Di  Greg Grandin e Elizabeth Oglesby

John P. Longan era un agente della Polizia di frontiera negli ’40 e ’50 che operava vicino al confine messicano, dove due bambini migranti guatemaltechi si sono ammalati e sono morti mentre erano trattenuti dalla Polizia di frontiera: Jakelin Caal Maquín, di 7 anni,  che è morta l’8 Dicembre, Felipe Gómez Alonzo, di 8 anni, che è morto alla Vigilia di Natale. Longan aveva fama di essere violento, come l’avevano molte guardie di frontiera. Fina dalla sua fondazione, all’inizio del 20° secolo, la Polizia di frontiera ha operato quasi impunemente, diventando, verosimilmente, il braccio più politicizzato dell’applicazione della legge federale – anche di più dell’FBI di J. Edgar Hoover.

Quando la Guerra Fredda si intensificò in America Latina, in seguito alla vittoria del 1959 della Rivoluzione Cubana, Longan, che aveva iniziato la sua carriera di poliziotto in Oklahoma, passò ad operare con la CIA, fornendo assistenza per la sicurezza – sotto la copertura del Dipartimento di Stato – alle nazioni anti-comuniste alleate. Per intenderci, insegnava alla locali agenzie di intelligence e di polizia, in che modo creare squadre della morte per prendere di mira gli attivisti politici, impiegando tattiche che aveva in precedenza usato per catturare i migranti al confine. Era arrivato in Guatemala alla fine del 1965 dove organizzò, organizzò un’unità paramilitare che, all’inizio del anno successivo, avrebbe eseguito quello che chiamò Operación Limpieza, cioè Operazione Pulizia. . Nel giro di tre mesi, questa unità condusse oltre 80 raid e molteplici  omicidi extragiudiziali, inclusa un’azione che, nel corso di quattro giorni, catturò, torturò,  giustiziò più di 30 eminenti leader dell’opposizione di sinistra. I militari scaricarono i loro corpi in mare mentre il governo negò di sapere dove si trovassero.

La Limpieza di Longan è stato un ulteriore passo decisivo verso il disfacimento del Guatemala, dando il potere a un sistema di intelligence che nel corso della guerra civile sarebbe stato responsabile di diecine di migliaia di sparizioni, di 200.000 morti e di innumerevoli torture. (Greg Grandin descrive il lavoro di Longan nel libro The Last Colonial Massacre).

Il ruolo degli Stati Uniti in quella guerra civile non è stato, naturalmente, limitato alle operazioni segrete di un ex agente della Polizia di Frontiera. Durante tutta la Guerra Fredda, Washington è intervenuta numerose volte in Guatemala, ha finanziato un esercito scatenato, ha dato copertura  alle squadre della morte che i suoi propri agenti di sicurezza, come Longan contribuirono a creare e segnalarono che avrebbero chiuso un occhio sul genocidio. Anche prima delle elezioni del 1980 di Ronald Reagan, due generali in pensione che ebbero ruoli preminenti nella sua campagna elettorale, si  recarono  in Centro America e dissero ai funzionari del Guatemala che “Mister Reagan riconosce che si deve fare un bel po ‘di lavoro sporco “(per questa citazione, vedi Allan Nairn 1980” Controversial Reagan Campaign Link with Guatemalan Government and Private Sector Leaders, “Council on Hemispheric Affairs”, 30 ottobre 1980). Quando assunse ln carica, Reagan  fornì  munizioni e addestramento all’esercito guatemalteco per svolgere quel lavoro sporco (nonostante un divieto per aiuti militari imposto durante l’amministrazione Carter, dal momento che i contratti esistenti erano esentati dal divieto). Reagan era risoluto nel suo appoggio  morale  ai génoicidares (genocidi)del Guatemala,  chiamando  di fatto il capo di stato generale Efraín Ríos Montt, che prese il potere in un colpo di stato nella primavera del 1982, “un uomo di grande integrità” e “totalmente dedicato alla democrazia”.

