Voltarsi dall’altra parte, fingere di non vedere, credere a stupidi e infondati pregiudizi, spesso è più facile che prendere atto, amaramente, di quali siano le condizioni in cui buona parte dell’umanità versa ancora oggi. Questa foto infatti, seppur scattata nel 1980 in Uganda, potrebbe essere replicata tuttora in tante parti del mondo.
Mike Wells all’epoca era un fotoreporter già famoso che aveva deciso di recarsi in Africa a seguito di una campagna antipolio lanciata da Save The Children UK. Durante il viaggio toccò diversi paesi, tra cui l’Uganda, prostrata da otto anni di regime di Idi Amin Dada.
In particolare Wells si recò nella regione di Karamoja, dove due anni di siccità e mancati raccolti avevano dato il via ad una gravissima carestia. Alla crisi alimentare seguì, dopo il rovesciamento di Amin nel 1979, anche una crisi politica, con azioni della guerriglia locale che finirono per rendere sempre più difficile l’afflusso di cibo dall’esterno della regione. A luglio-agosto del 1980 la carestia raggiunse il suo picco. Esclusi i padri veronesi, che chiesero l’intervento del Programma Alimentare Mondiale, praticamente nessuno fornì aiuto alla popolazione.
Wells scattò proprio una foto in cui uno dei missionari tiene per mano un bambino ugandese. Secondo le ricostruzioni il piccolo avrebbe avuto quattro anni, nella sua mano, gracile e sofferente, c’è tutta la fame del mondo. Con questo scatto Wells vinse il World Press Photo Award, ma poi disse di essersi vergognato di fare quello scatto e di aver conquistato il premio con quell’immagine.
In ogni caso la foto fece il giro del mondo e per poco, solo per poco, mostrò ancora una volta quali sono le vere emergenze che il genere umano dovrebbe affrontare. Acqua, cibo, salute e un tetto per tutti.
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