Occhi di Tina, foto di Edward Weston

Francesco Cecchini

Haiku per Tina Modotti

Tina, donna infinita

Fotografi il Messico

Combatti in Spagna

“Ogni volta che le parole arte o artista vengono utilizzate in relazione alle mie opere fotografiche, noto una sensazione spiacevole, indubbiamente a causa dell’abuso di tali termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie fotografie differiscono da quelle generalmente prese, è perché non sto cercando di produrre arte, ma fotografie oneste, senza ricorrere a trucchi o artifici; mentre la maggior parte dei fotografi continua a cercare effetti artistici o l’ imitazione di altre espressioni plastiche, che produce un effetto ibrido, che non consente di distinguere la caratteristica più significativa dell’opera: la sua qualità fotografica. Negli ultimi anni si è molto discusso se la fotografia debba essere considerata o meno un’ opera d’arte degna di confronto con altre arti plastiche. Esistono divergenze tra coloro che la considerano un mezzo di espressione come gli altri e il miope che guarda questo ventesimo secolo con gli occhi del diciassettesimo secolo, non essendo in grado di distinguere gli aspetti più importanti della nostra civiltà tecnologica. Ma quelli di noi che usano la macchina fotografica come strumento del mestiere, come un pittore usa i suoi pennelli, non sono interessati alle opinioni contrarie, perché godiamo dell’ approvazione di coloro che riconoscono le molteplici funzioni della fotografia e la sua eloquenza diretta per fissare e registrare l’ era corrente. Quindi non è essenziale sapere se la fotografia è un’arte o no. Ciò che conta è distinguere tra fotografia buona e cattiva. Buono è uno che accetta i limiti della tecnica fotografica e sfrutta le possibilità e le caratteristiche che il mezzo offre. Cattiva è quella fotografia fatta con un complesso di inferiorità, non riconoscendo il valore specifico del mezzo e ricorrendo a tutti i tipi di imitazioni. Queste opere danno l’ impressione che l’ autore si vergogni quasi di fotografare la realtà e cerca di nascondere l’essenza fotografica dell’ opera sovrapponendo trucchi e falsità. La fotografia, perché può essere fatta solo sul presente e su ciò che esiste oggettivamente davanti alla macchina da presa, è affermata come il modo più incisivo per registrare la vita reale in ciascuna delle sue manifestazioni. Da qui il suo valore documentario. Se aggiungiamo a questa sensibilità e conoscenza dei problemi, insieme a una chiara idea del posto che occupa nello sviluppo storico, il risultato sarà degno, penso, di occupare un posto nella produzione sociale a cui tutti dobbiamo contribuire “.

Tina Modotti

Il testo dal titolo ” Sulla Fotografia” è stato in origine pubblicato nel volume 5, numero 4, dell’ottobre-dicembre 1929 della rivista American Folkways

Nel testo Tina Modotti per spiegare il suo rapporto con la fotografia e cosa pensava di questa attività scrisse  “ Mi considero una fotografa, niente di più…”,  ma Tina, in realtà fu una comunista con una vita intensa di sentimenti, che fotografò immagini di rara potenza espressiva.

 Nel lavoro fotografico di Tina Modotti, si possono distinguere tre fasi: una prima, prima metà del decennio degli anni ’20, coincise con l’influenza più diretta del suo maestro Edward Weston, Tina fu l’ apprendista di Weston,  una seconda fase, in cui l’apprendista prese, con completa indipendenza, la propria strada, Tina divenne una fotografa autonoma, e infine una terza dove mise fotografia  essenzialmente al servizio di un impegno politico e  sociale. Tutte e tre condivisero una cura consapevole per la tecnica e una sensibiità estetica  e si differenziarono nel tema comunicato, che corrisposero a un’evoluzione degli interessi  di Tina. Il lavoro di fotografa di Tina Modotti fu dentro i confini della passione dei sentimenti e dell’impegno rivoluzionario.

