Non è una novità l’attacco al valore legale del titolo di studio, nel mirino della politica liberista da almeno una ventina di anni. Il governo Monti era arrivato a presentare un disegno di legge in proposito, a riprova, se ce ne fosse ancora bisogno, della sostanziale contiguità tra i governi di centro destra, di centro sinistra e di quello giallo-verde nella sostanza dei suoi provvedimenti.
Il rischio è che il governo Salvini Di Maio riesca a portare a compimento un’ulteriore riduzione dei diritti, con l’abolizione del valore legale del titolo di studio, regalando al “mercato” ulteriore controllo su un lavoro sempre più deregolamentato rispetto ai diritti.
Le conseguenze di questo nuovo attacco ad una condizione paritaria all’interno del mercato del lavoro vanno ben oltre quello che tiepidi critici di questa misura vanno dicendo.
Non solo infatti aumenterebbe a dismisura la discrezionalità sule assunzioni nel settore privato e in quello pubblico, finora parzialmente al riparo dal clientelismo, ma accentuerebbe la divisione tra università di serie A da quelle di serie B e di conseguenza tra laureati di serie A e di serie B, con una ulteriore marginalizzazione del meridione, che vive anche nella formazione maggiori difficoltà rispetto al nord del paese.
Non bisogna dimenticare che l’autonomia introdotta da Luigi Berlinguer, in tutto il sistema di istruzione, ha già prodotto conseguenze pesanti da questo punto di vista, non tanto rispetto all’autonomia culturale, di cui le università già godevano, quanto da quello della disponibilità delle risorse economiche, che come si sa bene determinano quella di altre risorse, per quanto riguarda i docenti, le strutture disponibili, la visibilità.
Siamo di fronte a un altro attacco al ruolo dello Stato e alla Costituzione, all’ennesimo provvedimento teso a frantumare il mondo del lavoro. Ogni vincolo al mercato del lavoro, anche per quanto riguarda le professioni costituisce un impaccio insopportabile per il turbo liberismo, che sembra non accontentarsi mai dei livelli di flessibilità raggiunti.
Sarebbe ora che il mondo accademico battesse un colpo.
LOREDANA FRALEONE
Responsabile nazionale Scuola, Università e Ricerca
Rifondazione Comunista
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