un rapporto d’intelligence del 27 marzo 2011 sulla Libia divulgato da WikiLeaks. Il rapporto, che è stato reso pubblico nel 2015 come parte di una lunga serie di e-mail di Hillary pubblicate dal Dipartimento di Stato, fu inviato da Sidney Blumenthal, consigliere di vecchia data della famiglia Clinton e informatore personale di Hillary, e contiene un chiaro riferimento al fatto che i ribelli compivano esecuzioni sommarie di “tutti i mercenari stranieri” – termine già allora divenuto l’eufemismo comune per i neri libici presi di mira dai ribelli sponsorizzati dagli Stati Uniti.
Citando la fonte di un comandante ribelle “che parlava in massima riservatezza”, Blumenthal riferisce a Hillary che:
“Sotto attacco delle forze alleate dell’Aeronautica e della Marina, le truppe dell’Esercito libico hanno iniziato a disertare verso il fronte dei ribelli in numero crescente. I ribelli accolgono ostentatamente queste truppe come compagni libici, nel tentativo di incoraggiare ulteriori defezioni.
E ancora più interessante è che subito dopo l’ammissione di crimini di guerra perpetrati contro “mercenari stranieri”, il testo faccia menzione di un esule libico, da tempo al soldo della CIA, che avrebbe preso il comando degli stessi militanti responsabili di quelle esecuzioni sommarie.
Allo stesso tempo, il colonnello Khalifa Haftar pare abbia aderito alla struttura di comando dei ribelli, nel tentativo di aiutare l’organizzazione delle forze ribelli.
Dal 2011 Khalifa Haftar è diventato un elemento fondamentale del caos post-Gheddafi, essendo stato a capo di uno dei tre o quattro governi (a secondo il momento) che rivendicano la sovranità nel paese devastato dalla guerra. Haftar è stato ampiamente identificato come “l’uomo della CIA” durante il suo esilio durato due decenni negli Stati Uniti, come spiega un suo profilo della BBC: “La sua vicinanza al quartier generale della CIA a Langley suggerisce uno stretto rapporto con i servizi di intelligence statunitensi, che hanno dato il loro sostegno a diversi tentativi di assassinare Gheddafi”.
Khalifa Haftar, l’uomo della CIA, e le esecuzioni di massa
Nel frattempo, Haftar è attualmente sotto indagine dei procuratori internazionali per aver continuato a commettere crimini di guerra in Libia. Pochi mesi fa il Guardian riferiva: “L’ex collaboratore della CIA Khalifa Haftar, a Roma per incontri con funzionari italiani, secondo gli esperti legali ha ordinato ai soldati di uccidere i prigionieri”. Il Guardian cita prove video che dimostrano che continua a essere “complice nel commettere omicidi extragiudiziali”.
E Al Jazeera ha riferito che è stata presentata una denuncia formale contro Haftar alla Corte penale internazionale (ICC) per “aver compiuto esecuzioni di massa e torture”. Un’altra recente inchiesta del Guardian che descrive le torture e gli stupri condotti contro i prigionieri detenuti dall’alleanza delle milizie di Haftar, include la seguente testimonianza oculare della tortura dei migranti africani detenuti: “C’era un uomo nero, un migrante. Una sera lo hanno gettato in una delle nostre celle: “Violentate questo tizio, altrimenti siete morti!”
L’allora Segretario di Stato Clinton sapeva bene almeno fin dall’inizio del 2011 cosa stava succedendo riguardo agli attacchi dei ribelli mirati al genocidio dei neri libici e dei migranti africani, eppure ha comunque spinto per armare i ribelli e rovesciare Gheddafi. Le era stato consegnato il briefing dell’intelligence che dimostrava quanto stava accadendo il 27 marzo 2011. Ma anche se non le fosse stato consegnato personalmente un rapporto segreto di intelligence, tali crimini di guerra erano talmente ben noti che un mese prima, il 28 febbraio 2011, Al Jazeera pubblicava il seguente articolo intitolato African Migrants Targetted in Libya:
“Mentre vari paesi esteri procedono all’evacuazione dei loro cittadini per sottrarli alla violenza che attanaglia la Libia, molti lavoratori migranti africani sono presi di mira perché sospettati di essere mercenari ingaggiati da Muammar Gheddafi, il leader libico.
Si teme che dozzine di lavoratori dell’Africa sub-sahariana siano stati uccisi, e centinaia si siano dati alla macchia, mentre secondo alcuni testimoni folle inferocite di manifestanti anti-governativi danno la caccia ai “mercenari neri africani”.
“Nessun rimpianto”
Persino anni dopo che tali crimini di guerra di matrice razziale sono stati esaurientemente documentati, Hillary ha costantemente affermato di non avere rimpianti. Anche se i suoi amati ribelli libici, legittimati e potenziati dall’ampio sostegno da parte dell’Occidente, continuano letteralmente a massacrare esseri umani per il colore della loro pelle, neanche uno di loro è mai stato condannato in tribunale o punito per i suoi crimini.
Inoltre, Hillary non ha mai nemmeno accennato al problema, anche se la sua statura pubblica le avrebbe concesso in qualsiasi momento una piattaforma mondiale da cui parlare contro tali atrocità, per evitareo eventualmente ulteriori crimini. Ha preferito invece concludere il suo ruolo nella tragica storia della Libia con la sua folle e sconcertante dichiarazione: “we came, we saw, he died.”
http://vocidallestero.it/2017/12/27/libia-aste-di-schiavi-e-genocidio-africano-hillary-sapeva-tutto/