L’estrema rapidità delle campagne elettorali, piene di dichiarazioni a raffica, sacrificano spazi e momenti di riflessione, proprio ciò che occorrerebbe in questa fase.
In questo senso quel’ “aboliamo le tasse universitarie” lanciato da Pietro Grasso e dal suo LeU, è piuttosto sintomatico.
I ritmi forsennati infatti limitano una visione più complessiva che consentirebbe anzitutto di rendersi conto dell’impossibilità di equiparare la dichiarazione di Grasso con il ben più ampio (per fortuna) concetto di “gratuità dell’istruzione”.
Perché se è vero che quest’ultima è sempre stata una rivendicazione delle forze di sinistra, è altrettanto vero che è sempre stata accompagnata da una profonda riflessione sullo stato del diritto allo studio, quella riflessione caratterizzata dalle nostre parole chiave: reinvestimento strutturale del mondo dell’istruzione finanziato dalla fiscalità generale, visione di lungo respiro per permettere di eliminare storture (vedi idonei non beneficiari, copertura borse di studio ecc) e incentivare un ripensamento della funzione stessa dell’ università e del ruolo della ricerca.
Tutto ciò in un’ottica di allargamento della “fruibilità dei saperi”, ma senza commettere l’errore di eliminare, nell’analisi, la differenza concettuale e politica tra la scuola secondaria (ed il suo disastroso stato attuale) e l’università, e in questo senso valorizzando la distinzione di visioni strategiche sull’uno e sull’altro argomento.
E’ sempre stato questo l’impianto irrinunciabile su cui abbiamo lottato: raggiungere la gratuità, il libero accesso, e la totale fruibilità non trascurando i passaggi intermedi: quelli volti intanto ad eliminare le disuguaglianze che invece pervadono il sistema attuale. Alcuni la chiamano utopia, noi la definiamo equità.
Ed oggi, in un Paese senza nessuna visione d’insieme sul mondo dei saperi, con finanziamenti scarsi e mal distribuiti, una dispersione scolastica altissima e una logica aziendalistica a dominare gli atenei come anticamera della disoccupazione giovanile, sostenere la stessa identica ricetta per il figlio di un miliardario e per il figlio di due disoccupati significa fare solo campagna elettorale, più o meno come quando nel 2006 Silvio Berlusconi propose l’abolizione dell’ICI, senza ovviamente alcuna distinzione tra prima e seconda casa: della serie, ciò che conta è far più rumore degli altri.

Non c’è niente di male, ci mancherebbe, ma il pulpito da cui si parla andrebbe almeno conosciuto: molti dei sodali di Pietro Grasso sono coloro che dopo averci regalato la parificazione tra scuole pubbliche e scuole private (con tutte le conseguenze del caso sui finanziamenti) ormai quasi venti anni fa, nell’ultima legislatura non solo non si sono preoccupati delle tasse universitarie che stavano aumentando in tutta Italia, ma hanno pure alimentato quella logica di mercificazione dei saperi che dirige tutti i provvedimenti legislativi in materia di istruzione da un decennio ad oggi, avallandone le motivazioni e votandoli in Parlamento: uno su tutti il nuovo ISEE, vero strumento attraverso cui si è perpetrata l’ingiustizia classista nell’accesso all’Università, come se le tante fasciazioni locali avvenute col vecchio sistema non lo avessero già gravemente minato alla base.
La dichiarazione ad effetto è più semplice di una proposta articolata, che ad esempio non trascuri il tema della ridefinizione dei criteri di attribuzione delle risorse agli atenei, evitando la creazione di università di serie A e serie B (prevalentemente al Sud), che si ponga il problema della democratizzazione della governance accademica e quello della reintroduzione della figura del ricercatore a tempo indeterminato come soluzione al precariato ed  alla fuga dei nostri giovani cervelli all’estero.
Forse però la scadenza elettorale è un richiamo troppo forte.
Verrebbe da pensare che Liberi da certe logiche (da vecchia politica) non sembrano esserli, Uguali al centrosinistra che tanti danni ha prodotto (anche all’università) invece sì.

FILIPPO VERGASSOLA
Esecutivo Nazionale Giovani Comuniste/i – Responsabile Scuola e Università

 

http://www.lasinistraquotidiana.it/wordpress/category/corso-cinema/

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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