Il Rei è una misura a sostegno delle famiglie più povere e riguarda i nuclei con minori, disabili, donne in gravidanza a quattro mesi dal parto e over 55 disoccupati. L’importo può variare da un minimo di 187 euro fino ad un massimo di 485 euro mensili (5.824,80 l’anno). Possono usufruirne le famiglie che hanno un Isee inferiore ai 6.000 euro ed un patrimonio (esclusa la prima casa) non superiore a 20.000 euro ed un valore mobiliare non superiore a 6.000 euro. Il 64,7% delle domande presentate dall’inizio di dicembre ad oggi proviene dalle regioni del Mezzogiorno, il 35,3% da quelle del Centro-Nord. Questo significa che oltre sei richieste su dieci provengono da cittadini del meridione. Il maggior numero di domande sono state trasmesse dalla Campania con 16.686 (22%), dalla Sicilia con 16.366 (21,4%) e dalla Calabria con 10.606 (14,0%). Questi dati comunicati dall’Inps non sorprendono, anzi sono un’ulteriore dimostrazione della condizione di povertà in cui vive una parte consistente della popolazione del Sud dell’Italia. Inoltre, la ripresa economica sottolineata con tanta enfasi dal presidente del Consiglio e dai principali esponenti del Partito democratico è così limitata che anziché ridurre le distanze sociali li sta incrementando sia a livello territoriale che tra le diverse categorie. Secondo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, le famiglie che dovrebbero beneficiare della misura sono circa settecentomila, dovrebbe interessare cioè ‘1,8 milioni di persone’ con la prospettiva di arrivare a luglio a circa ‘2,5 milioni di persone’. La cifra stanziata dal governo è di 1,7 miliardi, destinati a crescere fino a 2 miliardi l’anno, questo significa che in media saranno erogati circa 200 euro mensili. Per Tito Boeri è una somma insufficiente. ‘La soglia di povertà nelle grandi città del Nord – ha rilevato il presidente dell’Inps – è superiore agli 800 euro a persona, mentre quella nazionale è attorno ai 600 e che i poveri in Italia si stimano attorno ai 4,5 milioni’. Insomma, l’importo che sarà accreditato non solo non sarà adeguato per garantire una vita dignitosa a chi otterrà il contributo, ma esso non riguarderà tutti i poveri. Sembra un paradosso, ma il provvedimento creerà disuguaglianze anche tra gli indigenti. L’ingiustizia è ancora più odiosa se confrontiamo la condizione economica dei più bisognosi con quella di chi percepisce redditi e pensioni d’oro. In ogni caso queste forme di assistenza sono un’umiliazione ed una limitazione delle libertà per chi dovrà avvalersene. La povertà e l’esclusione sociale non si combattono con l’assistenzialismo, ma creando le condizioni che permettano a tutti di esercitare il diritto al lavoro sancito dall’articolo 4 della Costituzione italiana che, è bene ricordarlo, è entrata in vigore settant’anni fa.
Fonte: inps.it