La guerra civile che gli Stati Uniti portarono avanti in Guatemala colpì duramente le regioni native di Felipe Gómez e Jakelin Caal, i due bambini che sono morti da poco

sotto la custodia degli Stati Uniti. In un precedente  saggio di The Nation, abbiamo descritto le ondate di furto, terrore e immigrazione che, per gran parte del XX e di tutto il XXI secolo, hanno spazzato via Caal’s Alta Verapaz, il paese di Jakelin Caal, nel nord del paese.

Felipe Gómez Alonzo era nato sugli altopiani occidentali, nel dipartimento di Huehuetenango, in un villaggio isolato chiamato Yalambojoch, a 10 ore di auto da Città del Guatemala e non lontano dal confine messicano. Il villaggio si trova in una valle infossata, circondata da colline con in cima dei pini. Nel mezzo di questa valle c’è un poggio, che sembra un bambino nel grembo di sua madre. In  Chuj, la lingua maya di questa regione, questo poggio è  unin witz , la collina dei bambini.

Jakelin era Q’eqchi ‘, Felipe era Chuj, parte di una comunità di ex  contadini affittuari  con una lunga storia di combattimenti per la loro terra. Come nella regione di Q’eqchi, il colpo  di stato del 1954 orchestrato dagli Stati Uniti  in Guatemala, che ha capovolto la riforma agraria, ha dato il via a decenni di lotte politiche a Huehuetenango, mettendo i proprietari terrieri locali alleati con i militari contro i contadini maya impoveriti che avevano un disperato bisogno di terre  e di un futuro migliore . Molte comunità in questa regione furono influenzate dalle dottrine cattoliche di giustizia sociale della teologia della  liberazione che travolse l’America centrale negli anni ’60 e ’70. Quando l’esercito guerrigliero dei poveri (Ejército Guerrillero de los Pobres) entrò a Huehuetenango a metà degli anni ’70, un gran numero di abitanti del villaggio li salutò come alleati nella lotta contro “l’esercito dei ricchi” e nel 1980, la provincia era in  aperta ribellione  contro il governo militare corrotto e violento del Guatemala.

Il 17 giugno 1982, soldati guatemaltechi comandati da Ríos Montt entrarono nella tenuta di San Francisco immediatamente adiacente a Yalambojoch. Il proprietario della tenuta, un colonnello militare, era fuggito a causa delle attività di  guerriglia nella zona. I soldati andavano di  casa in casa per  radunare i lavoratori e le loro famiglie, che accusavano di sostenere i guerriglieri. Separarono i bambini dai loro genitori e li uccisero tagliando lo stomaco o schiacciando la testa contro i pali. Le donne furono violentate e poi bruciate vive. I soldati uccisero gli uomini con proiettili o decapitandoli. Dopo un giorno di massacro, 350 persone erano morte. Un sopravvissuto solitario riuscì ad arrivare in Messico, dove l’antropologo e sacerdote e  sacerdote gesuita guatemalteco, Ricardo Falla lo interrogò. Il massacro di San Francisco  è stato evidenziato nel rapporto della Commissione sulla verità del 1999 in Guatemala.

Dopo il massacro, gli abitanti di Yalambojoch sono fuggiti insieme a migliaia di altri, lasciando il corridoio di confine tra Guatemala e Messico completamente spopolato, mentre le truppe governative avevano raso al suolo i loro villaggi. Alcuni furono catturati e uccisi dall’esercito mentre fuggivano. Altri finirono nei campi profughi o si dispersero negli stati meridionali del Messico. Altri ancora anaeono negli Stati Uniti, iniziando il grande movimento dei guatemaltechi in “el Norte”. Complessivamente, 1,5 milioni di persone sono state  spostate dalla campagna  militare che fece terra bruciata dell’esercito guatemalteco nel 1981 e nel 1982. La Commissione del Guatemala per la Chiarificazione Storica definì il violento spostamento nella regione Maya-Chuj un “atto di genocidio”. Il padre del giovane Felipe Gómez Alonzo, Agustín Gómez Pérez, era un bambino di 11 anni durante quell’esodo. I paesani di Yalambojoch rimasero lontani per 14 anni, ritornando solo dopo la firma degli accordi di pace nel 1996.

