Ejército de Colombia pattugliando sabato mattina  scorso Bogotá

Francesco Cecchini

“Per quanto grandi siano le difficoltà, non esiste un miracolo più grande della vita e come tale non è giustificabile pagare il prezzo di una guerra così lunga, … il che significa ritardo sociale, in milioni di lavoratori che non avranno la pensione, nelle politiche sociali perché sprecano una fortuna sul costo della guerra ”                                                         Pepe Mujica, sullo sciopero generale in Colombia.

Diversi paesi del Sud America stanno vivendo periodi di sconvolgimento politico: Cile, Bolivia e ora Colombia. Subito dopo lo sciopero generale, Boaventura de Sousa Santos, scientifico sociale portoghese e membro del  Comitato di Consulenza della  Commissione per il Chiarimento della Verità, della Coesistenza e della Non Ripetizione ha inviato una lettera aperta al presidente della Colombia Iván Duque. Il link con il testo completo della lettera è il seguente:

https://ia601501.us.archive.org/24/items/boaventuracolombiaenllamas_201911/Boaventura_Colombia_en_llamas.pdf

Nella lettera invita Iván Duque ad ascoltare i giusti reclami a cambiare ed agire per il bene della Colombia e si chiede: “Ancora quanti massacri prima di iniziare ad agire?”. Inoltre afferma:  “Le persone, sia nei territori periferici che nelle grandi città, protestano contro il suo governo profondamente impopolare e, di conseguenza, qualcosa deve cambiare”

Iván Duque  non ha risposto alla lettera di Boaventura de Sousa Santos, come non ha risposto alla richiesta del Comitato delllo Sciopero Nazionale di un incontro per discutere le motivazioni e le ragioni di questo sciopero generale  contro  il pacchetto di misure regressive in materia economica, sociale, lavorativa e ambientale, la pace e diritti umani. Ha risposto invece a coloro che hanno risposto all’appello del Comitato al popolo colombiano a essere pronto a sviluppare nuove azioni se il governo nazionale ancora  annuncia e prepara riforme regressive. La risposta è stata l’esercito nelle strade e il coprifuoco, innanzitutto a Bogotá.

Il presidente della Colombia, Iván Duque, ha dichiarato sabato che la presenza di soldati dell’esercito verrà mantenuta nelle strade di Bogotà a sostegno della polizia a causa delle proteste e degli eccessi verificatisi negli ultimi giorni. “Con il sindaco (di Bogotà, Enrique Peñalosa) manteniamo tutto il coordinamento completo e abbiamo anche la continuazione del pattugliamento congiunto tra la polizia e l’esercito”, ha detto Duque ai giornalisti dopo un incontro con le autorità locali e la leadership militare.

Nonostante lo sciopero sia stato pacifico e festoso, (pur con tre morti e 132 feriti)la notte del 22 novembre è stato dichiarato il coprifuoco per presunti atti di vandalismo. Tuttavia, né il coprifuoco, la repressione violenta o le pattuglie di elicotteri che sorvolano le strade giorno e notte hanno messo a tacere il popolo colombiano.

Centinaia e centinaia di abitanti dI Bogotá hanno sfidato il coprifuoco con canti e cacerolazos e neppure 270 fermi sono riusciti a farli tacere.

Lo sciopero nazionale ha mostrato la scarsa capacità politica del governo di Iván Duque, che non progetti e guarda al passato, cercando di tornare all’egemonia di Uribe (2002-2010), basata sulla guerra alle guerriglie, alla lotta alle organizzazioni popolari. Però finora senza successo, anche perché ha trovato nel paese forti contrasti e resistenza. Comunque gli rimangono 33 mesi di governo, per cui non si può parlare di sconfitta definitiva. Gli restano ancora mosse da fare, come all’opposizione politico sociale restano molti scioperi e molte lotte da fare. Di fronte a questa situazione quali sono gli scenari possibili. Un ritorno all’uribismo duro e puro, un governo di unità nazionale o un ritorno alle urne e la possibile elezione di un governo realmente alternativo a Uribe e al suo uomo Duque?  Le leadership politico sociale che si oppone all’uribismo avrà una grande sfida: leggere correttamente il nuovo momento per organizzare il cambio.

IMPORTANTE.  Iván Duque ha annunciato che domenica prossima inizieranno incontri, “conversación nacional” per dare risposte al popolo che ha manifestato contro le politiche neoliberali del governo.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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