Notizie di questi giorni: l’Italia collocata ancora nelle ultime piazze rispetto alle prospettive di crescita economica e una incombente crisi di governo che si verificherebbe per ragioni opache, legate ad espressioni di mero corporativismo agitate da categorie privilegiate, avvocati e magistrati, protagoniste da un livello di scontro che incide fortemente sulla già evidente debolezza del sistema.
Adesso si legge dell’idea dell’attuale maggioranza di sostituire “Italia Viva” con un nuovo gruppo di “responsabili” provenienti da quello che dovrebbe essere lo schieramento opposto a quello che sostiene il governo.
Vale la pena allora ricordare alcuni passaggi tornando all’indietro soltanto nei tempi più recenti.
Il sistema è ormai indebolito da tempo da fattori che sono stati ben poco analizzati anche da quelli che dovrebbero rappresentare degli addetti ai lavori:
a) i costanti tentativi di spostare l’asse di riferimento iscritto nella Costituzione della “centralità del Parlamento” verso una “governabilità” ottenuta attraverso vere e proprie forzature di restringimento dell’agibilità della rappresentanza politica;
b) la trasformazione della “forma – partito” da quella “ad integrazione di massa” via via verso il “catch all party”, il “partito azienda” fino al “partito personale” in un quadro di mutamento del concetto stesso di democrazia passata da “rappresentativa” a “del pubblico” contrabbandando una formula deviata di “democrazia diretta” che avrebbe dovuto essere esercitata quasi esclusivamente attraverso il web (su questo punto però stiamo registrando rilevanti passi all’indietro);
c) l’impossibilità che dura ormai da molto tempo per elettrici ed elettori di scegliere i propri rappresentanti parlamentari essendo il voto vincolato dalle cosiddette “liste bloccate” e da scelte, per quel che riguarda i collegi uninominali, tendenti alla conservazione di equilibri interni all’autoreferenzialità dei soggetti politici;
d) al riguardo delle formule elettorali vale la pena ricordare come si sia verificata , da parte della Corte Costituzionale, la bocciatura completa della legge varata nel 2005 e utilizzata per le elezioni del 2006, 2008 e 2013 e quella parziale per il cosiddetto “Italicum” poi mai entrato in funzione dopo essere stato votato con il voto di fiducia;
e) è stata del tutto sottovalutata la costante diminuzione nella partecipazione elettorale frutto diretto di una profonda crisi nel rapporto tra vita civile e vita politica. Una crisi causata da fattori molto complessi primo fra tutti quello di aver introiettato a suo tempo il concetto di “fine della storia” con relativa adozione del “pensiero unico”
f) all’interno di questo quadro del tutto desolante è bene ricordare come resti un esempio classico il passaggio di governo avvenuto nei giorni tumultuosi (almeno a giudizio dei media) del Ferragosto 2019. Ancora una volta il trasformismo è rimasto lo strumento “classico” a rappresentare quasi un punto identitario nel sistema politico italiano. Beninteso, a partire dal connubio Cavour – Rattazzi realizzato nel Parlamento Subalpino fino all’ultima operazione giallo – rosa del Conte 2. Le finalità del trasformismo di volta in volta d’occasione, possono anche risultare nobili e utili a sventare pericoli maggiori. Resta però il dato costante della manovra di palazzo che finisce oggettivamente a indebolire la credibilità del sistema soprattutto nel livello di giudizio generale circa la coerenza del ceto politico alimentando sempre e comunque il qualunquismo, altro male storico della società italiana a partire dalle sue classi dirigenti (il gramsciano “sovversivismo delle classi dirigenti”).
Ancor più gravi, dal punto di vista dell’indebolimento del sistema, le molteplicità di scissioni che hanno caratterizzato il 2019 sotto l’aspetto della vita parlamentare: scissioni che, in alcuni casi, si sono nuovamente avventurate sul terreno dell’impropria esaltazione di concetti personalistici seguendo modelli, tra l’altro, abbastanza tramontati nella visione dell’opinione pubblica. Al movimento di Renzi potrebbe essere ricordato come che “ chi di trasformismo ferisce, di trasformismo potrebbe perire”.
Si potrebbero sicuramente giudicare come operazioni trasformistiche di rilevanti dimensioni il mutamento di finalità e di denominazione della Lega passata dalla posizione separatista a quella nazionalista con vocazione sovranista e la mutazione (che in altri tempi sarebbe stata definita “genetica”) del M5S passato dall’antipolitica al ministerialismo. Data la necessità di ridurre la vecchia Lega Nord a una sorta di “bad company” attraverso la quale far finta di saldare i debiti accumulati con una precedente sciagurata gestione (del resto anche reiterata nel passato più recente) il passaggio al nazionalismo da parte della Lega appare quanto mai strumentale e opportunistico al punto tale da consentirci di definire – appunto – l’intera operazione come trasformismo di basso profilo.
Così come può essere considerata trasformistica la mutazione del M5S (con relative piccole diaspore) che dopo aver ottenuto risultati elettorali molto rilevanti grazie ad una operazione di “voto di scambio” di massa sembra aver assunto la logica dell’indiscriminatezza nella gestione del potere come sola ragione di sopravvivenza.
Per ragioni di economia del discorso si tralascia di analizzare la figura dell’avvocato Conte che pure, sul terreno del camaleontismo politico, appare senz’altro di sicuro rilievo.
Insomma: è proprio il caso di definire il trasformismo come una “miseria morale”.
FRANCO ASTENGO