Huehunetenango era già la regione che mandava più emigranti. Perché questi reduci non potevano sopravvivere nel Guatemala del dopoguerra?

Una spiegazione è l’eredità del genocidio: lo scopo generale dell’esercito non era solo quello di respingere i guerriglieri ma anche di distruggere la speranza per un futuro diverso in Guatemala. La gente di Yalambojoch fu dispersa in Messico dopo il 1982. Solo la metà della comunità ritornò in Guatemala, e quelli che ci sono riusciti erano estranei l’uno all’altro. I giovani adulti che erano fuggiti da bambini non sapevano molto della terra o di come coltivarla. Quando i reclutatori di manodopera messicani e statunitensi arrivarono a Huehuetenango per assumere giovani maya per lavori nell’agricoltura e negli allevamenti di pollame degli Stati Uniti – quando i lavoratori messicani si riunirono nei sindacati, i lavoratori guatemaltechi furono considerati più arrendevoli- questi giovani colsero la possibilità di andarsene. Come descrivono Ricardo Falla ed Elena Yojcom   nel libro  El sueño del Norte en Yalambojoch (Il sogno del nord a Yalambojoch), le rimesse hanno ricostruito queste comunità devastate dalla guerra. Con poche eccezioni, la migrazione internazionale è stata l’unicaricompensa che  hanno avuto, come dimostra l’antropologa guatemalteca Ruth Piedrasanta.

I residenti di Yalambojoch sopravvivono su lotti di terreno soltanto di pochi ettari di terreno marginale per ogni famiglia. Gli accordi di pace non cambiarono la struttura iniqua di ordinamento fondiario   o la concentrazione di potere politico ed economico nel paese. Questa occasione è stata perduta con il golpe del 1954 e la contrinsorgenza dei primi anni del 1980, quando, ripetutamente  il governo degli Stati Uniti ha spostato l’equilibrio del potere a favore dello status quo in Guatemala. Le élite del paese sono più che felici di veder emigrare la gente, dato che le banche controllate dall’oligarchia raccolgono i dividendi dal trasferimento dei pagamenti; a cominciare dal 1990, le banche internazionali di investimento iniziarono a promuovere l’idea delle rimesse come sviluppo. Invece di perseguire uno sviluppo rurale incentrato sulle persone, la strategia del governo del Guatemala dopo la guerra, sostenuto prestiti internazionali per o sviluppo, è stata quella di aprire larghe zone del paese a investimenti stranieri in megaprogetti come  miniere e dighe idroelettriche. Come osserva l’economista guatemalteco Louis Solano, non c’è un solo nome di in lingua Maya nella lista di investitori di questi progetti, mentre i profitti vanno a conglomerati internazionali in unione con reti elitarie di famiglie in Guatemala.

Uno di questi progetti è l’Autostrada Settentrionale Trasversale, che è un progetto iniziato dai governi militari del Guatemala per aprire  i versanti settentrionali del paese alle trivellazioni petrolifere e ad altre forme di estrazione. Il sabotaggio della guerriglia ha fermato il progetto durante la guerra, ma dopo gli accordi di pace è tornato con una vendetta. L’Austrada Trasversale ora abbraccia l’intera regione dal Huehuetenango, settentrionale dove Felipe Gómez Alonzo ha vissuto, ad Alta Verapaz, dove si trova la tomba di Jakelin Caal Maquin. A Yalambojoch, le persone hanno unito le loro forze  per fermare la costruzione dell’autostrada attraverso il loro villaggio, non perché non vogliono una strada, ma perché la compagnia israeliana  che ha firmato un contratto per costruirla, ha minacciato di abbattere centinaia di alberi in una riserva forestale protetta vicino all’unica risorsa  di acqua potabile fresca per la comunità., A pochi chilometri di distanza, attivisti della comunità e ambientalisti che si oppongono ai megaprogetti sono stati  incarcerati, aggrediti o uccisi, e le forze di sicurezza guatemalteche hanno  militarizzato  la zona ancora una volta. Le uccisioni più recenti in questa regione si sono verificate il giorno prima che Felipe e suo padre attraversassero il confine statunitense.

Infine, c’è il cambiamento del clima. Mentre è troppo semplicistico sostenere che i migranti del Centro America sono “profughi per il clima” (anche ‘affermazione è pericolosa, poiché alla fine giustifica politiche ancora più apocalittiche di controllo delle frontiere), vi è evidenza che in alcune regioni i cambiamenti climatici potrebbero erodere la capacità delle persone di rimanere sulle loro terre. A Huehuetenango, compreso Yalambojoch, la possibilità di guadagnare denaro coltivando il caffè su piccoli appezzamenti viene minato dalla  diffusione  di un fungo che soffoca le piante e che  si  chiama la roya , o ruggine delle foglie di caffè, che alcuni scienziati attribuiscono al cambiamento del clima.

Ci sono cerchi all’interno di cerchi, tutti in movimento verso questo triste momento: un agente della Border Patrol ha iniziato a lavorare con la CIA e ha contribuito a mettere in atto un regime di squadroni della morte che ha accelerato una guerra civile che ha prodotto livelli biblici di sfollamento; quando i rifugiati di quella guerra civile, comprese le famiglie di Yalambojoch, hanno cercato di tornare a casa, molti hanno scoperto che non potevano sopravvivere nella società creata dalla guerra. Secondo dei reportage,  il padre di Felipe stava annegando nei debiti. Soffrendo  per  sempre più violenza, più spostamenti e piùespropri, facendo del proprio meglio per respingere i peggiori effetti sociali e ambientali dell’estrazione delle risorse e della povertà, molti cercano di fuggire, con l’unica via percorribile in direzione nord, verso un confine militarizzato, dove, in un certo senso, tutto è iniziato.

Secondo Stuart Schrader, nel suo prossimo libro Badges Without Borders:How Global Counterinsugency Transformed American Policig,  era prassi comune durante la guerra fredda inviare ex agenti della Polizia di confine, come Longan, per addestrare la polizia straniera per mezzo di programmi di “sicurezza pubblica” collegati  alla CIA , dal momento che era più probabile che parlassero spagnolo rispetto agli agenti di altre branche che provvedevano a far rispettare la legge . In paesi come El Salvador, Honduras e Guatemala,  facevano il “lavoro sporco” che gli inviati di Reagan dicevano fosse necessario fare. Fino agli inizi degli anni ’70, gli Stati Uniti, secondo un resoconto del giornale  Los Angeles Times del  1974, stavano  mandando in aereo i loro  apprendisti di squadroni della morte dell’America Latina fino all’Accademia della pattuglia di frontiera a Los Fresnos, in Texas, per ricevere “addestramento dagli istruttori della CIA nella progettazione, fabbricazione e uso potenziale di bombe e ordigni incendiari.” Longan stesso, nel 1957, descrisse chiaramente quello che pensava che stesse facendo al confine: “stiamo combattendo una guerra” su un “ampio fronte di battaglia”.

Come ha scritto il gruppo musicale Drive-By Truckers in una canzone del 2016, che parla di un agente  assassino della Polizia di frontiera che ha continuato a guidare la National Rifle Association verso la sua attuale fase militante, di destra. “E’ iniziato tutto con il confine. E quello è ancora dove è oggi.”

Nella foto: una donna Maya con la foto del marito fatto sparire nel 1982 dall’esercito del Guatemala, chiede giustizia durante una manifestazione a Guatemala City, nel febbraio 2010.

Greg Grandin insegna storia alla New York University ed è autore,  molto di recente,  del libro: Kissinger’s Shadow. Il suo nuovo libro, The End of the Myth: From the Frontier to the Border Wall, sarà pubblicato nel marzo 2019.

Elizabeth Oglesby è docente associata di Studi Latino Americani e di geografia   all’ Università dell’Arizona. E’ coeditrice, con Greg Grandin, del  libro: The Guatemala Reader: History, Culture, Politics.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/washington-trained-guatemalas-mass-murderers

Originale: The Nation

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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