Tutto il lavoro fotografico di Tina Modotti avvenne nel Messico post-rivoluzionario degli anni venti. In quel periodo le fiamme della rivoluzione del decennio precedente ardevano ancora.   Vi fu una vera e propria rivoluzione culturale nel campo dell’ insegnamento per l’alfabetizzazione di tutti, nacque il muralismo. Si svilupparono letteratura, cinema, teatro e musica. Il paese ed innanzitutto Città del Messico è un Laboratorio della Rivoluzione che attirò un numero impressionante di intellettuali, artisti e rivoluzionari. La poetessa cilena Gabriela Mistral arrivò per collaborare alla riforma dell’ educazione. Trovarono ospitalità ed un ambiente favorevole, i peruviani Magda Portal, ed Victor Raul Haya de la Torre, i nicaraguensi Salomon de la Selva, scrittore e Sandino, rivoluzionario; il cubano Antonio Julio Mella; i rivoluzionari venezuelani Salvador de la Plaza, Carlos Aponte ed i fratelli Gustavo ed Edoardo Machado.

Le prime foto di Tina furono still life oggetti, fiori, architetture, ritratti, Imparò la tecnica, a mettere a fuoco, a misurare la luce e ad inquadrare il soggetto  da Edward Weston, che affermava “ Comprendere le regole della composizione prima di fare una fotografia, è come comprendere le leggi della gravità prima di uscire a camminare.”  Comunque gli occhi e, dietro questo, cuore e cervello furono di Tina Modotti.

Bicchieri

Nel 1925,  le fotografie di Tina iniziarono a cambiare. Il processo di trasformazione versouna fotografia di realtà sociali del del Messico è influenzato dal lavoro suo e di Weston per dare immagini libro Idols behind altars di Anita Brenner. Tina ed Edward viaggiarono per alcuni mesi in lungo ed in largo il Messico per fotografare arte ed artigianato popolare. Visitano città, villaggi e campagne ed innanzitutto attraversano un Messico scosso da instabilità sociale e politica. Era in corso la guerra dei Cristeros. L’ antica società messicana l’affascinò, la miseria del popolo la colpì. Dopo quest’ esperienza la vita e la fotografia di Tina Modotti non sono saranno più le stesse.

La svolta tecnica decisiva arrivò nel Natale del 1925: sostituì la sua Korona 4×5 con una Graflex reflex a lente singola, garantendosi un’assoluta libertà lavorativa.

Pescatori rammentano una  rete

Nel 1927 si iscrisse al Partito Comunista Messicano, suggellando indissolubilmente il legame fra la sua arte e la vita politica. Volse sua attenzione al mezzo fotografico come strumento di indagine sociale, ai ritratti agli indios messicani, alla loro realtà e alla loro condizione umana. 

Partecipò alle manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti , contribuì a creare e far vivere organizzazioni antifasciste ed antiimperialiste. Frequentò intellettuali, esponenti sindacali e figure ben note come Siqueiros, Rivera e Orozco, Il suo attivismo politico le consentì di pubblicare diverse fotografie su riviste di sinistra e, in particolare, diventò fotografa ufficiale di “El Machete”, portavoce della cultura comunista, nato come la rivista degli artisti iscritti al partito e divenuto organo ufficiale.

Campesinos leggono El Machete

Tina abbandonò, espulsa, il Messico nel febbraio del 1930. A Berlino scoprì la macchina fotografica Leica, ma non le piacque. Si iscrisse ad una associazione di fotografi e pubblicò foto su Der Arbeiter-Fotograf, tra le quali Giovani pionieri. Poi abbandonò la fotografia, non fotografò né in Unione Sovietica né in Spagna, dove partecipò alla guerra civile. Ritornata in Messico nel 1939 lavorò con la scrittrice Constancia de la Mora la documentare le opere d’ arte dello Yucatan, ma il materiale andò  perduto.

Quando morì a Città del Messico il 5 gennaio del 1942, nella sua borsetta fu trovata una foto, da lei scattata nel 1928  a Città del Messico, di Antonio Julio Mella il rivoluzionario cubano che amò più di ogni altro.

Antonio Julio Mella

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy