“È necessario che gli Usa si ritirino immediatamente da Manbij. Devono tagliare ogni tipo di legame con i gruppi terroristici”. A parlare è il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu che, nemmeno troppo velatamente, minaccia gli Stati Uniti e svela ciò che era chiaro a tutti: l’esercito di Ankara non si fermerà ad Afrin, ma continuerà la sua avanzata nei territori controllati dai curdi.
A Manbij i combattenti appoggiati da Washington, come riporta Reuters, si stanno già preparando per fronteggiare i turchi.
Gli Usa invece non sanno ancora che fare perché ogni mossa comporta un rischio. Se abbandonano i curdi al loro destino, perdono la faccia; se fronteggiano Erdogan, non solo perdono un alleato ma, di fatto, rischiano di esser cacciati dalla Siria dopo sette anni di guerra per procura. Inoltre, nel caso in cui Washington andasse a muso duro contro Ankara si potrebbe scatenare un conflitto all’interno della Nato. Lo scenario è dunque quello della débâcle. Anche perché al fianco di Erdogan ci sono gli uomini dell’Esercito siriano libero, a lungo foraggiati dall’Occidente, che ora hanno chiarito da che parte stanno: quella della Turchia.
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